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Brusca libero, Di Matteo: Sciolse mio figlio nell’acido, se lo incontro non so che succede

Sicilia
©Ansa

Così il padre di Giuseppe, morto all’età di 13 anni: “Conosceva Giuseppe, mio figlio, da bambino. Ci giocava insieme con la PlayStation. Eppure l’ha fatto sciogliere nell’acido. E questo orrore si paga in vent’anni?”. La madre della vittima: "Rispetto sentenze ma non perdono"

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Santino Di Matteo, pentito di mafia, ha commentato la scarcerazione di Giovanni Brusca, il boss di San Giuseppe Jato soprannominato 'u verru' (il maiale) per la sua crudeltà, che per vendetta fece sciogliere nell’acido il figlio di Santino, Giuseppe, in un’intervista al Corriere della Sera, riportata anche dall’Huffington Post. (LE REAZIONI - LA STORIA DI GIOVANNI BRUSCA)

Giuseppe Di Matteo all'età di 13 anni venne strangolato e sciolto nell'acido dopo essere stato tenuto segregato per due anni.

 

Di Matteo: “Mi auguro di non incontrarlo mai”

Di Matteo ha affermato che ”’u verru, cioè il maiale, come chiamavano Brusca, conosceva Giuseppe, mio figlio, da bambino. Ci giocava insieme con la PlayStation. Eppure l’ha fatto sciogliere nell’acido. E questo orrore si paga in vent’anni? Io non posso piangere nemmeno su una tomba e lui lo immagino pronto a farsi una passeggiata. Magari ad Altofonte. O in un caffè davanti al Teatro Massimo di Palermo. Mi auguro di non incontrarlo mai, come chiedo al Signore. Se dovesse succedere, non so che cosa potrebbe accadere”.

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“Tutti i sorveglianti e gli aguzzini della mia creatura sono liberi”

Di Matteo ha dichiarato: “Io vado a testimoniare ai processi per dire quello che so. Ma a che cosa serve se poi lo stesso Stato si lascia fregare da un imbroglione, da un depistatore?”. Ha poi aggiunto: ″Non trovo le parole per spiegare la mia amarezza. A chi devo dirlo? È passato meno di un anno da quando avevano liberato un carceriere di mio figlio, a Ganci, il paesino delle Madonie, uno dei posti del calvario. Ma la verità è che tutti i sorveglianti e gli aguzzini della mia creatura sono liberi. Tutti a casa. E ora va a casa pure il capo che organizzò e decise tutto. Lo stesso boia di Capaci. Si può dire boia? Lo posso dire io?”

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“Questa gente non fa parte dell’umanità”

Di Matteo ha poi concluso: “La legge non può essere uguale per questa gente. Brusca non merita niente. Oltre mio figlio, ha pure ucciso una ragazza incinta di 23 anni, Antonella Bonomo, dopo avere torturato il fidanzato. Strangolata, senza motivo, senza che sapesse niente di affari e cosacce loro. Questa gente non fa parte dell’umanità”.

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La madre della vittima: "Rispetto sentenze ma non perdono"

"Rispettiamo le leggi e le sentenze dello Stato. Ma Giovanni Brusca non potrò mai perdonarlo. Mi ha ucciso il figlio che conosceva bene e con cui ha giocato a casa. Nel mio cuore come posso perdonarlo?". Lo dice all'ANSA la madre del piccolo Giuseppe Di Matteo, Franca Castellese, attraverso il suo avvocato Monica Genovese che spiega anche i motivi del mancato perdono. "Non c'è mai stata una forma di pentimento pubblico per quello che ha fatto. Durante i processi Brusca non ha mai chiesto scusa alla famiglia per un delitto - sottolinea l'avvocato - che non è solo un omicidio di mafia ma un crimine orrendo". 

Di grande compostezza anche le parole di Nicola Di Matteo, che aveva appena 11 anni quando gli "uomini del disonore" rapirono il fratello Giuseppe. "Umanamente non potremo mai perdonare. Il dolore per la morte di mio fratello è una ferita che non si rimarginerà mai. Per mia madre la sofferenza è ancora più grande. Ma abbiamo fiducia nella magistratura", dice. Nicola Di Matteo, rimasto in silenzio per 25 anni prima di un intervento pubblico nel febbraio scorso, in occasione di una manifestazione organizzata per ricordare il sacrificio del fratello, parla a fatica e scandisce lentamente ogni parola. "Se non rispettiamo questa sentenza non rispettiamo lo Stato che ci è stato sempre vicino. Brusca ha ucciso mio fratello ma ha espiato la pena" aggiunge. Ma anche lui, come la madre, non riesce a perdonare: "E' difficile per tante persone comuni, figurarsi per un familiare...".