"Vogliamo meno tasse": il Tea Party sbarca in Italia

Politica
Una manifestazione del Tea Party a Washington, nel settembre 2009
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Un gruppo di giovani di destra ha fondato un movimento ispirato alla corrente anti-statalista americana. Il 26 giugno scenderanno in piazza a Roma. Tra i sostenitori c'è anche la finiana Generazione Italia. E Il Giornale polemizza

di Serenella Mattera

“Meno tasse, più libertà!”. Lo slogan contiene due temi chiave della discesa in campo di Silvio Berlusconi, nel 1994. Ma l’ispirazione del “Tea Party Italia” in realtà viene da molto più lontano. Da Oltreoceano. Dalla Boston del 1773, quando i coloni americani buttarono in mare il tè, per protestare contro le tasse imposte dal governo inglese. A quell’episodio si è ispirato nel 2009 il “Tea Party” Usa, movimento della destra conservatrice e libertaria che si sta imponendo con forza sulla scena politica americana con le sue richieste di un governo ridotto all’osso e di un’economia non più schiava della mano pubblica e delle tasse. Un movimento cui si ispira il “Tea Party Italia”, aggregazione “trasversale di cittadini” che si propone di “far comprendere che i veri problemi del nostro Paese derivano da una eccessiva pressione fiscale che limita la nostra libertà e la nostra intraprendenza”.

“Non un governo migliore, ma un governo che governi meno”, chiedono gli aderenti al “Tea Party Italia”. Di destra. Per lo più giovani. Convinti che siano necessarie meno tasse e più libero mercato. La loro campagna è partita in Rete, con modalità dopotutto non dissimili da quelle del Popolo viola. Ed è sbarcata per la prima volta in piazza il 20 maggio a Prato. Ma si affaccerà alla scena nazionale il 26 giugno, con una manifestazione in piazza San Lorenzo in Lucina, a Roma.

Il movimento, che conta 1200 sostenitori su Facebook, vanta l’adesione di realtà diverse, dall’aggregatore di blog di destra Tocqueville, alla ConfContribuenti, all’associazione Libertiamo, presieduta dal deputato del Pdl Benedetto Della Vedova. Ma tra i sostenitori una presenza più delle altre ha fatto discutere. Quella di Generazione Italia, il movimento che fa capo al presidente della Camera Gianfranco Fini. Subito, infatti, Il Giornale è partito all’attacco: “Proprio nei giorni in cui Berlusconi si danna per far digerire agli italiani una manovra dal sapore amaro dei sacrifici, Fini che fa? Benedice il tea party movement nostrano”, si legge in un articolo. Ma il direttore del sito di GI, Gianmario Mariniello, seccamente smentisce che dietro gli anti-tasse d’Italia ci sia Fini. E loro stessi, che pure si dicono pronti ad accogliere il presidente della Camera, non mancano di osservare che per l’ex leader di An sarebbe “un cambio di strategia non secondario” rispetto a quando era “fiero oppositore dei tagli fiscali proposti dal governo Berlusconi tra il 2001 e il 2006 e coriaceo sostenitore degli aumenti salariali ai dipendenti pubblici”.

Che Fini faccia capolino in piazza San Lorenzo in Lucina, insomma, pare al momento improbabile. Ma al "Tea party" italiano non si può dire che manchino sostegno e attenzione. Provenienti soprattutto da Oltreoceano, dai tanti militanti del movimento americano, che manifestano il loro entusiasmo su Facebook. “My Italian blood says Bravo!!!” (“Il mio sangue italiano dice bravi!”), scrive Mary Miller. “Bravo Italy! Stay strong and never give up. Don’t go the way of Greece” (“Brava Italia! Resta forte e non ti arrendere. Non fare la fine della Grecia”), le fa eco Andrea Boardman. “End Socialism in Europe” (“Basta al socialismo in Europa”), auspica Thomas Cook. Decine di messaggi di incoraggiamento, che non cadono nel vuoto: “Sognando Reagan…inizia da qui la rivoluzione liberista e antitasse dell’Italia oppressa”, è la risposta che arriva dallo Stivale.

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