Fini: "L'inno al premier non mi piace"

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Il presidente della Camera intervistato a Ballarò: "Un partito non ne ha bisogno, sopratutto in una fase post-ideologica". Sulle dimissioni di Bocchino: "Mi auguro che saranno discusse dal vertice del partito"

Si al dissenso, ma restando leali a Silvio Berlusconi e, soprattutto, al Pdl. Nessun rischio di elezioni anticipate perché "nessuno è così irresponsabile" e sopratutto perché si perderebbe l'occasione di fare quelle "riforme di cui si parla in modo intermittente ma che è giusto fare cercando larghe e condivise intese in Parlamento".
Gianfranco Fini interviene a Ballarò e ripete ancora una volta le sue ragioni alla base del dissenso interno al Pdl. Del resto, spiega sottolineando l'importanza del confronto, "con un Pdl forte si ha un governo forte".
Il presidente della Camera rivendica il ruolo di quella "piccola ma significativa componente che non ha votato il documento finale" della direzione nazionale e che, "anche attraverso il mio intervento, ha espresso un dissenso motivato su alcune questioni come "federalismo, legalita' e programma" di governo.
Restano questi i temi del "dissenso" del cofondatore del Pdl, mentre non c'è, almeno apparentemente, nessuna tensione sull'argomento del giorno, ovvero le dimissioni annunciate da Italo Bocchino da vicepresidente del gruppo alla Camera: "Lo deciderà l'onorevole Cicchitto, il direttivo del gruppo, mi auguro il vertice del partito", spiega Fini dando atto a Bocchino di "aver dato molto correttamente la sua piena disponibilità ".

Diverso, il discorso sul federalismo. Per Fini quello "fiscale può essere utile al Sud perché lo aiuta a responsabilizzarlo", ma "va discusso tenendo conto che la stella polare é la coesione nazionale". Discusso, ovviamente, anche con la Lega: "Le parole del ministro Calderoli inducono alla serenità - riconosce l'ex leader di An - ma non si può fare a occhi chiusi".
Quanto alla legalità, Fini apprezza "i successi delle forze dell'ordine quando arrestano tanti criminali ricercati da anni" ma evoca anche "il rispetto delle regole, la garanzia che chi sbaglia paga".
La giustizia resta uno dei temi di frizione con Berlusconi anche se Fini sembra andare incontro al premier, quantomeno nei toni: "Fare una riforma della giustizia significa mettere il cittadino davanti a tempi certi" spiega. E una riforma "è nell'interesse del Paese e della stragrande parte dei magistrati che sono un baluardo della democrazia e che non si candidano dove hanno operato, non fanno comizi tv, che non agiscono con un intendimento che, come ha detto con tutta l'autorevolezza del caso il Capo dello Stato, merita da parte dell'Anm una certa autocritica".
Nessun riferimento esplicito, invece, ai rapporti personali con il premier: "Berlusconi ha il diritto di governare, avendo vinto le elezioni, e il dovere di farlo al meglio per rispettare gli elettori", spiega la Terza carica dello Stato. Fini si dice "convinto che una leadership forte e carismatica come quella di Berlusconi non sia negativa per il Paese", salvo aggiungere l'auspicio che "il rapporto tra leader e corpo elettorale debba essere mediato dal partito" e che "il Pdl è uno strumento per aiutare il governo a non commettere errori". E sul fatto che il Pdl abbia come inno "Meno male che Silvio c'è" il presidente della Camera afferma: "Non mi piace, non perche' ci sia Silvio, ma unicamente perché un partito non ha bisogno di inni, in una fase post ideologica".

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