In Indonesia, in particolare sull'isola di Giava, l'acquacoltura intensiva per la produzione di pesci e gamberetti da esportare nei Paesi occidentali ha causato massicci disboscamenti a danno delle storiche foreste di mangrovie, case privilegiate di ecosistemi unici che si stanno progressivamente perdendo. In occasione della giornata nazionale degli alberi, la fotografa riminese ci invita a guardare le sue immagini per riflettere "su cosa mettiamo nel piatto".
Intervista per Lo Spunto Fotografico
di Chiara Piotto
Fino a un secolo fa lungo le coste dell’Indonesia si susseguivano 4,2 milioni di ettari di foreste di mangrovie: negli ultimi 25 anni si sono ridotte del 50% (fino ad arrivare al 70% sull'isola di Giava). “Una perdita dovuta in gran parte all’acquacoltura intensiva. In alcune aree dove l’allevamento di pesci e gamberetti è più sviluppato le reti da pesca restano ormai vuote, il terreno è bruciato, l’acqua è morta”, racconta Elisabetta Zavoli
Il sito di Elisabetta Zavoli
La scomparsa delle foreste di mangrovie è ancora più grave se si pensa che riescono ad assorbire quantità di CO2 molto maggiori rispetto alle altre foreste tropicali. Il progetto “Per un pugno di gamberi” è nato nel 2012, quando Zavoli si è trasferita a Jakarta, in Indonesia, dove sarebbe rimasta a vivere per sei anni: “Mi sono imbattuta in un articolo su un quotidiano nazionale che parlava di Blue Carbon Ecosystems, letteralmente “ecosistemi di carbonio blu””, ci racconta per Lo Spunto Fotografico
Il sito di Elisabetta Zavoli
“”Carbonio blu” è il nome con cui ci si riferisce alla sostanza organica immagazzinata in ecosistemi marini e costieri come paludi salmastre e foreste di mangrovie”, spiega la fotografa, che in passato ha lavorato come chimica: si è infatti laureata in Scienze ambientali all’università di Bologna, per poi specializzarsi in Tecnologie chimiche per l'ambiente e per la gestione dei rifiuti. “Questi ecosistemi sono i più efficienti serbatoi al mondo di carbonio, ad esempio ne riescono ad immagazzinare fino a sette volte di più di una foresta tropicale”

“Volevo iniziare a fare un lavoro approfondito sul cambiamento climatico e mi sono trovata nel posto giusto al momento giusto”, continua Zavoli. “L'Indonesia, da sola, conteneva un quarto di tutte le mangrovie mondiali, mangrovie che erano minacciate dall'aumento dei consumi di gamberetti tropicali in Europa e Stati Uniti. Avevo la mia storia!”

Abitare stabilmente nel Paese ha reso più semplice il lavoro sul campo: "Ho viaggiato lungo tutta la costa settentrionale ed occidentale dell'isola, dove il fenomeno del disboscamento delle foreste di mangrovie per fare spazio alla gambericoltura intensiva è più evidente", racconta la fotografa. "Grazie alla ONG Wetland International Indonesia Programme ho documentato l'impatto sulle piccole comunità locali di pescatori e villaggi costieri, rimanendo a vivervi per brevi periodi di tempo"

“Mano a mano che mi addentravo nel racconto ho realizzato che stavo documentando la perdita di un ecosistema importantissimo a livello mondiale per l'adattamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici. La causa? La produzione di gamberi che finivano sulle nostre tavole in Italia ed in tutto il resto d'Europa”

"Ecco che lo sfruttamento non sostenibile dell'ambiente e la perdita di biodiversità, di cui si sente sempre parlare e che si percepisce come qualcosa lontano da noi, era invece tangibile, si materializzava davanti ai miei occhi. Ed era indotto dai nostri consumi", continua Zavoli

La speranza è che il progetto riesca a sensibilizzare altri Occidentali sul problema: "Il fattore lontananza ci rende meno sensibili a quel che succede a svariati chilometri di distanza da noi", dice Zavoli. "Credo sia insito nell'essere umano: la sindrome NIMBY (Not In My Back Yard) spiega chiaramente come sia naturale prestare un'attenzione maggiore a quello che succede nel territorio "vicino casa" rispetto a zone che sono lontane dai nostri occhi. Figuriamoci in altri continenti"

"Per un pugno di gamberi", a cui Zavoli ha lavorato insieme al collega Jacopo Pasotti, ha beneficiato del Grant Europeo per il Giornalismo Investigativo Indipendente: "Secondo me i progetti di indagine giornalistica a lungo termine hanno proprio lo scopo di avvicinare i lettori a tematiche che sembrano lontane ma che invece riguardano la loro quotidianità; ad esempio, in questo caso, la scelta di cosa mettere nel piatto", aggiunge la fotografa

"Anche per questo motivo ho partecipato alla fondazione di un magazine italiano online tutto focalizzato su ambiente, natura, e geografia. Si chiama Radar ed insieme a giornalisti e giornaliste, fotografi e fotografe vogliamo raccontare problemi e soluzioni nella forma di un giornalismo lento, accurato e coinvolgente"
Il sito di Radar Magazine
Elisabetta Zavoli è una fotografa documentarista nata a Rimini nel 1976. Dopo aver lavorato come chimica per diversi anni ha conseguito un master in Fotogiornalismo con Contrasto. Ha vissuto e lavorato tre anni in Algeria e sei anni in Indonesia. I suoi progetti a lungo termine si focalizzano principalmente su tematiche ambientali e di genere. Fa parte del collettivo internazionale di donne fotogiornaliste Women Photograph e del team del magazine di tematiche green Radar
Il sito di Elisabetta Zavoli
Lo Spunto Fotografico è la rubrica settimanale che unisce fotografia e informazione, curata da Chiara Piotto su Sky tg24. Ogni sabato selezioniamo un progetto legato a temi di attualità e intervistiamo l’autore. #LoSpuntoFotografico è anche su Instagram, con stories dedicate ogni sabato mattina. Le trovate in evidenza sull’account @skytg24
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