Trump vs Musk, la resa dei conti agita i repubblicani

Dopo alcune settimane di calma apparente, il braccio di ferro a distanza tra Donald Trump ed Elon Musk torna a scuotere la politica americana e, soprattutto, il Partito Repubblicano che controlla, nell’attuale legislatura, sia la Casa Bianca che entrambi i rami del Congresso. È passato appena un mese da quando l’uomo più ricco del mondo ed ex consigliere del presidente ha annunciato il suo addio al governo, formalizzato a inizio giugno. Ma la tensione non si è affievolita. Anzi. Nel weekend Musk ha intensificato gli attacchi a Trump, ponendosi come leader di una fronda interna al Grand Old Party, in aperta opposizione allo One, Big, Beautiful Bill, il maxi-provvedimento fiscale con cui il presidente intende attuare la sua agenda economica e che il Senato, a maggioranza repubblicana, ha approvato ieri. Il cuore dello scontro è il tema del debito e della spesa pubblica. Musk accusa l’ala Maga del partito di promuovere una politica fiscale che porterà l’America “alla bancarotta” tradendo lo spirito del Dipartimento per l’Efficienza Governativa , da lui diretto nei primi mesi del secondo mandato Trump. La replica della Casa Bianca è altrettanto dura: Trump lo ha bollato come “l’imprenditore più sussidiato della storia americana”, sostenendo che l’unico vero taglio da fare sarebbe ai finanziamenti per le auto elettriche – che favoriscono Tesla – e ai contratti federali con SpaceX. L'affondo sul maxi-provvedimento fiscale Musk aveva già definito il disegno di legge uno “abominio disgustoso” destinato a portare il Paese alla bancarotta. Ora rincara la dose: il provvedimento, che potrebbe aggiungere 4.500 miliardi di dollari al deficit nel prossimo decennio, è secondo lui “folle e distruttivo”, in grado di “cancellare milioni di posti di lavoro” e causare “un immenso danno strategico agli Stati Uniti”. In vista del voto alla Camera, riferisce il New York Times, Musk si è impegnato ad azioni concrete: sosterrà il deputato libertario Thomas Massie, tra i più convinti oppositori della legge, e ha annunciato che, se il provvedimento passerà, fonderà un nuovo soggetto politico, chiamato America Party. L’idea di “rompere il duopolio Democratici-Repubblicani” e dar vita a un partito che “rappresenti l’80% degli americani” era già emersa a inizio giugno, nel pieno della rottura con Trump. In quell’occasione, ricorda Emilio Cozzi su ISPI, Musk aveva persino evocato l’impeachment del presidente, lasciato intendere connessioni con il caso Epstein e minacciato la dismissione immediata delle capsule Crew Dragon, cruciali per le missioni della NASA. Oggi però la sua vera leva è la pressione politica: il tentativo di rientrare in gioco dopo essere stato messo all’angolo dal presidente. Il tallone d'achille: Tesla Nel 2024 Musk aveva donato circa 300 milioni di dollari alla campagna di Trump e ai candidati repubblicani più vicini alla sua linea populista. Ora minaccia di sfidare, distretto per distretto, i parlamentari conservatori che voteranno a favore della legge in vista delle Midterm del 2026. Ma il rischio è che la battaglia politica finisca per nuocere ai suoi affari. Ieri, una seduta partita con ottimismo per Tesla – trainata dagli annunci sui robotaxi – si è chiusa con un crollo del 7%, proprio mentre deflagrava il confronto con Trump. Dopo il rally seguito alla rielezione del presidente, le azioni Tesla avevano superato i 434 dollari. Ma da allora il titolo ha perso quasi il 39% della capitalizzazione. Un andamento che conferma la sensibilità degli investitori rispetto all’attivismo politico del suo fondatore, spesso percepito come destabilizzante per il gruppo. Musk dovrà dunque decidere se rilanciare davvero la sua sfida a Trump o rientrare nei ranghi. Per ora, l’unica certezza è che la sua parabola politica non si è ancora conclusa.

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