L'incontro tra la delegazione europea e Teheran riaccende la luce dei negoziati sulla guerra in Medio Oriente. Il ministro degli Esteri Abbas Araghchi, l'uomo del dialogo del regime degli ayatollah, avverte: un negoziato vero e proprio è possibile solo se Israele fermerà gli attacchi. Si attende intanto che Trump decida se attaccare o meno l'Iran "entro due settimane"
Nessuna svolta particolare, ma un comune appello a non abbandonare la ricerca di un negoziato per fermare la possibile escalation del conflitto in corso tra Iran e Israele. Così si è concluso l'atteso vertice di Ginevra tra la delegazione europea e Teheran, che riaccende la luce delle trattative sulla guerra in Medio Oriente. Un piccolo passo in avanti, contando che comunque l'obiettivo di Francia, Gran Bretagna, Germania e Ue era innanzitutto che la diplomazia tornasse a farsi spazio tra le bombe. Con una precisazione non indifferente: per l'Occidente resta e resterà "una priorità" la sicurezza di Israele, che intanto continua a bombardare l'Iran. E Teheran parla chiaramente: un negoziato vero e proprio è possibile solo se Israele fermerà gli attacchi. Si attende intanto che Trump decida se attaccare o meno l'Iran "entro massimo due settimane".
Iran "pronto al dialogo"
"L'Iran è pronto al dialogo", ha quindi ribadito il ministro degli Esteri Abbas Araghchi, l'uomo del dialogo del regime degli Ayatollah, che ha concesso una - minima - apertura sul programma nucleare iraniano. E non ha negato ai suoi interlocutori la possibilità che i colloqui proseguano con gli Usa sul nucleare. A lui gli europei hanno chiesto anche lo stop al sostegno militare dell'Iran alla Russia e a gruppi terroristici come Hamas.
Le concessioni di Teheran sul nucleare
Resta però indubbiamente il nucleare la questione principale. La delegazione europea - che prima del vertice con Araghchi si è riunita in un pre-summit informale - si è seduta al tavolo con una posizione chiara: l'Iran non potrà mai avere l'atomica. Di fatto Teheran ha messo sul piatto "possibili concessioni" sul programma nucleare, inclusa quella di porre dei limiti all'arricchimento dell'uranio. Una riduzione che non significa azzeramento. Ma è nel contorno di questi limiti che il negoziato può farsi strada. L'Aiea, ha assicurato il direttore Rafael Grossi, "può garantire, attraverso un sistema di ispezioni inconfutabili, che in Iran non verranno sviluppate armi nucleari".

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Il ruolo di Trump
L'Iran è consapevole che in tutta questa situazione la figura esterna forse più importante resta quella del presidente degli Stati Uniti. "Trump può facilmente fermare la guerra con una sola telefonata agli israeliani", ha suggerito un funzionario della presidenza iraniana. Posizione condivisa dal Vecchio Continente. "L'Iran deve proseguire i colloqui con gli Usa", è stata la sollecitazioni di David Lammy, Segretario di Stato Uk per gli affari esteri. Poche ore prima, da Washington, il ministro britannico aveva quasi anticipato l'esito del vertice di Ginevra, parlando di una "finestra per la diplomazia".
