Chef israeliani contro carestia a Gaza, polemica per campagna social

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A posare per la catena di moda israeliana Comme Il Faut sono cuochi, proprietari di noti ristoranti e studiosi di cucina israeliani. Chiedono che il dramma della carestia imposta a Gaza dal governo Netanyahu finisca subito e lo fanno utilizzando la comunicazione digitale

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Sguardo in camera, sfondo nero e pentola vuota tra le mani. Un messaggio in ebraico, arabo e inglese: “Resistere alla fame”. A posare per la campagna social della catena di moda israeliana Comme Il Faut sono chef, proprietari di noti ristoranti e studiosi di cucina israeliani. Chiedono che il dramma della carestia imposta a Gaza dal governo Netanyahu finisca subito e lo fanno utilizzando la comunicazione digitale.

Moda, questione politica

“Quando vedo un bambino morire di fame, le mie lacrime scendono prima che il cervello capisca se è ebreo o musulmano», è la frase che accompagna il ritratto di Aviram Katz, proprietario di diversi ristoranti gourmet di Tel Aviv. “Non posso più tacere davanti al conflitto che continua, alla prigionia dei nostri ostaggi e alla fame dei bambini di Gaza”, è il pensiero di Yahoma Levi, a capo della proposta culinaria della catena di ristoranti Cafe Landwer. “Il cibo non è un’arma di guerra”, è la frase della chef Avivit Priel. “Siamo uomini e donne di cibo, tradiremo noi stessi restando in silenzio davanti alla fame sistematica di Gaza”, dice Nof Atamna, chef e vincitrice di Masterchef. La direttrice della catena, Romi Kaminer Goldfainer, ha dichiarato al Jerusalem Post: "Realizziamo abiti per donne e crediamo che la moda sia anche una questione politica, così come il cibo, così come tutto ciò che riguarda la cultura".

 

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La polemica

La campagna è stata duramente attaccata perché considerata pro-Hamas. Diversi commenti sono stati disabilitati dai post e alcuni dei partecipanti denunciano di aver ricevuto minacce di morte. Ad organizzatori e testimonial si rimprovera di non avere a cuore la causa nazionale, la restituzione degli ostaggi, e di preoccuparsi di “fake news”, ossia che a Gaza si muoia di fame. Il dibattito ha coinvolto altri chef e personaggi del mondo del food fino a spingere il marchio a pubblicare un comunicato di risposta: “Il nostro dito è puntato contro il nostro governo. Anche Hamas è responsabile del disastro umanitario, ma non è a loro che ci rivolgiamo. Parliamo al nostro governo al quale siamo legati come cittadini”.

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