I dati che potrebbero indicare che negli Usa c'è aria di recessione

Negli Stati Uniti sono sempre più forti i timori di una recessione. La settimana scorsa l’economista americano premio Nobel Paul Krugman ha però pubblicato un post sul suo blog in cui delinea una situazione economica piuttosto ambigua, segnata da un apparente benessere di superficie ma da tensioni strutturali che colpiscono il mercato del lavoro e i consumatori. Krugman osserva infatti che, pur in assenza dei classici segnali di recessione, la percezione diffusa tra i cittadini è estremamente negativa: la fiducia dei consumatori è ai livelli più bassi dal 2008, anche se i principali indicatori macroeconomici – come la disoccupazione – restano, almeno formalmente, solidi. Diseguaglianze che si accentuano Parte di questo pessimismo è attribuita all’instabilità politica e al clima di incertezza generato dall’amministrazione Trump, tra dazi imposti in maniera imprevedibile, azioni di carattere autoritario, polarizzazione politica, violenza e tensioni sociali. Tuttavia, Krugman sottolinea che ci sono anche alcuni motivi economici reali dietro al malcontento degli americani. L’economia appare divisa in due: da un lato, l’intelligenza artificiale traina la crescita e arricchisce chi già dispone di capitali, dall’altro la maggior parte dei settori è in una situazione di stallo, con assunzioni e investimenti fermi. Questo dualismo produce un’espansione che alimenta le diseguaglianze: chi è ricco diventa più ricco, mentre le fasce di reddito media e bassa si impoveriscono. Le famiglie più povere faticano a far fronte alle spese, mentre il 10% più ricco della popolazione è ormai responsabile per quasi la metà dei consumi totali. La causa principale, secondo l’autore, è l’incertezza generata dalle politiche economiche caotiche del governo, che scoraggia le imprese dal fare nuovi investimenti e dal creare posti di lavoro, bloccando di fatto l’economia in uno stato di “congelamento”. I segnali della crisi Anche una recente analisi del Washington Post mostra un’economia sempre più fragile e un calo della fiducia dei consumatori, guardando all'andamento di alcuni indicatori economici piuttosto insoliti. Il primo è la produzione di cartone, oggi fondamentale per il commercio e la spedizione dei prodotti. La sua flessione, -5% nel secondo trimestre del 2025, rappresenta un campanello d’allarme: meno scatole prodotte significa minori aspettative di consumo. Le cause includono una domanda internazionale in calo, il rallentamento dei traslochi e la fine del boom dell’e-commerce post-pandemia. Al contempo, l’inflazione continua a impattare sul reddito disponibile delle famiglie. Un altro segnale di fragilità è il calo nelle vendite dei camion pesanti, mezzi fondamentali per il trasporto merci: -14,6% in agosto rispetto all’anno precedente. Secondo gli analisti, vendite in forte calo suggeriscono un rallentamento dell’attività industriale e spesso precedono le recessioni. A pesare, oltre all’eccesso di capacità del settore accumulato durante la pandemia, c’è anche l’introduzione di un nuovo dazio del 25% sui camion importati, deciso da Donald Trump. Crescono i discount e l'usato Un ulteriore segnale arriva dai consumi alimentari: prodotti come l’Hamburger Helper , simbolo dei pasti economici, registrano un netto aumento delle vendite, +14,5% quest’anno. Ciò indica che dopo anni di inflazione elevata, gli americani si rivolgono sempre più alle catene di supermercati discount e cercano di risparmiare cucinando pasti economici a casa. Il mercato dell’usato è invece in forte crescita: nel secondo trimestre del 2025 le visite ai negozi dell'usato sono aumentate del 39,5% rispetto al 2019. Sempre più americani acquistano o vendono capi di vestiario di seconda mano, sia per risparmiare sia per ottenere liquidità. Come sottolineato da Krugman, anche il Washington Post mostra che sul fronte del lavoro gli americani mostrano un certo immobilismo. Con meno posti disponibili e un ritmo di assunzioni rallentato, la mobilità lavorativa è in calo: il 63% degli americani ritiene che quello attuale sia un brutto momento per trovare lavoro e il tasso di abbandono volontario è ai minimi dal 2020. Questa staticità frena anche la crescita dei salari e dell’efficienza. Segnali contrastanti dal settore immobiliare Infine, il settore immobiliare mostra segnali misti: crescono i prestiti sulla casa , spesso usati per ristrutturazioni o consolidamento dei debiti, ma calano i permessi edilizi per nuove costruzioni, in flessione dell’11% in agosto rispetto all’anno scorso. Gli economisti leggono questo dato come segnale di un’economia in difficoltà, ma non ancora in recessione vera e propria. Nel complesso, il quadro che emerge è quello di un Paese sospeso: la recessione non è in atto, ma i comportamenti dei consumatori, l’incertezza del mercato del lavoro e il rallentamento di alcuni settori chiave mostrano un’economia fragile, guidata più dalla cautela che dalla fiducia.

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Gianluca De Feo