Paul Preston: “La Ue è un baluardo contro rigurgiti del franchismo”

“Circa 200.000 persone, tra uomini e donne, furono uccise per via extra giudiziale o furoeno giustiziate dopo processi farsa, lontano dalle linee del conflitto … e il vincitore prolungò la sua vendetta, liquidando 20.000 avversari dopo la guerra …”. Il vincitore è Francisco Franco, il Caudillo, dittatore della Spagna dal 1939 alla sua morte nel 1975, e a parlare è il professore emerito di Storia Contemporanea della Spagna alla London School of Economics Paul Preston, il biografo di Franco più famoso al mondo. Sue sono opere monumentali come Franco: A Biography e The Spanish Holocaust: Inquisition and Extermination in Twentieth-Century Spain . Lo incontriamo nella sua casa londinese, ricolma di libri, per cercare di capire meglio quale possa essere l’eredità lasciata da Franco dopo la sua morte, avvenuta esattamente 50 anni fa: il 20 novembre del 1975. “Quando si parla dell’impatto di Franco, bisogna considerare che è una questione complessa e che la situazione si è evoluta nel tempo, a partire dal 1975. Prima di morire, Franco aveva fatto moltissimo per assicurarsi che la sua dittatura perdurasse. Per esempio, aveva istituito un sistema di successione piuttosto bizzarro: una legge gli permetteva di nominare un successore reale”, spiega Preston, prima di addentrarsi nell’anima nera di una delle dittature più violente della storia contemporanea europea. Franco, pur volendo assicurarsi un successore che rispettasse i suoi ideali autoritari, scelse Juan Carlos di Borbone, nipote dell’ultimo re Alfonso XIII, come suo erede designato. La scelta non fu casuale: Juan Carlos era giovane, proveniva dalla monarchia e Franco pensava di poterlo modellare a suo piacimento, in modo che perpetuasse i valori del regime franchista. Negli anni precedenti la morte del dittatore, il futuro sovrano fu istruito e “preparato” dal regime: intraprese la carriera militare, partecipò a cerimonie pubbliche e ricevette una formazione politica secondo la visione del Caudillo. L’idea era che, crescendo sotto l’influenza del dittatore, avrebbe continuato una sorta di monarchia autoritaria, senza riportare la democrazia. Ma la storia prese una piega diversa. Juan Carlos fece una scelta sorprendente: favorì la transizione democratica. Pur essendo il successore designato per mantenere il regime, promosse riforme politiche, convocò elezioni libere e sostenne la creazione di una costituzione parlamentare. In questo modo, riuscì a trasformare la Spagna da una dittatura a una monarchia costituzionale e democratica, realizzando una transizione pacifica senza colpo di stato, proprio nel quadro delle protezioni che Franco aveva lasciato: un esercito e istituzioni fortemente controllate. Così il professore descrive il clima sociale sotto Franco: “La società era stata sottoposta a una sorta di lavaggio del cervello, c’era un controllo totale dei media, della stampa, della radio e, più tardi, della televisione. E, naturalmente, anche il sistema educativo era totalmente sotto scacco, grazie anche alla collaborazione della Chiesa cattolica. Ma aveva anche messo in piedi una serie di salvaguardie per garantire che il regime rimanesse lo stesso. C’era l’esercito, addestrato a credere che la sua funzione principale fosse proteggere la Spagna dai nemici interni, non da quelli esterni. C’era la Guardia Civil, un’istituzione estremamente repressiva, la polizia armata, i gruppi falangisti, 200 dei quali avevano licenza di portare armi. Era una società oscurantista quella lasciata da Franco”. “Il processo graduale di transizione è stato estremamente difficile e – riconosce l’accademico - in effetti è stata portata a termine un’impresa monumentale”. La neonata democrazia dovette però fare presto i conti con un problema estremamente radicato e non di facile soluzione: la corruzione. E questo fatto alimentò una buona dose di delusione. C’è poi un altro aspetto da tenere presente, una peculiarità della storia spagnola, quando si parla di “eredità di Franco”. Lo spiega bene il professore: “A differenza di Germania e Italia, la Spagna non fu occupata dagli alleati vincitori della Seconda Guerra mondiale; di conseguenza, non c’è mai stato un processo di ‘denazificazione’ o di ‘defascistizzazione’. Questo ha fatto una grande differenza. Per questo esiste, ad esempio, una Fundación Nacional Francisco Franco, che è di per sé una cosa incredibile. E come se ci fosse una Fondazione Hitler in Germania o a una Fondazione Mussolini in Italia”. Detto questo, per Preston gli spagnoli non hanno veramente memoria del dittatore. Per la maggior parte delle persone, le questioni importanti sono “arrivare a fine mese senza debiti, che i figli vadano a una buona scuola, che ci sia cibo sulla tavola”. In termini di memoria storica, sicuramente un passaggio importante è stato la rimozione dei resti del Caudillo dalla Valle de Los Caidos, un enorme complesso monumentale vicino a Madrid, costruito durante la dittatura per commemorare — secondo la versione ufficiale del regime — “i caduti della Guerra Civile Spagnola”. Si tratta di uno dei luoghi più controversi del Paese. Per Preston “l’esumazione dei resti di Franco nel 2019 è stata un passo importante. Il monumento era un atto di egotismo estremo e un luogo di pellegrinaggio per i franchisti”. Un errore però, secondo l’accademico, è stato compiuto: “Secondo me, Franco avrebbe dovuto essere sepolto in mare”, considerate le sue ambizioni di carriera nella marina e per privare i franchisti di un luogo dove recarsi e rendere omaggio. Ci sono echi del franchismo nel partito Vox e Santiago Abascal, gli chiediamo. La formazione di ultradestra è cresciuta molto velocemente tra il 2018 e il 2019. Dopo il calo del 2023, i sondaggi recenti mostrano una nuova risalita: Vox sembra essere tornato in forza, almeno nelle intenzioni di voto. Ma il contesto internazionale, per Preston, rende impossibile un ritorno. “A volte degli echi del franchismo compaiono nella retorica del partito – concede - ma quando si parla di un ritorno alla dittatura e, sa, di guerra civile e così via… Non ci sono più personaggi come Hitler e Mussolini, che erano lì per aiutare Franco, e neanche Chamberlain e Daladier, che di fatto lo aiutarono: tutto questo non esiste più. E l’esistenza dell’Unione Europea fa una grande differenza. La Ue ha i suoi difetti, ma penso che aiuti, almeno per il futuro prevedibile, a far sì che un ‘nuovo Franco”’ non torni. Ma in un’Europa guidata da Marine Le Pen in Francia, dall’AfD in Germania e Nigel Farage nel regno Unito, ipotizziamo, per amore di discussione. Il professore si sottrae, con arguzia e un pizzico di divertimento: “Il principio più simile al giuramento di Ippocrate che uno storico dovrebbe rispettare è non lasciarsi coinvolgere in speculazioni controfattuali. Quindi non mi è permesso ragionare su cosa sarebbe se…. Naturalmente sono molto consapevole che uno dei problemi — e lo vedo molto chiaramente in questo Paese — è che il grado in cui le persone prendono decisioni elettorali che vanno contro i propri interessi è sbalorditivo”. Nel Regno Unito, anche gli accademici sono dotati di humour.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Paul Preston: “La Ue è un baluardo contro rigurgiti del franchismo”

Tiziana Prezzo