Nel Paese si vota per la prima volta dal colpo di Stato di cinque anni fa. Il voto, che si svolge a fasi fino al 25 gennaio, è sotto stretto controllo dell’esercito e avviene senza la partecipazione dei partiti democratici. La comunità internazionale guarda con scetticismo a una consultazione che i militari definiscono “libera ed equa”
Sono state aperte oggi le urne in Myanmar per le elezioni organizzate dalla giunta militare. Un voto che arriva a cinque anni dal colpo di Stato e che viene guardato con forte scetticismo dalla comunità internazionale, con l’Onu e diversi Paesi che lo considerano uno strumento dei militari al potere per legittimare il governo. "È fondamentale che il futuro del Myanmar sia determinato da un processo libero, equo, inclusivo e credibile che rifletta la volontà del suo popolo", hanno affermato le Nazioni Unite in Myanmar, aggiungendo che l'Onu "esprime solidarietà al popolo del Myanmar e alle sue aspirazioni democratiche".
Capo giunta militare: “Elezioni libere ed eque”
Le elezioni legislative iniziate oggi in Myanmar sono "libere ed eque”, ha dichiarato il capo della giunta militare, Min Aung Hlaing. "Garantiamo che si tratta di elezioni libere ed eque. Sono organizzate dall'esercito, non possiamo permettere che il nostro nome venga infangato”. Il voto, che avverrà in più fasi, zona per zona per ragioni di sicurezza, fino al 25 gennaio, è sotto lo stretto controllo di militari. Tutti i partiti democratici sono stati sciolti.
Elezioni e guerra civile in corso
Il voto si svolge solo in alcune aree del Paese ed è rigidamente controllato dall’esercito, mentre molte zone restano escluse nelle aree controllate dai ribelli. Molti cittadini si asterranno dall'andare alle urne, convinti che i militari stiano solo cercando di legalizzare il potere preso con la forza. I principali partiti di opposizione sono stati sciolti, l’ex leader Aung San Suu Kyi resta in carcere e la consultazione viene vista da osservatori internazionali come un “rebranding” del regime marziale, per l'elevato numero di candidati alleati con i militari e per la dura repressione del dissenso.
La guerra civile
Intanto continua la guerra civile. Non esiste un bilancio ufficiale delle vittime, ma secondo l’organizzazione no-profit Armed Conflict Location ed Event Data (Acled), 90mila persone sono state uccise. Circa 3,6 milioni di persone sono sfollate e metà del Paese vive in povertà. "Le autorità militari in Myanmar devono cessare di usare violenza brutale per costringere la gente a votare e smettere di arrestare chi esprime opinioni dissenzienti", ha deplorato l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, denunciando anche "gravi minacce da parte di gruppi armati che si oppongono" all'esercito. "Non penso che nessuno creda che queste elezioni contribuiranno alla soluzione dei problemi del Myanmar", ha invece riferito il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.