Usa, cosa cambia per i bambini dopo la decisione della Corte Suprema sullo Ius Soli
MondoI massimi giudici hanno dato ragione al presidente, limitando il potere dei tribunali inferiori di sospendere le decisioni della Casa Bianca, tra cui l’annullamento del diritto di cittadinanza per nascita. Una decisione che potrebbe avere effetti rilevanti sulla popolazione degli Stati Uniti: di questo si è parlato a “Numeri”, il programma di SkyTG24 andato in onda il 27 giugno 2025
Vittoria per Donald Trump. La Corte Suprema, infatti, ha limitato il potere dei giudici dei tribunali inferiori di sospendere le decisioni del presidente che, nel primo mese del suo ritorno alla Casa Bianca, aveva annullato il diritto di cittadinanza per chi nasce negli Stati Uniti. “Hanno salvato la divisione dei poteri, è una sentenza importantissima. È una vittoria monumentale per la Costituzione", ha aggiunto il tycoon. “Il diritto di cittadinanza per nascita era una legge fatta all'epoca per i figli degli schiavi non per i turisti o le milioni di persone che vengono negli Stati Uniti per partorire", ha poi concluso. La valutazione della Corte suprema sul caso specifico, però, deve ancora arrivare: soltanto ad ottobre i giudici si esporranno concretamente sullo stop allo Ius Soli voluto da The Donald e sul possibile conflitto con il quattordicesimo emendamento, che espressamente disciplina la materia. Ma questo cosa può concretamente significare per lo Ius Soli e per i bambini che nasceranno negli Stati Uniti? Di questo si è parlato a Numeri, il programma di SkyTG24 andato in onda il 27 giugno 2025.
L’effetto sulle nascite
Una simile decisione avrebbe effetti rilevantissimi sulle nascite negli Stati Uniti. Se ci dovesse essere l’abolizione completa dello ius soli, infatti, 260 mila bambini che nascono ogni anno sui 3,7 milioni di bambini totali (dato del Bureau of Census) potrebbero non avere più una cittadinanza. Nel lungo periodo, questa scelta produrrebbe milioni di cittadini apolidi negli Stati Uniti.
La decisione definitiva ad ottobre
La valutazione fatta dalla Corte Suprema significa che l'ordine esecutivo del presidente sarà ufficialmente in vigore in alcune aree del Paese, con conseguente limitazione delle capacità dei giudici di bloccare le politiche del presidente a livello nazionale. A prescindere dal giudizio che arriverà a ottobre, però, questa decisione rappresenta una sonora sconfitta per i giudici federali nei vari Stati che in questi mesi hanno emanato ingiunzioni contro diverse misure varate da Trump, soprattutto in tema di immigrazione ed espulsioni. Questa decisione, infine, evidenzia ancora una volta la netta spaccatura anche in seno alla Corte, con i sei conservatori che hanno votato a favore e i tre liberal che hanno votato contro. "Alcuni sostengono che l'ingiunzione universale fornisca alla magistratura un potente strumento per controllare il potere esecutivo. Ma i tribunali federali non esercitano una supervisione generale sul potere esecutivo", ha scritto nella sentenza la conservatrice Amy Coney Barrett: "Risolvono casi e controversie in conformità con l'autorità del Congresso ha loro conferito. Quando un tribunale conclude che il potere esecutivo ha agito illecitamente, la risposta non è che il tribunale debba a sua volta eccedere i suoi". Di contro la liberal Sonia Sotomayor, esprimendo il suo dissenso dalla maggioranza dei colleghi, ha sottolineato come "lo stato di diritto non è scontato in questo Paese, né in altri. È un precetto della nostra democrazia che durerà solo se coloro che, in ogni ambito, saranno abbastanza coraggiosi, lotteranno per la sua sopravvivenza. Oggi la corte abdica al suo ruolo vitale in questo sforzo".