La presidente di Confindustria, il segretario delle Cgil e il ministro del Lavoro: donne al comando nell'anno della crisi. Che però è anche l'anno del 'caso Ruby', delle piazze in difesa la dignità femminile e dell'allarme di Napolitano: "Non c'è parità"
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di Serenella Mattera
Elsa, Emma, Susanna. Il ministro, il presidente, il segretario. Tutte donne. In ruoli cruciali. Mai così tante, tutte insieme. Chiamate nell’anno della crisi, il 2011, a decidere su pensioni e lavoro. La vita degli italiani, insomma. Elsa Fornero, ministro del Welfare, Emma Marcegaglia, primo presidente donna di Confindustria e Susanna Camusso, primo segretario donna della Cgil, appaiono l’emblema dell’avanzata del ‘sesso debole’, in un anno iniziato all’insegna delle vicende giudiziarie di una ragazza marocchina conosciuta come Ruby Rubacuori e delle manifestazioni nelle piazze italiane per rivendicare la dignità femminile. E se le statistiche avvertono che sul fronte delle pari opportunità tanto resta da fare, il protagonismo delle donne ‘di potere’ in questi tempi sembra indicare che qualcosa, forse, lentamente cambia.
Elsa Fornero – L’istantanea della stagione dei “sacrifici” è il volto della ‘ministra’ del Lavoro, che si contrae in un pianto al momento di annunciare i tagli alle pensioni. Lacrime (da qualche donna poco apprezzate) che portano subito alla ribalta la professoressa torinese, artefice di una riforma radicale del sistema previdenziale. Una signora, mamma e nonna, minuta e gentile, ma dal carattere di ferro. Così come le altre due professioniste che da un mese siedono nel governo Monti, con l’incarico di dicasteri chiave: Paola Severino alla Giustizia e all’Interno Anna Maria Cancellieri.
“L’8 marzo lo abolirei. La donna deve sentirsi razza a parte, perché siamo molto meglio degli uomini”, dice al suo esordio Cancellieri. Mentre Fornero, che ha anche la delega alle Pari opportunità, si alza stizzita quando a palazzo Chigi si trova di fronte una rappresentanza del Forum dei giovani composta da soli ragazzi: “Un atteggiamento culturalmente sbagliato”, protesta.
Susanna Camusso - Ma nei giorni in cui Fornero lancia il suo affondo sul lavoro, all’apice di un duro scontro che nulla ha da invidiare a quelli tra ‘maschi’, il segretario della Cgil rimprovera alla ministro proprio di mostrarsi non diversa da un qualsiasi uomo: “C’è un livello di aggressione nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici che, fatto da una donna, stupisce molto”, dice stizzita.
Alla testa del principale sindacato italiano dall’ottobre 2010, Camusso viene descritta come una negoziatrice paziente che non teme le barricate. E in questo 2011 di ‘lacrime e sangue’ si trova ad affrontare vertenze complicate come quella della Fiat, proclama lo sciopero generale, si oppone ai tentativi di toccare pensioni e ai licenziamenti facili. E si schiera in prima linea pure quando si tratta di denunciare un governo, quello di Berlusconi, “che fa politica contro le donne”.
Emma Marcegaglia – La presidente di Confindustria non entra nello scontro tra Fornero e Camusso. Ma anche Marcegaglia, che nei precedenti anni del suo mandato viene accusata da qualcuno di qualche timidezza, in questo 2011, mentre la crisi morde, sale sulle barricate. Con un’azione di pungolo non poco dolorosa per Silvio Berlusconi. Iniziata con la denuncia di un’azione del governo “da sei mesi non sufficiente”. Proseguita con l’ultimatum: “O il governo dimostra di essere in grado o dovrebbe trarne le conseguenze”. Culminata nell’invocazione di un esecutivo “di emergenza nazionale”.
E quando Giuliano Ferrara scrive un editoriale dal titolo “Se anche gli imprenditori sono in balia di una donna”, Marcegaglia commenta che quel titolo “esprime meglio di tante altre parole quanto scivoloso ed equivoco resti per tanti maschi considerare le donne. Figuriamoci – aggiunge - quando è una donna ad aver conquistato la leadership, invece di limitarsi a offrire il caffè o altri servigi”.
