Perché stanno crescendo gli sbarchi di migranti nelle Baleari

Negli ultimi trent'anni, la maggior parte degli arrivi irregolari in Spagna si è concentrata in una sola rotta: quella che va dalla costa atlantica dell’Africa alle isole Canarie. Per la prima volta, quest’anno, un altro tragitto ha iniziato a essere percorso da un numero sempre più alto di persone migranti. Da inizio 2025, infatti, le isole Baleari hanno registrato più di 4 mila sbarchi: il 71% in più rispetto allo stesso periodo nel 2024, quando a fine anno il numero di arrivi era arrivato a quota 5.800. Un aumento significativo, non solo in termini numerici , ma soprattutto perché si concentra in un territorio con risorse limitate per gestire il fenomeno e già in difficoltà a causa del turismo di massa. +71% arrivi rispetto al 2024 Le ragioni di questo aumento degli arrivi sono molte. Da un lato, le autorità algerine hanno intensificato i controlli nella zona costiera di Orano, da dove si concentravano le partenze dei cittadini algerini disposti a pagare tra i 6 mila e i 12 mila euro per raggiungere la Spagna continentale . Di conseguenza, la rotta si è spostata sulla costa più orientale, da dove oggi a partire sono soprattutto persone provenienti dall’Africa subsahariana, molte in fuga dal terrorismo e dalla crisi alimentare in corso in Somalia. Se non visualizzi il grafico, clicca qui Dall’altro, il giro di vite imposto dalla Mauritania, con il sostegno della Spagna e dell’Unione europea, ha contribuito a ridurre sensibilmente gli sbarchi alle Canarie: nei primi quattro mesi del 2025 le autorità mauritane hanno fermato circa 30 mila persone e ne hanno espulse almeno 18 mila, smantellando al tempo stesso decine di reti di trafficanti. Il nuovo atteggiamento della Mauritania potrebbe quindi aver dirottato sempre più persone verso l’Algeria, con la speranza di arrivare alle isole Baleari. Se non visualizzi il grafico, clicca qui Mancano le risorse per gestire gli arrivi “Sapevamo che la rotta baleare sarebbe stata attraversata da sempre più persone e che non avremmo avuto i mezzi per gestirla. Abbiamo iniziato a dirlo dieci anni fa e non è successo nulla”, ha spiegato a El País, Margalida Capellà, direttrice dell’Osservatorio sulle migrazioni nel Mediterraneo dell’Università delle isole Baleari. L’impatto degli arrivi si misura non solo nei numeri, ma anche nella fragilità delle persone che arrivano e dei territori in cui lo fanno. L’esempio più evidente è Formentera, un’isola di appena 8 chilometri quadrati e 11 mila abitanti, dove nel corso dell’anno è sbarcato quasi un terzo dei migranti diretti verso l’arcipelago. L’isola non ha strutture di accoglienza adeguate e dispone soltanto di una motovedetta della Guardia Civil, peraltro ormeggiata a Ibiza. “Il problema non è solo l’aumento degli arrivi, ma il cambio di profilo: da algerini a persone di origine subsahariana, spesso rifugiati. E hanno bisogno di risorse che qui scarseggiano”, ha aggiunto Capellà, segnalando che alcune persone arrivano con ustioni o con la scabbia e non trovano neanche un posto dove potersi lavare e curare. A Palma di Maiorca, fino a poche settimane fa, chi arrivava poteva trovare un riparo notturno nella stazione marittima, grazie a un accordo con l’Autorità Portuale, che consentiva di dormire al coperto, usare i bagni e ricaricare i telefoni. Oggi viene garantito almeno un pasto caldo serale e la colazione, oltre a servizi di pulizia e sorveglianza. Eppure queste soluzioni restano insufficienti: ad agosto alcuni gruppi hanno trascorso fino a quattro giorni al porto in attesa di un traghetto o di un posto libero nei centri di accoglienza. Se non visualizzi il grafico, clicca qui Al numero delle persone arrivate sulle isole si somma poi quello delle vittime della rotta: nei primi sei mesi dell’anno sono stati rinvenuti almeno 31 corpi, trascinati a riva o recuperati in mare, quasi tutti appartenenti a migranti dispersi dopo il naufragio delle loro imbarcazioni. Nel 2024, il numero di persone morte o disperse in mare tra la costa africane e le isole Baleari supera le 400: un numero impreciso, dato che alla cifra andrebbero aggiunte le cosiddette “barche fantasma” che finiscono sulle spiagge della Spagna continentale.

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Roberta Cavaglià