La fiducia nell’Ue non è mai stata così alta dal 2007 e c’entra Trump

La fiducia dei cittadini nei confronti dell’Unione europea ha raggiunto il suo punto più alto dal 2007 a oggi: il 52% dei rispondenti all’ultimo Eurobarometro, la serie di sondaggi di opinione pubblica condotti regolarmente per conto della Commissione a partire dal 1973, tende a fidarsi delle istituzioni europee. Il dato più sorprendente, però, secondo il report European Sentiment Compass, è che questo rinnovato slancio di fiducia arriva in un momento di forti pressioni esterne, in particolare da parte del presidente statunitense Donald Trump, che punta a indebolire la coesione europea. Ma, come avverte lo studio, nei prossimi mesi i leader europei dovranno fare molto di più per mantenere vivo questo sentimento. Gli ultimi dati Oggi più di un europeo su due dichiara di fidarsi dell’Unione Europea, il livello più alto registrato dal 2007. I picchi più significativi si registrano in Danimarca , Portogallo e Svezia . All’estremo opposto, in Grecia, Slovenia, Cipro, Francia e Repubblica Ceca. I Paesi con la maggioranza di intervistati indecisi restano pochi: le percentuali più alte si registrano tuttavia in Estonia, Lituania, Malta, Bulgaria e Lettonia. In Italia, la stessa percentuale di rispondenti esprime sia fiducia che sfiducia nei confronti delle istituzioni europee: gli indecisi si fermano al 4%. Se non visualizzi il grafico, clicca qui Un altro dato positivo riguarda l’ottimismo sul futuro dell’UE, condiviso dal 62% dei cittadini. Nello specifico, quasi nove europei su dieci ritengono necessario rafforzare la cooperazione internazionale, e oltre l’80% sostiene la creazione di una politica comune di difesa e sicurezza, il valore più alto dal 2004. Le priorità individuate dai cittadini per il medio periodo confermano questo orientamento: il 39% chiede più azione in materia di sicurezza e difesa, seguiti da economia , migrazione e clima e ambiente . Nonostante le incertezze economiche il sostegno all’euro raggiunge un nuovo massimo storico: il 74% nell’UE nel complesso e l’83% nei Paesi della zona euro. Se non visualizzi il grafico, clicca qui In quasi tutti gli Stati membri, la maggioranza dei cittadini si sente parte dell’Europa e si identifica come cittadino dell’Unione europea. E, a differenza di pochi anni fa, l’idea di uscire dall’Unione non trova più spazio nel dibattito pubblico: la gran parte dei movimenti euroscettici ha abbandonato la retorica del “leave” per sposare quella del “cambiare l’UE da dentro”. L’analisi dell’European Sentiment Compass Secondo l’European Sentiment Compass, realizzato dal Consiglio Europeo per le Relazioni Estere e la European Cultural Foundation, l’aumento di fiducia registrato nei confronti delle istituzioni europee si inserisce in un contesto di crescente consapevolezza da parte degli europei di dover ridefinire identità, valori e priorità politiche di fronte a un periodo di grandi tensioni con gli Stati Uniti. Il rapporto descrive un’Europa che vive, suo malgrado, dentro una sorta di “guerra culturale” con Donald Trump. Le sue politiche e la retorica dei suoi alleati europei hanno costretto molti governi del continente a reagire più che ad agire, rincorrendo crisi invece di dettare la propria agenda. Tuttavia, paradossalmente, questa pressione sembra aver avuto un effetto coesivo: più i valori europei vengono messi in discussione, più cresce tra i cittadini la convinzione che servano autonomia strategica, unità e azione collettiva. In questo scenario, il report individua anche un altro paradosso: più cresce l’apprezzamento dei cittadini per l’Europa e il suo ruolo globale, più aumentano anche le aspettative. Ma le istituzioni, frenate da compromessi interni e da leadership nazionali indebolite, non sempre riescono a tradurre questa fiducia in azione politica concreta. Le delusioni non mancano: dalla lentezza nel reagire alla guerra a Gaza al silenzio sui diritti civili in Ungheria, fino al progressivo allontanamento dagli obiettivi del Green Deal. Il risultato è un’Unione europea che, pur più consapevole della propria forza collettiva, rischia di deludere chi la vede come garante dei suoi stessi ideali. Come conclude il rapporto, “non basta credere nell’Europa: bisogna imparare di nuovo a guidarla”.

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Roberta Cavaglià