Londra, una città non pensata per il gran caldo

Per secoli Londra è stata sinonimo di pioggia, cieli grigi e sciarpe indossate per una buona parte dell’anno. La sua architettura, le sue infrastrutture e persino le sue abitudini quotidiane sono state costruite attorno a un clima mite, quando non freddo, spesso umido, raramente estremo. Ma negli ultimi anni questa narrazione meteorologica è stata riscritta con toni roventi. Nell’estate del 2022, la capitale britannica ha toccato un record storico: 40,2 gradi Celsius registrati a St. James’s Park e all’aeroporto di Heathrow. Un evento senza precedenti, accompagnato da incendi, interruzioni nei trasporti e un sovraccarico nei servizi sanitari e antincendio. Il Met Office, l’agenzia meteorologica nazionale, ha parlato apertamente di una “nuova era climatica” per il Regno Unito, e Londra si trova oggi al centro di un cambiamento che la città, semplicemente, non è attrezzata per affrontare. Il patrimonio edilizio londinese è un perfetto esempio del problema. Le tipiche case a schiera vittoriane o georgiane sono state progettate per trattenere il calore nei lunghi inverni. Ma in estate si trasformano in vere e proprie trappole termiche. Uno studio della University of East London ha rilevato che l’80% delle abitazioni londinesi supera regolarmente i livelli di surriscaldamento raccomandati. Nel 2011, erano solo il 18%: un balzo impressionante in poco più di un decennio. Uno studio condotto nel quartiere di Southwark, a sud del Tamigi, ha mostrato che le temperature interne in alcune abitazioni superavano anche di dieci gradi quelle esterne, raggiungendo livelli potenzialmente pericolosi per la salute. Eppure, l’aria condizionata rimane ancora una rarità: meno del 5% delle case inglesi ne è dotata, anche se la sua adozione è cresciuta rapidamente negli ultimi anni. Non solo. Nelle case “Listed Grade I e Listed Grade II”, ritenute cioè, rispettivamente, di “eccezionale interesse” e di “più che speciale interesse” , è vietato per legge l’istallazione di sistemi di aria condizionata, per non comprometterne il valore storico. Il sistema dei trasporti londinese è uno dei più trafficati al mondo - e tra i meno preparati al caldo. La metropolitana, in particolare, rappresenta una sfida logistica e ingegneristica. In alcune linee profonde, come la Central o la Piccadilly, le temperature possono superare i 35°C anche in giornate non estreme, diventando quasi insopportabili in piena estate. Nel 2006 si sono registrati picchi di 47°C nei tunnel. Il sistema di ventilazione attuale è in grado di rimuovere solo il 10% del calore prodotto: troppo poco per un sistema progettato oltre un secolo fa. Negli ultimi anni, Transport for London ha avviato alcuni progetti pilota: pannelli di raffreddamento installati alla fermata di Holborn e nuovi treni con aria condizionata previsti sulla Piccadilly Line nel 2025. Ma si tratta ancora di interventi frammentari. Nel frattempo, in estate, i pendolari continuano a viaggiare in condizioni limite, e le rotaie – esposte al sole – rischiano deformazioni e guasti che impongono rallentamenti o sospensioni dei servizi. Secondo uno studio condotto dal King's College London, meno del 20% delle scuole londinesi è dotato di sistemi efficaci per il raffreddamento degli ambienti, e solo una su dieci ha un piano di emergenza per il caldo. Il sistema sanitario britannico è anch’esso sotto pressione. Uno studio del King's Fund ha evidenziato che l’80% degli ospedali dell’NHS a Londra presenta problemi di surriscaldamento estivo. Le spese per il raffreddamento degli edifici pubblici sono cresciute del 40% tra il 2018 e il 2023, con un picco nei mesi estivi che mette in crisi anche il sistema energetico: durante la settimana più calda del 2022, il consumo elettrico domestico a Londra è cresciuto del 18% rispetto alla media stagionale. La capitale britannica è fortunatamente una città dotata di grandi parchi e spazi verdi – quasi il 33% del territorio comunale – che contribuiscono a mitigare l’effetto “isola di calore urbana”. Ma questa distribuzione non è omogenea. In quartieri poveri come Barking, Dagenham e Newham, la copertura arborea è inferiore al 13%, contro il 29% di borough come Camden o Richmond. Qui, la temperatura al suolo può essere anche di 4-6 gradi superiore rispetto alle zone verdi, peggiorando il rischio sanitario per chi ci vive. E mentre l’aria condizionata diventa una necessità per alcuni, si profila un nuovo divario sociale: chi può permettersi dispositivi di raffrescamento e ristrutturazioni è protetto, chi non può resta esposto. E il caldo non è solo un disagio: è un killer silenzioso. Nel 2022 il Regno Unito ha registrato circa 3.000 morti in più legate al caldo, secondo l’Ufficio Nazionale di Statistica e secondo uno studio della London School of Hygiene & Tropical Medicine, il rischio di mortalità aumenta significativamente già oltre i 24,8°C.Nel lungo periodo, stando a proiezioni dell’UK Climate Change Committee, il numero di decessi per caldo potrebbe triplicare entro il 2050, arrivando a oltre 7.000 morti l’anno a livello nazionale se non verranno adottate misure strutturali. Dal 2004 il Paese dispone di un piano nazionale per le ondate di calore, il “Heatwave Plan for England”, ma gli esperti concordano sul fatto che non sia sufficiente. Le allerte emesse dal Met Office spesso non raggiungono in modo efficace i cittadini, e mancano protocolli chiari per proteggere i più vulnerabili. Le nuove norme edilizie introdotte nel 2021 obbligano le nuove costruzioni a mitigare il surriscaldamento, ma non si applican al vasto patrimonio esistente. In una città dove l’80% degli edifici ha più di 30 anni, questo è un problema enorme.

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Tiziana Prezzo