Lo ha detto Gaetano Mirabella Costa, uno dei due italiani detenuti da giorni nel centro per migranti irregolari, in un appello rivolto alle istituzioni italiane. "Non ho la possibilità di parlare con un avvocato e nemmeno con un giudice. Siamo in 32 in una gabbia, i bagni sono aperti, tutti ti vedono", ha raccontato ancora
"Siamo letteralmente in gabbia, come in un pollaio. Fateci uscire da questo incubo". Queste le parole, pronuniciate ai microfoni del TG2, da Gaetano Mirabella Costa, uno dei due italiani detenuti da giorni nel centro per migranti irregolari, conosciuto come "Alligator Alcatraz", in un appello rivolto alle istituzioni italiane. "Non ho la possibilità di parlare con un avvocato e nemmeno con un giudice", ha riferito il 45enne di origini siciliane. "Siamo in 32 in una gabbia, i bagni sono aperti, tutti ti vedono", ha poi aggiunto. La madre dell'uomo, Rosanna Mirabella Costa, ha raccontanto invece che il figlio era stato portato in udienza "con catene ai piedi e pure alle mani".
La struttura detentiva
La struttura detentiva può ospitare fino a 3mila migranti, con la possibilità di aggiungerne anche altri. Sorge su una ex pista d'atterraggio a meno di 50 miglia dal resort del presidente Trump a Miami e diverse volte è stato al centro delle polemiche anche a causa delle scarse condizioni di sicurezza riservate a chi sta al suo interno. Tra loro, come detto, ci sono anche l'italo-argentino Fernando Eduardo Artese ed il siciliano Gaetano Cateno Mirabella Costa. Il centro, voluto direttamente dall’amministrazione Trump, è stato costruito in solo otto giorni proprio nella regione paludosa delle Everglades, in Florida ed è stato inaugurato lo scorso 3 luglio. Il nome della strutturafa riferimento sia alla fauna locale, composta da pericolosi alligatori e pitoni, sia al nome dell'ex penitenziario federale di massima sicurezza di Alcatraz.