Altre donne ‘di potere’ – Il 2011 è anche l’anno in cui le ‘ministre’ del governo Berlusconi diventano sei (Anna Maria Bernini si aggiunge a Maria Stella Gelmini, Stefania Prestigiacomo, Giorgia Meloni, Mara Carfagna, Michela Vittoria Brambilla). Ma da protagoniste altre tre signore si impongono sulla scena. Sicuramente Lorenza Lei, primo direttore generale donna della Rai, alle prese con questioni non poco spinose. La presidente di Mondadori Marina Berlusconi, figlia adorata e consigliera ascoltata del Cavaliere, piazzata da Fortune (unica italiana) al dodicesimo posto tra le donne più potenti del mondo. Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia della Camera (accusata da Berlusconi di aver bloccato il ddl intercettazioni) e avvocato vincente del processo per l’omicidio di Meredith Kercher.
Ancora discriminazioni – Le statistiche disegnano però una realtà in cui la donna è ancora un passo indietro rispetto agli uomini. Con un tasso di occupazione femminile al 46,1%, contro il 67,7% maschile (Istat, 16 dicembre). Con uno stipendio inferiore in media di 27 euro rispetto a quello degli uomini (Acli, 31 agosto). E al 74esimo posto su 134 Paesi in un rapporto della Banca mondiale sul ruolo delle donne in economia.
Un passo avanti è stato compiuto con l’approvazione a giugno della legge (ancora da applicare) che impone ai cda delle aziende quotate di avere al loro interno un quinto di donne a partire dal 2012 e un terzo dal 2015. Ma l’8 marzo di quest’anno anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lanciava l’allarme: “Le donne italiane sono ancora lontane dall’aver conquistato la parità in molti campi”.
‘Se non ora quando’ – Il 2011 resterà comunque nella memoria come l’anno del ‘caso Ruby’ (esploso a fine 2010) e di quel nome, Forza gnocca, inventato dal Cavaliere per un fantomatico partito. L’anno in cui una donna come Iva Zanicchi arriva ad affermare: “Berlusconi è un benefattore a cui piace la carne fresca e giovane piuttosto che una ‘babbiona’ come me”. L’anno delle inchieste sul corpo delle donne e sul ‘bunga bunga’.
Ma il 2011 è anche l’anno delle migliaia di ragazze e signore che scendono in piazza, il 13 febbraio e di nuovo l’11 dicembre, per gridare ‘Se non ora quando?’. Per dire no alla mercificazione e mortificazione della figura femminile e rivendicare il ruolo delle donne nella società italiana. Perché “le italiane non sono nei luoghi dove si prendono le decisioni”. E le ministre, le segretarie, le presidenti, oggi un po' più numerose, suonano ancora come un'eccezione.
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Elsa Fornero – L’istantanea della stagione dei “sacrifici” è il volto della ‘ministra’ del Lavoro, che si contrae in un pianto al momento di annunciare i tagli alle pensioni. Lacrime (da qualche donna poco apprezzate) che portano subito alla ribalta la professoressa torinese, artefice di una riforma radicale del sistema previdenziale. Una signora, mamma e nonna, minuta e gentile, ma dal carattere di ferro. Così come le altre due professioniste che da un mese siedono nel governo Monti, con l’incarico di dicasteri chiave: Paola Severino alla Giustizia e all’Interno Anna Maria Cancellieri.
“L’8 marzo lo abolirei. La donna deve sentirsi razza a parte, perché siamo molto meglio degli uomini”, dice al suo esordio Cancellieri. Mentre Fornero, che ha anche la delega alle Pari opportunità, si alza stizzita quando a palazzo Chigi si trova di fronte una rappresentanza del Forum dei giovani composta da soli ragazzi: “Un atteggiamento culturalmente sbagliato”, protesta.
Susanna Camusso - Ma nei giorni in cui Fornero lancia il suo affondo sul lavoro, all’apice di un duro scontro che nulla ha da invidiare a quelli tra ‘maschi’, il segretario della Cgil rimprovera alla ministro proprio di mostrarsi non diversa da un qualsiasi uomo: “C’è un livello di aggressione nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici che, fatto da una donna, stupisce molto”, dice stizzita.
