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Strage di via d'Amelio, Mattarella: “Borsellino ha indicato la via del coraggio”

Sicilia

Il presidente della Repubblica ha ricordato il giudice siciliano assassinato a Palermo il 19 luglio 1992, insieme ai cinque agenti della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina

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"La limpida figura del giudice Borsellino, che affermava, che chi muore per la legalità, la giustizia, la liberazione dal giogo della criminalità, non muore invano, continuerà a indicare ai magistrati, ai cittadini, ai giovani la via del coraggio, dell'intransigenza morale, della fedeltà autentica ai valori della Repubblica", ha affermato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ricordando il giudice siciliano assassinato in via D’Amelio a Palermo il 19 luglio 1992, insieme a cinque agenti della scorta. (FOTO)

Le parole di Mattarella

"Il 19 luglio del 1992 una terribile esplosione in via D'Amelio a Palermo spezzava la vita di Paolo Borsellino e di cinque agenti della sua scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Desidero ricordarli, rinnovando vicinanza e partecipazione al lutto inestinguibile delle loro famiglie. A distanza di tanti anni - scrive il presidente Sergio Mattarella in una nota - non si attenuano il dolore, lo sdegno e l'angoscia per quell'efferato attentato contro un magistrato simbolo dell'impegno contro la mafia, che condivise con l'amico inseparabile Giovanni Falcone ideali, obiettivi e metodi investigativi di grande successo. Borsellino rappresentava, con la sua personalità e i suoi comportamenti, tutto ciò che la mafia e i suoi accoliti detestano e temono di più: coraggio, determinazione, incorruttibilità, senso dello Stato, conoscenza dei fenomeni criminali, competenza professionale. Accrescevano la sua fama di magistrato esemplare la semplicità e la capacità di fare squadra, lontano da personalismi e desideri di protagonismo. Vi si aggiungeva la ferma volontà di andare avanti, di non arrendersi anche di fronte a rischi, ad attacchi, a incomprensioni e ostilità. Sono particolarmente vicino - conclude il capo dello Stato - ai figli di Paolo Borsellino in questa triste ricorrenza. Come sperimentano quotidianamente, nulla può colmare una perdita così grave".

Il minuto di silenzio in via D'Amelio

Alle 16.58, in via D'Amelio, è stato osservato un minuto di silenzio per ricordare le vittime della strage. La cerimonia è stata preceduta da un intervento di Antonino Gullo, l'unico agente della polizia sopravvissuto alla strage, il quale ha affermato: "Dobbiamo essere vicino ai magistrati che stanno cercando la verità, e non lasciarli soli come è accaduto a Borsellino e a Falcone". Insieme a un centinaio di persone, erano presenti anche il presidente della Commissione nazione antimafia, Nicola Morra, e il vicedirettore del Dap Roberto Tartaglia, ex pm del processo sulla Trattativa Stato-Mafia. Presente anche il fratello di Borsellino, Salvatore, che ha raccontato l'ultima giornata del magistrato, in quella domenica la cui normalità (Paolo Borsellino prima di morire aveva visto in tv una tappa del Tour de France) è stata definitivamente interrotta dall'esplosione di un'auto imbottita di tritolo.

La strage di Via d'Amelio e i processi

Il 19 luglio 1992, il giudice andò a trovare la madre in via D’Amelio e al suo arrivo un’auto parcheggiata imbottita di tritolo esplose uccidendolo insieme ai cinque agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli, Eddie Walter Cosina. Dopo 28 anni di processi e depistaggi le inchieste non hanno ancora fatto piena luce sulla strage. Si è arrivati al cosiddetto “processo quater” e il 30 giugno 2018 la Corte d’Assise di Caltanissetta ha depositato 1865 pagine di motivazioni per il quarto processo sull’attentato. Secondo i giudici si è trattato di “uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana" con protagonisti uomini dello istituzioni. Secondo i magistrati, l’allora capo della Squadra Mobile Arnaldo La Barbera (deceduto) ebbe un "ruolo fondamentale nella costruzione delle false collaborazioni con la giustizia ed è stato intensamente coinvolto nella sparizione dell'agenda rossa”.

Il ministro Bonafede: “È una vera e propria guerra”

"È una vera e propria guerra, che non deve conoscere pause nella consapevolezza che la mafia si è evoluta e ci pone di fronte a sfide sempre nuove: dalla lotta alla corruzione al voto di scambio politico mafioso; dalla necessaria legge sull'art. 4 bis dell'ordinamento penitenziario - anche a difesa del regime detentivo previsto dall'art. 41 bis - alla ricerca della verità sulle stragi e dei responsabili non ancora individuati", ha affermato invece il Guardasigilli, Alfonso Bonafede, su Facebook. "È una guerra da portare avanti tutti insieme - aggiunge Bonafede - compatti: politici, magistrati, avvocati, giornalisti, docenti e, in generale, tutti i cittadini, ogni giorno, ciascuno nel proprio ruolo, con le istituzioni in prima linea"

Don Ciotti: “Il nostro è un Paese che nega il diritto alla verità”

“Troppo facile una memoria solo commemorativa, una memoria che non è memoria viva, generativa di verità e giustizia. Sì, perché il nostro è un Paese che nega il diritto alla verità. Un Paese con una memoria dimezzata o d'occasione. Una memoria che non fa luce su tante pagine oscure della nostra Storia: omicidi e stragi, giochi e accordi di potere, appropriazioni di beni comuni, interazioni fra lecito e illecito, complicità tra politica e crimine organizzato. Ma una memoria dimezzata o manipolata non è accettabile per chi crede nella democrazia, cioè nella divisione dei poteri e nella condivisione della responsabilità. Non è compatibile la democrazia con le zone d'ombra, con gli abusi di potere, con i silenzi e le verità manipolate", ha affermato don Luigi Ciotti, presidente Libera e Gruppo Abele. "Le mafie e il loro consolidato, antico potere vengono da lì. Vengono da una politica fiacca e complice, da una coscienza civica fatta di parole, da un'antimafia discontinua o al massimo stagionale", ha concluso Ciotti.

L'Anm: “La sua figura è un esempio per la magistratura”

"L'Associazione Nazionale Magistrati non dimentica, insieme con le persone che con lui hanno perso la vita nell'adempimento estremo del dovere, la figura di Paolo Borsellino, che oggi e sempre rappresenta un modello di professionalità, coraggio e impegno civile per tutta la magistratura", afferma in una nota l'Associazione Nazionale Magistrati.

Musumeci: "Pianta sana da alimentare con verità"

"Dopo 28 anni da quel maledetto 19 luglio, un velo di mistero copre ancora l'identità di mandanti ed esecutori della strage in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta. L'attentato di via D'Amelio chiama in causa negligenze che possiamo meglio definire connivenze, di uomini e apparati che avrebbero dovuto difendere un uomo-simbolo della lotta alla mafia". L'ha detto il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, in occasione del 28esimo anniversario della strage di via D'Amelio. "Paolo Borsellino - ha aggiunto - è stato e rimarrà un esempio di integrità morale, capacità professionale e dedizione allo Stato. La sua figura e il suo modus operandi hanno lasciato una traccia, un seme, dal quale è nata una nuova coscienza e anche un rinnovato vigore nella lotta alla criminalità e al malaffare. Una pianta sana e robusta che oggi va alimentata con la verità sulle connivenze e le complicità".