Il generale libico, arrestato grazie alla collaborazione del nuovo governo libico con la Corte Penale Internazionale, è accusato di tortura di detenuti e di omicidio per la morte di uno dei progionieri sotto tortura. Fonti governo italiano: "A conoscenza dell'esistenza di un mandato di cattura emesso dalla Procura Generale di Tripoli a carico del libico Almasri già da gennaio"
Almasri è stato arrestato a Tripoli. A dare la notizia è l’emittente Lybia24. Il generale libico è accusato di tortura di detenuti nel carcere di Mitiga e di omicidio, per la morte di uno dei progionieri sotto tortura. L’arresto nella capitale della Libia è avvenuto nell’ambito della collaborazione del nuovo governo libico con la Corte Penale Internazionale (TUTTE LE TAPPE). Il mandato di arresto era stato emesso nei mesi scorsi ma Osama Njeem Almasri era riuscito fino ad ora ad evitare il fermo. Il generale è stato rinviato a giudizio e ora attende il processo.
L’arresto dopo gli interrogatori
Secondo il comunicato dell'Ufficio del procuratore, l'ordine di carcerazione preventiva dell'ex dirigente della polizia giudiziaria a Tripoli segue gli interrogatori e la raccolta di elementi su gravi violazioni dei diritti dei detenuti nella principale struttura di riforma e riabilitazione della capitale. Secondo la nota almeno dieci persone sarebbero state sottoposte a tortura o trattamenti crudeli e degradanti e una di loro sarebbe morta a seguito delle violenze. Fonti giudiziarie ricordano che a luglio la procura di Tripoli aveva chiesto assistenza alla Corte penale internazionale per acquisire prove sul caso, dopo avere rimosso i vincoli procedurali e ascoltato Almasri in una prima sessione di interrogatorio.
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Fascicolo per crimini contro l’umanità
La misura odierna si inserisce dunque in un fascicolo già aperto a livello nazionale. Il nome di Almasri Njeem è legato anche al mandato di arresto emesso a inizio anno dalla Corte penale internazionale per presunti crimini contro l'umanità e di guerra, tra cui omicidio, tortura, violenza sessuale e persecuzione, in relazione a fatti avvenuti soprattutto nel carcere di Mitiga dal 2015. Il provvedimento odierno della procura libica riporta il caso nel perimetro dell'azione penale nazionale. In attesa di ulteriori sviluppi, l'Ufficio del procuratore ha fatto sapere che Almasri è stato interrogato sui fatti, fornendo prove sufficienti per essere incriminato e risulta essere già in detenzione preventiva in attesa di sentenza.
Legale vittima torture: "Bene ma figuraccia per Italia: chiederemo risarcimento"
"Sono felicissima ma per lo Stato italiano è una grande figuraccia. Sono pronta a depositare una richiesta di risarcimento nei confronti della Presidenza del Consiglio e dei ministri coinvolti in questa vicenda". È quanto afferma l'avvocato Angela Bitonti, legale di una donna ivoriana, da anni residente in Italia e vittima delle torture di Almasri, commentando la notizia dell'arresto in Libia del generale. "Dobbiamo capire quali potrebbero essere gli sviluppi a questo punto, se sarà processato lì oppure se potrà essere consegnato alla Corte Penale Internazionale. Ho speranza che la mia assistita possa ottenere giustizia ma in quanto cittadina italiana sono veramente delusa e mortificata perché l'Italia non ha proceduto all'arresto quando aveva Almasri tra le mani".
Fonti governo: "Sapevamo mandato cattura Almasri da gennaio"
L'Esecutivo italiano era bene a conoscenza dell'esistenza di un mandato di cattura emesso dalla Procura Generale di Tripoli a carico del libico Almasri già dal 20 gennaio 2025. È quanto si apprende da fonti di governo, che spiegano come in quella data il ministero degli Esteri italiano avesse ricevuto, pressoché contestualmente con l'emissione del mandato di cattura internazionale della Procura presso la Corte Penale Internazionale de L'Aja, una richiesta di estradizione da parte dell'Autorità giudiziaria libica. Questo dato - proseguono le stesse fonti - ha costituito una delle fondamentali ragioni per le quali il Governo italiano ha giustificato alla CPI la mancata consegna di Almasri e la sua immediata espulsione proprio verso la Libia.