La premier Shinawatra sospesa dall’incarico: cosa succede in Thailandia?

È caos politico in Thailandia dopo che la Corte Suprema ha sospeso dall’incarico la prima ministra Paetongtarn Shinawatra, capo del governo da meno di un anno, in seguito a giorni di tensioni e forti proteste scaturite dalla malaccorta gestione di un’annosa disputa di confine con la Cambogia. La crisi che rischia di travolgere la giovane premier nasce da una telefonata, quella avuta il mese scorso con l’ex leader cambogiano Hun Sen, condivisa dal capo del governo di Phnom Pen ad alcuni alleati politici che l’hanno resa pubblica. Nella telefonata la 38enne Shinawatra, premier più giovane della storia della Thailandia, aveva cercato di risolvere la disputa territoriale di lunga data tra i due Paesi usando un tono deferente verso Hun Sen, al potere in Cambogia come premier dal 1985 al 1993 e dal 1998 al 2023, chiamandolo affettuosamente “zio” e bollando come “oppositore” un generale che aveva chiesto un inasprimento delle misure per la chiusura dei confini. La mossa della premier ha dapprima generato proteste e poi una mozione di censura nei suoi confronti da parte di diversi senatori per violazione degli “standard etici” necessari a ricoprire il ruolo di capo del governo. Una proposta che la Corte Costituzionale ha approvato con una maggioranza di 7 a 2 sospendendola temporaneamente dall’incarico. Shinawatra sotto assedio La mossa della massima corte di Bangkok arriva dopo che Shinawatra era stata pressata da diverse richieste di dimissioni e dalla crisi nella sua coalizione di governo. La premier ha assunto le sue responsabilità e si è scusata per la telefonata, sottolineando che era funzionale a negoziare con un politico esperto come Hun Sen, ma questo non è bastato a fermare il putiferio: la piazza si è riempita di manifestanti guidati dallo United Thai National Party, formazione ultranazionalista e conservatrice che ha rinfacciato a Shinawatra la presunta violazione dell’onore delle forze armate, rinfocolando antiche tensioni politiche del clan famigliare di cui la premier è rampolla, perennemente in conflitto con i vertici delle forze armate. Paetongtarn Shinawatra è la terza della sua famiglia a ricoprire l’incarico di capo del governo: il padre Thaksin, vincitore delle elezioni del 2001 e del 2005, premier populista celebrato dai suoi sostenitori come emancipatore delle fasce più povere della popolazione e criticato in patria e all'estero per un atteggiamento autoritario contro media e forze politiche ostili, fu destituito dai militari nel 2006. Le forze armate, tradizionalmente operanti come "arbitri" nella politica thailandese, deposero dopo tre anni di governo, nel 2014, anche Yingluck Shinawatra, zia di Paetongtarn. I militari thailandesi hanno spesso agito in sinergia con la monarchia di Bangkok, e il clan Shinawatra, forte delle risorse economiche dei tratti populisti e dell’innegabile carisma del suo fondatore, si è sempre presentato come un’alternativa di fatto a questo asse di potere. Questo ha scatenato più volte lotte per la leadership nel Paese del Sud-Est asiatico, oggi giunte all’ultimo capitolo. Il ritorno in auge dei militari? Del resto, il fatto stesso che la crisi scatenante sia stata la questione di confine con la Cambogia, che divide i due Paesi da un secolo, e la conseguente telefonata Shinawatra-Hun Sen, che ha riacceso il faro sul legame tra il clan famigliare della premier e l’uomo forte di Phnom Pen, ha gettato benzina sul fuoco delle proteste anti-governative guidate dai nazionalisti. Il New York Times ricorda che “in Thailandia esiste un precedente in cui i primi ministri sospesi vengono reintegrati nell'incarico”, citando un caso recente: “Nel 2022, il tribunale ha sospeso Prayuth Chan-ocha, il generale che ha estromesso Yingluck Shinawatra, con un colpo di stato, mentre esaminava una petizione per rimuoverlo dall'incarico per aver superato la scadenza del mandato”. Il generale è stato reintegrato nell'incarico dopo cinque settimane, e lo ha mantenuto fino al voto del 2023 che fece tornare la Thailandia a un governo a guida civile. Ma ad oggi il dato politico più importante è che i consensi della premier sembrano essersi profondamente deteriorati anche di fronte all’elettorato. Il Pheu Thai, il suo partito, è sceso dal 30 al 9% dei consensi in poche settimane. E sul futuro del governo pende la spada di Damocle tanto del processo di esame del caso contro la premier da parte della Corte Costituzionale, che in poche settimane porterà o alla sua destituzione definitiva o al suo reintegro, quanto dall’evoluzione delle dinamiche politiche interne. La decisione finale spetterà al re Rama X, finora silenzioso spettatore di una partita che potrebbe riportare in auge, con la sponda della Corte Costituzionale, le logiche di gestione del potere dei militari da sempre decisori cruciali nel sistema di potere di Bangkok.

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