Anche dal carcere Imran Khan condiziona la politica pakistana

Anche se è in prigione da tempo e sembra sia destinato a restarvi ancora a lungo, poiché sconta pene per circa 150 capi di imputazione, Imra Khan è ancora il motore immobile di buona parte della politica pakistana. Questo perché l’ex premier è riuscito a dare vita a un movimento populista e nazionalista che si muove attorno alla sua figura, considerata quasi messianica e per la quale si è sviluppato una specie di culto della personalità. Un seguito che ha resistito all’evidenza degli scarsi risultati del suo esecutivo e che, negli ultimi giorni, ha avuto una nuova vampata a motivo del fatto che sembra che le sue condizioni di detenzione siano pessime. A scatenare le nuove proteste è stato il fatto che, per alcune settimane, le visite a Khan, che è detenuto con la moglie dal 2023, con le accuse più disparate sono state del tutto inibite. Nessuno poteva andare in carcere a fargli visita. Una situazione che ha fatto sì che iniziassero a circolare alcune voci incontrollate circa il fatto che Khan fosse morto. Così, proprio per tacitare queste voci, pochi giorni fa è stato consentito alla sorella, Uzma Khanum, di fargli visita. Subito dopo averlo incontrato, la donna ha fatto sapere che Imra è vivo e in buona salute, ma che le condizioni in cui viene detenuto erano pessime, di completo isolamento, e che, per questo, la sua mente era sottoposta a grande stress. Questo ha dato ulteriore spinta alle proteste di piazza, che erano già in corso da tempo, e alle richieste di liberazione dell’ex leader da parte dei suoi sostenitori, convinti che le accuse contro Khan siano del tutto strumentali e che il loro leader non sia colpevole di niente che non sia la colpa di aver sfidato il potentissimo esercito del Paese, contro cui aizzò la folla dopo la caduta del suo esecutivo . Al di là della singola vicenda, a rendere la situazione particolarmente delicata è il modo in cui la prigionia di Khan si inserisce nel complesso quadro politico del Pakistan, Paese tanto potente e rispettato sul piano geopolitico quanto politicamente fragile e instabile. Intervistato da Al Jazeera Usama Khilji, editorialista pakistano e direttore dell'organizzazione per la difesa dei diritti digitali Bolo Bhi, ha riassunto la situazione dicendo che "In Pakistan, i politici o sono al governo o sono in carcere e le forze di sicurezza hanno voce in capitolo dietro le quinte su chi può governare”. Khan e il suo partito, il Pakistan Tehreek-e-Insaf non hanno fatto eccezione. Secondo Al Jazeera, dopo la caduta e l’arresto di Khan “Al PTI di Khan è stato impedito di candidarsi alle elezioni nazionali del 2024 e diversi leader del partito sono stati arrestati. I membri del partito si sono presentati alle elezioni come candidati indipendenti e hanno ottenuto più seggi di qualsiasi altro partito. Ma il PTI ha affermato che il governo e l'esercito hanno truccato le elezioni per negare loro ancora più seggi, e anche osservatori indipendenti hanno segnalato diverse irregolarità nello spoglio dei voti. Il governo e l'esercito hanno ripetutamente respinto le accuse di manipolazione delle elezioni”. L’incarcerazione del leader, unito alla messa al bando del suo partito, ha dato nuova forza al sostegno popolare verso Khan, ritenuto un perseguitato: “Da quando è stato incarcerato- scrive Economist- Khan è diventato straordinariamente popolare. La sua crociata contro le élite venali del Pakistan gli ha procurato così tanti sostenitori che l'esercito ha imposto un divieto non scritto ma ampiamente rispettato di menzionare il suo nome in TV . Ciò non ha smorzato l'interesse: "il presidente fondatore del PTI, come viene ora chiamato, rimane un argomento di conversazione frequente in tutti i notiziari”. Così, in questo quadro di ribollente instabilità, in molti si chiedono se Khan farà come molti suoi predecessori e porgerà un ramoscello di ulivo all’esercito e all’esecutivo di Shehbaz Sharif, in carica proprio dalla caduta di Khan, per poter uscire dal carcere. “C'è una formula semplice- scrive Time-: a un certo punto della loro detenzione, gli ex Presidenti caduti in disgrazia stringono un accordo con l'establishment militare, vanno in esilio e aspettano tempi migliori. L'esercito pakistano ha un piano d'azione per gestire i primi ministri che iniziano a prendere sul serio il loro titolo, mentre i politici hanno i loro trucchi per fuggire dalla cella”. “Khan- continua Economist- ora si trova di fronte a un dilemma: restare fedele ai suoi principi e restare dietro le sbarre oppure dire qualcosa di cortese sulle forze armate ed essere rilasciato, con la possibilità che il suo partito torni al governo a tempo debito”. Le decisioni individuali di Khan potrebbero avere importanti ripercussioni oltre che sulla sua vicenda individuale anche sulla stabilità del Paese. Una stabilità da cui dipendono quella dell’intera regione e equilibri di scala mondiale, se si pensa che il Pakistan è impegnato da tempo in una specie di conflitto a bassa intensità e corrente alternata con l’India e che, poche settimane fa ha creato un’ alleanza militare in stile NATO con l’Arabia Saudita.

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Luciana Grosso