Pisapia-Boys, l’esercito dei volontari torna a casa
PoliticaHanno portato a termine la loro missione, fare diventare sindaco di Milano Giuliano Pisapia. Ora possono tornare alla loro vita: lavoro, studi, pensione. Ma nessuno sembra averne voglia: "Faremo di tutto per non disperdere questa energia". Ecco chi sono
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Nel comitato di Pisapia: LE FOTO
di Daniele Troilo
"Non finisce qui", ripetono ossessivamente. Da una parte gli scatoloni con le t-shirt, dall’altra le buste con le pettorine arancioni. In mezzo fogli di carta sparsi un po’ qui e un po’ là, volantini con il faccione di Pisapia e due bottiglie di spumante rimaste chiuse.
Dopo mesi di autentico delirio, al comitato che ha guidato la campagna elettorale del nuovo sindaco di Milano regna una calma surreale. La sede, diventata il cuore dell’attività degli oltre mille volontari che si sono spesi per la campagna del candidato di centrosinistra, chiude i battenti.
E le persone che in questi mesi hanno "vissuto lì dentro" tornano piano piano alle loro vite, ai loro studi, al loro lavoro. In alcuni casi, alla meritata pensione. Eppure nessuno sembra avere voglia di farlo: “Nelle prossime due settimane decideremo come convogliare tutta questa energia, che non dobbiamo assolutamente disperdere”, spiega Carolina, 25 anni e un master in relazioni internazionali.
Via Sartirana, pochi passi dal Naviglio Grande. Se si vuole capire il successo di Giuliano Pisapia forse bisogna anche passare da qui. In questo locale al piano terra di una stradina privata sono nate le iniziative più originali e divertenti della sua campagna elettorale. Erano quattro gatti ai primi di settembre, sono diventati tantissimi nelle ultime settimane. “Mille? Forse di più – dice Cristiana, 50enne con un passato nella protezione civile – Alla fine è diventata un’avventura di amici, uno coinvolgeva l’altro”.
“Impossibile dire quanti volontari hanno collaborato – aggiunge Carolina, che dopo il master conseguito all'estero è tornata in Italia e spera presto di trovare un lavoro – anche nelle serate normali in cui si andava al bar e si parlava di Pisapia, immediatamente si aggiungeva altra gente che voleva aiutarci e ci chiedeva del materiale da distribuire ad amici e parenti, una cosa mai vista”.
Nei volti di questi volontari la stanchezza per una campagna elettorale lunga e difficile, ma soprattutto la gioia per aver preso parte a qualcosa di importante. “Qui abbiamo fatto le cose per bene”, sottolinea pacioso Arnaldo citando un vecchio slogan pubblicitario. Lui è un po’ la mascotte di questo comitato. Ha 70 anni, viene dalla Valtellina. Non nel senso che è originario di lì, no. Lui viene proprio dal suo paesino in provincia di Sondrio come un normale pendolare. Da settembre, ogni mattina alle 7 lo aspettava il treno per Milano e poi via alle 5 del pomeriggio di nuovo verso casa. Se gli si chiede perché lo abbia fatto, la risposta non la sa nemmeno lui. Però è contento perché ha conosciuto “gente correttissima, non corretta, correttissima”. Per lui, vissuto 50 anni a New York, questa è già una notizia. “Le persone che ho incontrato in questi mesi al comitato sono speciali, persone così non si trovano in giro, anzi non si trovavano più…”.
È un po’ il leit motiv che si respira e che raccontano le persone che hanno lavorato dietro le quinte di questa avventura elettorale e umana. Come Giovanna, che ha 50 anni e si occupa di riciclo: “Da questa campagna è nata una vitalità e un entusiasmo mai visti prima. Ci siamo chiesti per davvero: ma dov’era prima questa gente, dov’era nascosta, perché non si faceva vedere in giro? Noi siamo andati tra le persone sorridendo, abbiamo riportato il sorriso, trasmesso allegria. Secondo me Milano ha raccolto questo sentimento. La gente aveva bisogno di parole, di sorrisi, di essere ascoltata”.
