L’ex leader è accusato per le decine di omicidi avvenuti durante una dura campagna antidroga tra il 2011 e il 2019. Attualmente si trova in detenzione preventiva all’Aia, in attesa dell’avvio del processo
La Corte penale internazionale (ICC) ha formalmente incriminato l’ex presidente filippino Rodrigo Duterte con l’accusa di crimini contro l’umanità. Secondo l’accusa, tra il 2011 e il 2019 decine di omicidi sarebbero stati compiuti da suoi collaboratori nell’ambito di una dura campagna contro il traffico e il consumo di droghe, durante la quale migliaia di persone persero la vita. Duterte era stato arrestato a Manila lo scorso marzo e si trova attualmente in detenzione preventiva all’Aia, nei Paesi Bassi, dove ha sede la Corte, in attesa dell’inizio del processo.
Un arresto storico
Prima di diventare presidente, Duterte aveva guidato la città di Davao come sindaco per diversi mandati tra il 1988 e il 2016. In quell’ambito aveva istituito milizie civili composte da poliziotti e civili incaricati di colpire sospetti spacciatori o tossicodipendenti, estendendo poi queste politiche su scala nazionale durante il suo mandato presidenziale dal 2016 al 2022. Il suo arresto è storico: è il primo leader non africano ad essere preso in custodia dalla Corte per crimini di guerra o contro l’umanità, e l’unico detenuto all’Aia a essere accusato di tali crimini pur essendo stato eletto democraticamente. Nonostante la detenzione, Duterte rimane molto popolare e recentemente è stato rieletto sindaco di Davao, ruolo attualmente ricoperto temporaneamente dal figlio Sebastian.