Salvador Allende, chi era il presidente cileno morto nel golpe del ‘73

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Gianluca Maggiacomo

Salvador Allende durante un comizio (Getty)

Nato a Santiago del Cile nel 1908, è stato fondatore del Partito Socialista, senatore, ministro e presidente del Senato. È diventato capo di Stato nel 1970. Tre anni dopo si è suicidato durante il colpo di Stato che darà il potere ai militari

Il suo sogno era quello di abbinare socialismo e democrazia. Medico, marxista convinto, Salvador Allende è ricordato per essere stato il presidente della Repubblica cilena democraticamente eletto e poi deposto, l’11 settembre del 1973, dal colpo di Stato militare guidato dal generale Augusto Pinochet, che subito dopo ha preso il potere instaurando una dittatura durata 17 anni. Allende è stato uno dei fondatori del Partito Socialista cileno e nel corso della sua carriera è stato ministro, senatore e presidente del Senato, prima di raggiungere la massima carica del Paese.

Dai primi impegni politici alle cariche istituzionali

Salvador Allende nasce nel 1908 a Santiago del Cile. Si avvicina alla politica durante gli anni del liceo: all’inizio studia i teorici del pensiero anarchico, poi il marxismo. Il suo impegno prosegue anche dopo gli studi in medicina, quando comincia a fare il medico, tanto che, nel 1933, è tra i fondatori del Partito Socialista del Cile. L’ascesa di Allende nella politica nazionale è veloce. Nel 1938 diventa ministro della Sanità e delle Politiche Sociali, carica che conserva fino al 1942 e con due differenti capi di governo. Nel 1952, Allende si candida per la prima volta alla carica di presidente della Repubblica con l’appoggio del Partito Socialista e del Partito Comunista, arrivando quarto su quattro candidati. Nel 1958 corre di nuovo per palazzo de La Moneda ma, pur avendo triplicato i voti rispetto alla tornata precedente, viene sconfitto dal candidato conservatore, Jorge Alessandri Rodríguez. Stessa cosa avviene alle presidenziali del 1964, quando a conquistare la carica di presidente è Eduardo Frei Montalva, esponente del Partito Democratico Cristiano del Cile.

La vittoria del 1970

Dopo le disfatte elettorali nelle tre tornate precedenti, e dopo aver ricoperto la carica di presidente del Senato dal 1966 al 1969, Allende si presenta di nuovo alle elezioni presidenziali nel 1970. A sostenerlo, una coalizione di sinistra chiamata Unidad Popular. Ne fanno parte il Partito Socialista, il Partito Comunista, il Partito Radicale e i cristiani di sinistra dissidenti. Le urne danno ad Allende la vittoria con poco più del 36% dei voti, senza la maggioranza assoluta. E per questo la sua investitura a presidente, in Parlamento, avviene grazie a un accordo tra le forze di sinistra e la Democrazia Cristiana, malgrado le pressioni americane della Cia sul partito centrista per non consegnare La Moneda a un politico apertamente marxista. Gli stati Uniti, infatti, temono che Allende possa trasformare il Paese in un alleato dell’Unione Sovietica: una cosa inconcepibile nella logica del mondo diviso in blocchi contrapposti della Guerra Fredda. Henry Kissinger, segretario di Stato americano, uno tra i più attivi nel tentativo di impedire e, poi, di ostacolare la presidenza Allende, nei giorni in cui il Cile sceglie il proprio capo di Stato dice: “Non vedo perché dovremmo restare con le mani in mano a guardare mentre un Paese diventa comunista a causa dell'irresponsabilità del suo popolo”.

Allende ed il suo programma socialista

Con Allende al palazzo de La Moneda viene inaugurata la cosiddetta "via cilena al socialismo", soprannominata “rivoluzione con empanadas e vino rosso”, per sottolinearne con un’immagine il carattere non-violento. Nel Paese viene avviato un programma di nazionalizzazione delle principali industrie, tra cui le miniere di rame. Nei primi anni di potere, Allende mette a punto anche la riforma agraria e la nazionalizzazione di banche e compagnie assicurative. Nel giro di poco, molte delle attività più importanti del Cile passano in mano allo Stato. Sul piano sociale, invece, Allende introduce la garanzia di mezzo litro di latte al giorno per ogni bambino, incentivi all'alfabetizzazione, l'aumento dei salari, alcune tutele sociali, il prezzo fisso del pane, la riduzione degli affitti, la distribuzione gratuita di cibo agli indigenti e l'aumento delle pensioni minime. A questo, si aggiunge l’introduzione del divorzio e l’annullamento dei finanziamenti pubblici alle scuole private. Provvedimenti, questi ultimi, che creano una forte opposizione da parte della chiesa locale.

Il golpe di Pinochet e la morte di Allende

Le riforme volute da Allende in materia economico-industriale portano il Paese a uno scontro civile molto aspro. Tanto che, alcune forze di opposizione, iniziano a invocare l’intervento delle forze armate per riportare l'ordine. Nel Paese il clima incandescente si protrae fino all'11 settembre del 1973 quando, di primo mattino, inizia il golpe militare guidato dal generale Augusto Pinochet, che instaura la dittatura e porta alla morte di Allende che, come raccontato dal suo medico, Patricio Guijón, pur di non dimettersi come chiesto dai militari si suicida con un colpo di mitraglietta nel palazzo de La Moneda, sede della presidenza della Repubblica. 

Le sepoltura sotto falso nome

Dopo la morte Allende viene sepolto, senza funerali, a Viña del Mar, sotto il falso nome di Eduardo Grove. Solo nel 1990, una volta terminata la dittatura, il corpo dell’ex presidente viene stato recuperato e, dopo un'imponente cerimonia pubblica a Santiago del Cile, portato in un mausoleo nel cimitero della capitale.

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