Addio a Scalfaro, l’uomo della Costituzione e del ribaltone

Politica

La vita politica, la difesa della Carta, i dissidi con Berlusconi: sui giornali di oggi il ricordo del presidente dell’ “io non ci sto” , morto a 93 anni. Ma non manca qualche critica. “Un santo, io non ci sto” è il titolo del Giornale. LA RASSEGNA STAMPA

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Il presidente che disse “io non ci sto”. L’uomo della Costituzione. Il presidente tra due Repubbliche ma anche l’artefice “del ribaltone”. Sulle prime pagine dei giornali di lunedì 30 gennaio campeggiano titoli, editoriali e commenti in ricordo dell’ex capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro, scomparso all’età di 93 anni il 29 gennaio. La coerenza, la difesa della Costituzione, i dissidi con Silvio Berlusconi. Tanti gli articoli che ricostruiscono la figura di un protagonista della storia democratica italiana e ripercorrono le tappe salienti della sua lunga vita politica. Ma non mancano critiche, che arrivano dai giornali vicini al centrodestra.

“Non era un uomo delle istituzioni ma un uomo politico prestato alle istituzioni. In questo tratto della sua biografia Oscar Luigi Scalfaro somigliava più a Napolitano che a Ciampi” scrive Eugenio Scalfari su la Repubblica. E ancora: “Un cattolico tutto d’un pezzo capace però di applaudire chi criticava il Concordato”. Sul giornale diretto da Ezio Mauro anche la commemorazione della figlia Marianna, sempre accanto al padre. “Se n’è andato da forte e con coraggio. Così aveva vissuto. E posso dire: ha vissuto fino in fondo”.
Su Repubblica da segnalare anche un'intervista ad Arnaldo Forlani, ex segretario della Dc e avversario di Scalfaro nella corsa al Colle, che sottolinea come la nomina di Scalfaro a presidente della Repubblica fu una "soluzione istituzionale", scollegata dalla strage di Capaci dove morì Giovanni Falcone per mano della mafia. "Questo è sempre stato un collegamento senza senso. Appartiene alla fantasia, non alla realtà. Fu eletto Scalfaro e non Spadolini perché aveva la maggiore adesione nel suo partito, la Dc, perché godeva dell'appoggio di Craxi e della simpatia del più grande partito di opposizione, il Pci. Capaci non spostò gli equlibri. Così andò davvero".

Sul Corriere della Sera un’intervista al ministro degli Esteri del primo governo Berlusconi Antonio Martino che, in riferimento al cosiddetto ribaltone del ’94 dice: “Nel ’95 il nostro governo sarebbe caduto comunque, però il suo zampino ci fu”. E aggiunge: “Sbagliò, ma doveva gestire novità epocali”.

Fuori dal coro il Giornale, quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi. “Scalfaro Santo, noi non ci stiamo” è il titolo di apertura. “Fu lui, con la collaborazione malandrina di Massimo D’Alema e Rocco Buttiglione, a convincere Umberto Bossi ad abbandonare la maggioranza di centrodestra, provocando così la caduta del governo Berlusconi” scrive Vittorio Feltri. E poi sulla decisione di Scalfaro di non sciogliere le Camere ma avviare le consultazioni (da cui nascerà il governo Dini) dice: “Un capolavoro di scorrettezza, un tipico imbroglio italiano perché formalmente legittimo anche se, nella sostanza, irrispettoso della sovranità popolare”.

Sull’Unità il ricordo di Walter Veltroni: in quella sua frase rivolta ai giovani “non arrendetevi mai, non arrendetevi mai, non esiste” si può forse sintetizzare il suo insegnamento. “L’insegnamento di un uomo che ha attraversato l’intera storia repubblicana e che ha fatto dell’impegno ostinato per le istituzioni la sua cifra”. Sul rigore che lo ha contraddistinto: “Si batteva con durezza ma anche col sorriso per ciò in cui credeva”. E sulla Costituzione: “Ripeteva che era stata scritta per unire e che è la casa di tutti”.

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