Droni russi in Polonia, errore o atto di guerra?

Che differenza c’è tra un errore e un atto di guerra? Ancora non lo sappiamo. La risposta arriverà, forse, nelle prossime ore, quando scopriremo sel’incursione degli 8 droni russi che sono entrati nei cieli polacchi, erano un caso isolato, l’effetto di una svista, o l’avvisagliadi una nuova fase della guerra che coincide con un attacco, diretto, all’Europa. Per scoprirlo dovremo aspettare di vedere se ci saranno altre incursioni simili. E soprattutto se la NATO saprà mostrare unità nella difesa del Paese aggredito, forse per errore, forse per dolo. I droni russi, a quel che si sa, sono entrati nello spazio aereo polacco, il che significa europeo e soprattutto NATO, questa notte tra mezzanotte e le sei del mattino. Risulta siano stati tutti abbattuti, con un’azione della contraerea polacca a cui supporto sono arrivate forze olandesi, e che non abbiano provocato nè danni nè vittime. E anche se la notizia di assenza di vittime è senza dubbio una buona notizia, resta il fatto che quei droni ci sono stati e che ancora non sappiamo cosa ci facessero lì. La Russia dapprima non ha voluto commentare la notizia, poi ha rilasciato una dichiarazione nella quale si diceva che "non c'erano piani per colpire strutture sul territorio polacco" e che i suoi droni hanno un raggio di azione di 700 km, cosa che renderebbe loro impossibile penetrare il territorio polacco. Le smentite russe, però, sono state accolte con grande freddezza dalla NATO. L’alleanza atlantica, i cui vertici si sono immediatamente riuniti e hanno mostrato supporto totale alla Polonia, da tempo teme un’incursione russa sul proprio territorio. La ragione del timore occidentale non sta tanto nella sua capacità di risposta militare quanto nella compattezza della sua risposta politica che, in questo periodo, appare sfilacciata e conflittuale. E Vladimir Putin, abilissimo a seminare zizzania, sa che in questo momento l’alleanza atlantica è lacerata da conflitti interni che la indeboliscono e ne rendono inefficace la potenza di fuoco. Così, anche se appare improbabile che l’esercito russo, già impegnato sul fronte ucraino, voglia attaccare apertamente un Paese NATO e tirarsi addosso l’intera alleanza, è possibile che Putin ne stia testando i nervi con una serie di microaggressioni. Un modo per porre i Paesi dell’Alleanza e soprattutto le relative opinioni pubbliche, di fronte all’eterno dilemma: “Sareste pronti a entrare in guerra con la Russia e a mandare i vostri ragazzi al fronte per difendere un fazzoletto di Europa orientale?”. Secondo il The Atlantic Council l’ipotesi di una microincursione che ponga la NATO di fronte alle sue responsabilità e ai suoi limiti politici è più che probabile: “ Il calcolo strategico alla base di tale mossa sarebbe quello di mettere alla prova la determinazione dei paesi membri, scommettendo che l'alleanza potrebbe evitare uno scontro militare diretto e ricorrere invece alla diplomazia. Se così fosse, l’Alleanza comprometterebbe seriamente la credibilità dell'impegno per la difesa collettiva. Fondamentalmente, questa debolezza occidentale potrebbe anche aver convinto Putin che i nemici della Russia non hanno la determinazione necessaria per uno scontro militare diretto e che alla fine faranno sempre marcia indietro”. Non solo. Ma minacciare direttamente, anche senza colpire davvero, un Paese europeo e NATO, potrebbe portare l’UE e gli Stati Uniti a sposare una linea meno intransigente sull’Ucraina e a concedere a Putin la vittoria territoriale che vuole. Perché in questa fase l’Occidente appare così fragile che per ottenere la sua resa, Putin potrebbe non avere nemmeno bisogno di muovere guerra o lanciare attacchi. Potrebbe accontentarsi di fingere di volerlo fare. O di sbagliare la rotta di un drone.

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Luciana Grosso