Le fa eco Cristiana: “E poi è stato sconfitto il pensiero comune del ‘tanto non serve a niente’, ‘tanto non cambia niente’. La gente stavolta ha capito che qualcosa poteva cambiare e per la prima volta dopo tanto tempo ci ha messo la faccia, non ha avuto paura di vestirsi di arancione (il colore della campagna elettorale di Pisapia, ndr). Questo è stato un segnale importante”.
Loro, i volontari, hanno lavorato senza fermarsi mai un attimo, soprattutto da gennaio a oggi. Hanno volantinato, hanno organizzato serate, aperitivi, concerti. E non è un caso se anche alcuni avversari politici, analizzando la sconfitta elettorale, hanno riconosciuto questo lavoro e qualcuno è anche sbottato: “Andavamo al mercato per stare tra la gente ma scoprivamo che c’era arancione dappertutto”.
Perché questa differenza rispetto alla Moratti? Carolina, che nel comitato si è occupata anche di organizzare i volantinaggi nei mercati, la mette così: “Credo semplicemente che da noi c’era molta più voglia di vincere rispetto a loro”. Di questa campagna le resterà soprattutto un ricordo: “Il concerto davanti alla Stazione Centrale. Non ci aspettavamo tanta gente. A fine serata ci siamo abbracciati e per la prima volta ci siamo detti: non abbiamo ancora vinto, ma abbiamo ottenuto quello che volevamo. Quella sera abbiamo capito che stava succedendo qualcosa di nuovo”.
“Che qualcosa stava cambiando – aggiungono Giovanna e Cristiana – ce ne siamo accorte anche noi mamme del comitato quando abbiamo visto la metamorfosi dei nostri figli, prima distaccati nei nostri confronti, poi vestiti di arancione a urlare in piazza insieme a noi. Finalmente abbiamo smesso di sentirci in colpa per averli lasciati svariate sere senza cena”.
Ora la campagna elettorale è finita e “Giuliano”, come tutti lo chiamano qui, è diventato sindaco. Arnaldo può prendere il treno del ritorno, stavolta non dovrà svegliarsi all'alba per tornare a Milano il giorno dopo. La sua “missione” è terminata. Al comitato nessuno sa come ci sia finito ai gazebo di Pisapia lo scorso settembre, ma tutti sanno che in caso di bisogno sarà il primo a tornare. Mostra una pagina in cui il nuovo sindaco parla proprio di lui, poi dice: “Nemmeno mio fratello credeva che ce l'avremmo fatta”. Si sbagliava.
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di Daniele Troilo
"Non finisce qui", ripetono ossessivamente. Da una parte gli scatoloni con le t-shirt, dall’altra le buste con le pettorine arancioni. In mezzo fogli di carta sparsi un po’ qui e un po’ là, volantini con il faccione di Pisapia e due bottiglie di spumante rimaste chiuse.
Dopo mesi di autentico delirio, al comitato che ha guidato la campagna elettorale del nuovo sindaco di Milano regna una calma surreale. La sede, diventata il cuore dell’attività degli oltre mille volontari che si sono spesi per la campagna del candidato di centrosinistra, chiude i battenti.
E le persone che in questi mesi hanno "vissuto lì dentro" tornano piano piano alle loro vite, ai loro studi, al loro lavoro. In alcuni casi, alla meritata pensione. Eppure nessuno sembra avere voglia di farlo: “Nelle prossime due settimane decideremo come convogliare tutta questa energia, che non dobbiamo assolutamente disperdere”, spiega Carolina, 25 anni e un master in relazioni internazionali.
Via Sartirana, pochi passi dal Naviglio Grande. Se si vuole capire il successo di Giuliano Pisapia forse bisogna anche passare da qui. In questo locale al piano terra di una stradina privata sono nate le iniziative più originali e divertenti della sua campagna elettorale. Erano quattro gatti ai primi di settembre, sono diventati tantissimi nelle ultime settimane. “Mille? Forse di più – dice Cristiana, 50enne con un passato nella protezione civile – Alla fine è diventata un’avventura di amici, uno coinvolgeva l’altro”.
“Impossibile dire quanti volontari hanno collaborato – aggiunge Carolina, che dopo il master conseguito all'estero è tornata in Italia e spera presto di trovare un lavoro – anche nelle serate normali in cui si andava al bar e si parlava di Pisapia, immediatamente si aggiungeva altra gente che voleva aiutarci e ci chiedeva del materiale da distribuire ad amici e parenti, una cosa mai vista”.
