Libia, Berlusconi sfida la Lega: “Il voto non ci fa paura”

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Così il presidente del Consiglio risponde al ministro Maroni che, in merito alla decisione del governo di partecipare ai raid, aveva parlato di un esecutivo in pericolo chiedendo una verifica alle Camere. Alle 18 il premier incontra Napolitano

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Silvio Berlusconi risponde con nettezza al Carroccio, che chiede un voto delle Camere sulla Libia, chiarendo che un passaggio parlamentare non lo preoccuperebbe minimamente. Anzi. E conferma di non aver avuto nelle ultime ore contatti con Umberto Bossi anche se rimane fiducioso sul fatto di poterlo incontrare presto per chiarire tutto. Unico cruccio le parole molto dure di Roberto Maroni sulle decisioni del governo in merito ai raid mirati sul paese nordafricano.

Il presidente del Consiglio, che alle 18 di giovedì 28 aprile incontrerà il presidente Napolitano per parlare dei temi caldi della Libia, ha lasciato il suo ufficio di Palazzo Grazioli per qualche ora di relax a cena a casa della parlamentare del Pdl Melania Rizzoli insieme a numerosi esponenti politici nella serata del 27 aprile. Tra gli altri, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, i ministri Giancarlo Galan, Angelino Alfano, Renato Brunetta. Presenti, tra i tanti ospiti anche Renata Polverini, Fabrizio Cicchitto, il presidente della Consob Giuseppe Vegas, il sottosegretario Daniela Santanché e i giornalisti Bruno Vespa, Augusto Minzolini, Maurizio Belpietro, Paola Ferrari. Il Cavaliere si è detto più che convinto di poter ricomporre le frizioni con l'alleato. “Ci possono essere sempre fibrillazioni ma queste non metteranno mai in discussione l'intesa generale”, ha spiegato senza nascondere però sorpresa, amarezza e irritazione per le parole di Roberto Maroni sulla Libia. Parole assolutamente inattese - ha detto durante la cena - dal momento che l'esponente leghista non avena mostrato alcun problema al riguardo dopo il vertice italo-francese.

Il premier si è mostrato tonico e di buon umore. Tanto da ribadire con forza la volontà di andare avanti e di non farsi intimorire dai magistrati che lo accusano nei processi che lo riguardano. Il presidente del Consiglio ha difeso a spada tratta anche le scelte sul nucleare ed è convinto che l'Italia, paese ricco, possa risolvere da sola il delicato problema dell'immigrazione. "Sono un uomo orgoglioso e non ho nessuna intenzione di andare col cappello in mano a chiedere l'aiuto ad altri paesi", ha detto rispondendo ancora ai dubbi dei lumbard. Per il presidente anche una battuta con la giornalista sportiva Paola Ferrari sottolineando la speranza di brindare al più presto allo scudetto del Milan.

Lasciando la cena, il presidente del Consiglio si è poi fermato a rispondere alle domande dei cronisti. Con la Lega si risolverà tutto? "Sì, certo" ha risposto il Cavaliere. Quando vi vedrete con Bossi? "Ad horas ci vediamo presto, anche se non ci siamo ancora collegati per l'appuntamento, ma ci vedremo di sicuro". Ma queste fibrillazioni...? "Non aumentiamo le cose - interrompe il premier - non c'è nulla da aumentare: ci possono essere a volte delle posizioni diverse su un certo problema, ma questo non significa che si possa inficiare quello che è l'accordo generale". Insomma il governo va avanti? "Questo non è nemmeno da mettere in discussione", risponde Berlusconi. Quanto all'ipotesi che via sia un voto parlamentare, il Cavaliere risponde: "Non so, vedremo, ma non ci fa paura assolutamente". Non è che la Lega si potrebbe smarcare? "Non fatemi dire cose che non voglio dire posso dirvi qual è il mio stato d'animo: non sono affatto preoccupato per quanto riguarda i lavori di coalizione e di governo".

Alle tensioni tra Lega e Pdl sono dedicate le prime pagine di tutti i giornali di giovedì 28 aprile (GUARDA LA RASSEGNA STAMPA).  "Sulla Libia il Carroccio non arretra" titola La Padania, non lasciando margini al dubbio. E ribadisce: "Nessun dietrofront, il no leghista resta tale e quale sul tavolo del governo, che infatti per questa settimana sarà costretto a far saltare il Cdm, perché per il Carroccio, scavalcato dal decisionismo del premier e infastidito dal protagonismo di alcuni ministri, la questione è molto più semplice, e preoccupante di quanto non si racconti: più bombe in Libia, uguale più clandestini in Italia".

E sono molti gli articoli dedicati al sospetto che dietro "lo strappo" della Lega ci sia il ministro Tremonti. "E' lui che sta aizzando Bossi" avrebbe detto il premier ai suoi secondo quanto riportato da Repubblica. "Berlusconi, il Senatur e il ruolo di Tremonti tra mediazioni e sospetti" è il titolo di Francesco Verderami su il Corriere della Sera. Attacca il titolare del Tesoro il Giornale di Alessandro Sallusti: "Giulio perde la testa" si legge in prima pagina sul quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi. "Altro che Libia e clandestini - è l'occhiello di prima pagina - Dietro allo strappo del Carroccio c'è la manina del ministro che vuole vendicarsi della nomina di Draghi alla Bce e dell'Opa francese su Parmalat". E ancora: "Questioni personali quindi - scrive Sallusti
nell'editoriale
- più che politiche, di un ministro che si sente premier e che ha grande influenza sulla Lega. Al punto da aizzarla contro Berlusconi facendo leva su due questioni: bombardamenti e clandestini, che stanno a cuore al popolo del Carroccio molto sensibile in campagna elettorale".
Difende il ministro Tremonti il capogruppo leghista Marco Reguzzoni, che mercoledì 27 aprile aveva rassicurato "noi stiamo con il governo". "Nulla di vero nel fatto che l'ispiratore della linea leghista possa essere stato Tremonti" dice a La telefonata (Canale 5). E smentisce divisioni all'interno del partito. "La Lega è nata 30 anni fa e la posizione sulla politica estera è stata sempre la stessa. La contrarietà della Lega Nord alla guerra, agli interventi armati è sempre la stessa, non è cambiata da 30 anni a questa parte. Una posizione sostenuta con forza dall'intero partito, senza divisioni".

Sullo scontro tra Pdl e Lega interviene anche il presidente del Copasir e dirigente del Partito democratico Massimo D'Alema. "Berlusconi non ha più una maggioranza, se perde il 16 maggio vada a casa" dice in un'intervista a la Repubblica.
Nella mattinata del 28 maggio il Partito democratico (Pd), come annunciato,  ha presentato intanto una mozione alla Camera sull'intervento militare in Libia con primo firmatario il capogruppo a Montecitorio, Dario Franceschini, che sarà messa ai voti martedì 3 maggio.

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