Sudan, l'esercito rifiuta la tregua. Amnesty: "Stupri e uccisioni di massa delle RSF"

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L’esercito regolare ha rifiutato la proposta presentata dai paesi mediatori perché considerata “di parte”. Alla stesura hanno partecipato gli Emirati Arabi Uniti, accusati di finanziare e armare le RSF

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La fine del conflitto in Sudan appare sempre più lontana. Entrambi gli attori in campo, le Forze di Supporto Rapito da un lato e l’esercito regolare dall’altro, hanno rifiutato l’ultima proposta di cessate il fuoco mediata dagli Stati Uniti. Lo ha fatto sapere l’inviato di Trump per l'Africa Massad Boulos. 

Perché la proposta di cessate il fuoco è stata rifiutata?

"Facciamo appello a entrambe le parti affinché accettino la tregua umanitaria così come presentata, senza precondizioni", ha dichiarato ai giornalisti l’inviato statunitense nella capitale degli Emirati Abu Dhabi. "Vorremmo che accettassero il testo specifico che è stato loro presentato", ha aggiunto. Alcuni giorni prima però, il capo dell’esercito sudanese Abdel Fattah al-Burhan aveva criticato aspramente l'ultima proposta presentata perché il gruppo di paesi mediatori che cerca di porre fine alla guerra tra esercito e paramilitari è "di parte finché gli Emirati Arabi Uniti ne rimarranno membri”. 

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“Uccisioni di massa e stupri come arma di guerra”: la denuncia di Amnesty International

Dopo la conquista di El Fasher del 26 ottobre, Amnesty International ha raccolto le testimonianze di 28 sopravvissuti che hanno raccontato di aver assistito a pestaggi, rapimenti a scopo di ricatto e uccisioni di massa di civili disarmati e – nel caso delle sopravvissute - di essere state sottoposte a violenza sessuale da parte delle Fsr, a volte insieme alle loro figlie. Tutti i sopravvissuti hanno riferito di aver visto lungo le strade principali di accesso e uscita dalla città centinaia di cadaveri. In base a quanto si legge sul sito web ufficiale dell’organizzazione, Amnesty ha raccolto le testimonianze in parte in presenza in Ciad e in parte da remoto, di chi è riuscito a mettersi in salvo a Tawila (a ovest di El Fasher) e a Tina (al confine col Ciad). “Le atrocità sono state facilitate dal sostegno fornito alle Fsr dagli Emirati Arabi Uniti, che stanno alimentando un ciclo senza fine di contro la popolazione civile sudanese. La comunità internazionale e il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite devono pretendere che gli Emirati Arabi Uniti pongano fine a tale sostegno”, ha sottolineato Agnès Callamard, segretaria generale dell’organizzazione. 

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L’analisi di Global Initiative Against Transnational Organized Crime

L’ONG con sede a Ginevra ha pubblicato un articolo in cui ha sottolineato l’importanza dei canali di supporto materiale ad entrambe le parti. “Mentre molta attenzione si è concentrata sul Ciad e sulla Libia orientale come probabili canali di supporto materiale dagli Emirati Arabi Uniti (EAU), le RSF dipendono anche da Kenya, Uganda, Sud Sudan e Repubblica Centrafricana (RCA) come corridoi logistici per il traffico di rifornimenti militari e il contrabbando di oro” si legge sul sito dell’organizzazione. “Per un certo periodo, le SAF, sostenute da Turchia, Iran, Egitto e Russia, sembravano guadagnare terreno contro le RSF nel Sudan occidentale, avendo interrotto diverse importanti linee di rifornimento”. La caduta di El Fasher dimostra la resilienza del gruppo e l'ampiezza delle reti che le sostengono. 

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