Nei volti di questi volontari la stanchezza per una campagna elettorale lunga e difficile, ma soprattutto la gioia per aver preso parte a qualcosa di importante. “Qui abbiamo fatto le cose per bene”, sottolinea pacioso Arnaldo citando un vecchio slogan pubblicitario. Lui è un po’ la mascotte di questo comitato. Ha 70 anni, viene dalla Valtellina. Non nel senso che è originario di lì, no. Lui viene proprio dal suo paesino in provincia di Sondrio come un normale pendolare. Da settembre, ogni mattina alle 7 lo aspettava il treno per Milano e poi via alle 5 del pomeriggio di nuovo verso casa. Se gli si chiede perché lo abbia fatto, la risposta non la sa nemmeno lui. Però è contento perché ha conosciuto “gente correttissima, non corretta, correttissima”. Per lui, vissuto 50 anni a New York, questa è già una notizia. “Le persone che ho incontrato in questi mesi al comitato sono speciali, persone così non si trovano in giro, anzi non si trovavano più…”.
È un po’ il leit motiv che si respira e che raccontano le persone che hanno lavorato dietro le quinte di questa avventura elettorale e umana. Come Giovanna, che ha 50 anni e si occupa di riciclo: “Da questa campagna è nata una vitalità e un entusiasmo mai visti prima. Ci siamo chiesti per davvero: ma dov’era prima questa gente, dov’era nascosta, perché non si faceva vedere in giro? Noi siamo andati tra le persone sorridendo, abbiamo riportato il sorriso, trasmesso allegria. Secondo me Milano ha raccolto questo sentimento. La gente aveva bisogno di parole, di sorrisi, di essere ascoltata”.
Le fa eco Cristiana: “E poi è stato sconfitto il pensiero comune del ‘tanto non serve a niente’, ‘tanto non cambia niente’. La gente stavolta ha capito che qualcosa poteva cambiare e per la prima volta dopo tanto tempo ci ha messo la faccia, non ha avuto paura di vestirsi di arancione (il colore della campagna elettorale di Pisapia, ndr). Questo è stato un segnale importante”.
Loro, i volontari, hanno lavorato senza fermarsi mai un attimo, soprattutto da gennaio a oggi. Hanno volantinato, hanno organizzato serate, aperitivi, concerti. E non è un caso se anche alcuni avversari politici, analizzando la sconfitta elettorale, hanno riconosciuto questo lavoro e qualcuno è anche sbottato: “Andavamo al mercato per stare tra la gente ma scoprivamo che c’era arancione dappertutto”.
Perché questa differenza rispetto alla Moratti? Carolina, che nel comitato si è occupata anche di organizzare i volantinaggi nei mercati, la mette così: “Credo semplicemente che da noi c’era molta più voglia di vincere rispetto a loro”. Di questa campagna le resterà soprattutto un ricordo: “Il concerto davanti alla Stazione Centrale. Non ci aspettavamo tanta gente. A fine serata ci siamo abbracciati e per la prima volta ci siamo detti: non abbiamo ancora vinto, ma abbiamo ottenuto quello che volevamo. Quella sera abbiamo capito che stava succedendo qualcosa di nuovo”.
“Che qualcosa stava cambiando – aggiungono Giovanna e Cristiana – ce ne siamo accorte anche noi mamme del comitato quando abbiamo visto la metamorfosi dei nostri figli, prima distaccati nei nostri confronti, poi vestiti di arancione a urlare in piazza insieme a noi. Finalmente abbiamo smesso di sentirci in colpa per averli lasciati svariate sere senza cena”.
Ora la campagna elettorale è finita e “Giuliano”, come tutti lo chiamano qui, è diventato sindaco. Arnaldo può prendere il treno del ritorno, stavolta non dovrà svegliarsi all'alba per tornare a Milano il giorno dopo. La sua “missione” è terminata. Al comitato nessuno sa come ci sia finito ai gazebo di Pisapia lo scorso settembre, ma tutti sanno che in caso di bisogno sarà il primo a tornare. Mostra una pagina in cui il nuovo sindaco parla proprio di lui, poi dice: “Nemmeno mio fratello credeva che ce l'avremmo fatta”. Si sbagliava.
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