L'Onu chiude Unifil in Libano, ma la pace è sempre più lontana

E così, alla fine, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha deciso di smantellare UNIFIL, la missione ONU di Peacekeeping in Libano. A deciderlo, all’unanimità, ma non senza patemi, è stato il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dopo una lunga discussione, portata avanti soprattutto dagli Stati Uniti, convinti che il tempo della missione ONU di Peacekeeping in Libano sia ormai scaduto. Rispetto a questa notizia, che potrebbe anche avere senso dal momento che la missione è in corso dal 1978, in piena guerra civile libanese, la cosa che si nota è che, anche se la missione è stata dichiarata conclusa, con l’ordine di ritirarsi del tutto entro la fine del 2027, di certo non si può dire che sia compiuta. Anzi, è vero il contrario. Non è mai stata così lontana dall’essere conclusa e raramente, negli ultimi anni, la pace è stata così lontana da quella fetta di mondo. La Missione UNIFIL , infatti, era nata nel 1978, al termine della prima guerra tra Libano e Israele. In quel momento storico, l’OLP di Yasser Arafat usava il sud del Libano come base logistica per le sue azioni, in particolare per una serie di attentati. Tra questi, uno, nella primavera del 1978, risultò particolarmente efferato: quello della ‘strada della costiera’, a seguito del quale morirono 38 cittadini di Tel Aviv travolti dall’esplosione di due autobus. Dopo quell’attentato, Israele, convinto di dover sradicare l’OLP dal sud del Libano, invase la parte meridionale del Paese, dal confine fino al fiume Leonte, una fetta di terreno che da allora sarebbe stata nota come Blue line e come sostanziale terra di nessuno. Nelle settimane successive a questa operazione di Israele, l’ONU diede il via all’operazione UNIFIL, incaricata di vigilare sul ritiro israeliano dalla Blue Line e sul fatto che lì non si insediassero nuove basi OLP. Le cose, ovviamente, non sono andate come previsto e in quell’area di mondo, nonostante gli sforzi di UNIFIL, di pace se n’è sempre vista piuttosto poca: nel 1982 c’è stata la seconda invasione israeliana del Libano, poi la guerra civile e la nascita di Hezbollah, e in tempi più recenti, la guerra tra Libano e Israele del 2006 e gli ultimi attacchi incrociati tra Hezbollah e Israele nello scorso autunno. Ora che UNIFIL è stata sciolta, ovviamente, non sappiamo quali conseguenze avrà la decisione di smantellare una missione ONU di peacekeeping da una delle aree più nevralgiche del mondo. Ma quello che possiamo fare è procedere in senso inverso e provare a capire chi e perché da anni ne chiede a gran voce il ritiro. E cioè Israele, che non solo non ha mai visto la missione con simpatia, ma che anzi l’ha anche considerata, non di rado, connivente con il nemico, dal momento che i soldati UNIFIL, nelle loro regole di ingaggio, non hanno in nessun modo l’incarico di combattere Hezbollah. Allo stesso modo non è un segreto che, vuoi per un incidente, vuoi per una scelta deliberata, nel corso degli scontri dello scorso autunno, più volte le armi israeliane hanno colpito le basi UNIFIL Così, dal momento che attualmente Israele occupa 5 siti del territorio libanese meridionale, non è chiaro se, una volta partiti i caschi blu, questi 5 siti potranno rimanere come sono, se saranno usati come base per un’ulteriore espansione di Israele o se invece saranno oggetto di un tentativo di controffensiva libanese. In ogni caso, qualunque cosa dovesse accadere al confine tra Libano e Israele, avverrà lontana dagli occhi del mondo e delle autorità internazionali e, si parva licet, anche italiani. Il nostro Paese, infatti, è stato da sempre tra i promotori e principali attori, insieme alla Francia, dell'operazione, nonché il Paese che più ha contribuito alla sua realizzazione e operatività . Il nostro Paese si è sempre detto contrario allo scioglimento della missione, ma è evidente che, questa volta, la sua voce non è stata ascoltata.

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Luciana Grosso