Alla testa del principale sindacato italiano dall’ottobre 2010, Camusso viene descritta come una negoziatrice paziente che non teme le barricate. E in questo 2011 di ‘lacrime e sangue’ si trova ad affrontare vertenze complicate come quella della Fiat, proclama lo sciopero generale, si oppone ai tentativi di toccare pensioni e ai licenziamenti facili. E si schiera in prima linea pure quando si tratta di denunciare un governo, quello di Berlusconi, “che fa politica contro le donne”.
Emma Marcegaglia – La presidente di Confindustria non entra nello scontro tra Fornero e Camusso. Ma anche Marcegaglia, che nei precedenti anni del suo mandato viene accusata da qualcuno di qualche timidezza, in questo 2011, mentre la crisi morde, sale sulle barricate. Con un’azione di pungolo non poco dolorosa per Silvio Berlusconi. Iniziata con la denuncia di un’azione del governo “da sei mesi non sufficiente”. Proseguita con l’ultimatum: “O il governo dimostra di essere in grado o dovrebbe trarne le conseguenze”. Culminata nell’invocazione di un esecutivo “di emergenza nazionale”.
E quando Giuliano Ferrara scrive un editoriale dal titolo “Se anche gli imprenditori sono in balia di una donna”, Marcegaglia commenta che quel titolo “esprime meglio di tante altre parole quanto scivoloso ed equivoco resti per tanti maschi considerare le donne. Figuriamoci – aggiunge - quando è una donna ad aver conquistato la leadership, invece di limitarsi a offrire il caffè o altri servigi”.
Altre donne ‘di potere’ – Il 2011 è anche l’anno in cui le ‘ministre’ del governo Berlusconi diventano sei (Anna Maria Bernini si aggiunge a Maria Stella Gelmini, Stefania Prestigiacomo, Giorgia Meloni, Mara Carfagna, Michela Vittoria Brambilla). Ma da protagoniste altre tre signore si impongono sulla scena. Sicuramente Lorenza Lei, primo direttore generale donna della Rai, alle prese con questioni non poco spinose. La presidente di Mondadori Marina Berlusconi, figlia adorata e consigliera ascoltata del Cavaliere, piazzata da Fortune (unica italiana) al dodicesimo posto tra le donne più potenti del mondo. Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia della Camera (accusata da Berlusconi di aver bloccato il ddl intercettazioni) e avvocato vincente del processo per l’omicidio di Meredith Kercher.
Ancora discriminazioni – Le statistiche disegnano però una realtà in cui la donna è ancora un passo indietro rispetto agli uomini. Con un tasso di occupazione femminile al 46,1%, contro il 67,7% maschile (Istat, 16 dicembre). Con uno stipendio inferiore in media di 27 euro rispetto a quello degli uomini (Acli, 31 agosto). E al 74esimo posto su 134 Paesi in un rapporto della Banca mondiale sul ruolo delle donne in economia.
Un passo avanti è stato compiuto con l’approvazione a giugno della legge (ancora da applicare) che impone ai cda delle aziende quotate di avere al loro interno un quinto di donne a partire dal 2012 e un terzo dal 2015. Ma l’8 marzo di quest’anno anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lanciava l’allarme: “Le donne italiane sono ancora lontane dall’aver conquistato la parità in molti campi”.
‘Se non ora quando’ – Il 2011 resterà comunque nella memoria come l’anno del ‘caso Ruby’ (esploso a fine 2010) e di quel nome, Forza gnocca, inventato dal Cavaliere per un fantomatico partito. L’anno in cui una donna come Iva Zanicchi arriva ad affermare: “Berlusconi è un benefattore a cui piace la carne fresca e giovane piuttosto che una ‘babbiona’ come me”. L’anno delle inchieste sul corpo delle donne e sul ‘bunga bunga’.
Ma il 2011 è anche l’anno delle migliaia di ragazze e signore che scendono in piazza, il 13 febbraio e di nuovo l’11 dicembre, per gridare ‘Se non ora quando?’. Per dire no alla mercificazione e mortificazione della figura femminile e rivendicare il ruolo delle donne nella società italiana. Perché “le italiane non sono nei luoghi dove si prendono le decisioni”. E le ministre, le segretarie, le presidenti, oggi un po' più numerose, suonano ancora come un'eccezione.