Napoli, camorra: Riesame conferma carcere per Maria Licciardi

Campania

La donna, soprannominata "lady camorra", è ritenuta dagli inquirenti a capo dell'omonimo clan fondato dal fratello Gennaro e anche elemento di vertice del cartello malavitoso denominato "Alleanza di Secondigliano"

Il Tribunale del Riesame di Napoli ha confermato la misura cautelare del carcere nei confronti di Maria Licciardi, accusata dalla Procura di Napoli di associazione di tipo mafioso, ricettazione di denaro di provenienza illecita e turbativa d'asta. L'udienza davanti al Tribunale della Libertà si è tenuta ieri mattina. Maria Licciardi, 70 anni, soprannominata "lady camorra", è ritenuta dagli inquirenti a capo dell'omonimo clan fondato dal fratello Gennaro (detto 'a scigna) e anche elemento di vertice del cartello malavitoso denominato "Alleanza di Secondigliano". E' stata fermata dai carabinieri del Ros lo scorso 7 agosto, nell'aeroporto romano di Ciampino, mentre si accingeva a partire per Malaga. 

Il diktat sulla vendita di acqua

Nell'ordinanza di convalida del fermo si legge, tra laltro, che a Piscinola, quartiere dell'area a nord di Napoli confinante con Scampia, era Maria Licciardi a decidere se un negozio poteva o meno vendere l'acqua. E' quanto emerge da alcune intercettazioni. Il negozio in questione si trova accanto a un altro esercizio commerciale maggiormente gradito al clan e il fatto che vendesse l'acqua, peraltro a prezzi più bassi, proprio non era gradito a Maria Licciardi che, in questa vicenda, secondo il giudice, dimostra di avere un controllo pressoché totale del territorio. 'Lady camorra' incarica uno dei suoi uomini di riferire al commerciante il suo diktat. Il luogotenente di Maria Licciardi esegue l'ordine ma ciononostante il negozio continua a vendere l'acqua fino a quando, innervosita per la reticenza dimostrata, è proprio lei, in prima persona entrare in azione, recandosi di persona sul posto. Il commerciante si difende dicendole di avere avuto rassicurazioni da una sua nipote, Rosaria, circa la possibilità di continuare a vendere l'acqua. Ma la risposta è perentoria e, secondo il giudice e la Procura di Napoli, anche dirimente circa la rilevanza del suo ruolo nel clan: "...la malavita la faccio io...Rosaria (sua nipote, ndr) fa il ragù".

Le parole del gip

Maria Licciardi è stata capace "di riprendere in poco tempo le redini di una associazione di stampo mafioso e di porre in essere con l'intimidazione condotte quali quelle" ai capi contestati "dopo una detenzione di ben otto anni... dato che evidenzia la personalità delinquenziale e la attuale pericolosità sociale di Maria Licciardi e che integra si può dire in modo paradigmatico la sussistenza nei suoi confronti di quelle 'esigenze cautelari di eccezionale rilevanza'...". Così il gip di Roma Valerio Savio ha motivato l'ordinanza di convalida del fermo e di applicazione della custodia cautelare in carcere emessa lo scorso 9 agosto nei confronti di Maria Licciardi. La decisione del gip capitolino è stata poi confermata anche dal gip partenopeo, qualche settimana dopo. Il giudice ritenne sussistenti, tra l'altro, il pericolo di fuga e la reiterazione reati. Maria Licciardi, inoltre, per il gip, ha gestito "con preoccupante prepotenza" le vicende criminali inerenti il clan "nonostante la consapevolezza di una attività investigativa a suo carico, circostanza questa che non frenava il suo agire illecito e anche violento... a dimostrazione di una scelta di vita criminale, anche in età avanzata, certamente definibile ormai come immutabile e definitiva".

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