Ue propone riforme sui Paesi terzi sicuri per i migranti

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Nella proposta si legge: "Gli Stati membri potranno scegliere di applicare il concetto di Paese terzo sicuro qualora sussista un collegamento quale definito dal diritto nazionale". Inoltre, "in assenza di collegamenti o transiti, il concetto può essere applicato se esiste un accordo o un'intesa con un Paese terzo sicuro"

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La Commissione Ue propone oggi norme che faciliteranno l'applicazione del concetto di Paese terzo sicuro da parte degli Stati membri, "accelerando le procedure" di asilo e "riducendo la pressione" sui sistemi di ricezione dei 27 ("preservando al contempo le garanzie giuridiche e assicurando il rispetto dei diritti fondamentali"). Tra le novità si evince: "Il collegamento tra il richiedente asilo e il Paese terzo sicuro non sarà più obbligatorio", ma definito dal diritto nazionale, e "il transito attraverso un Paese terzo sicuro prima di raggiungere l'Ue potrà "essere considerato un criterio sufficiente per applicare il concetto". 

La proposta

Nella proposta, infatti, si legge: "Gli Stati membri potranno scegliere di applicare il concetto di paese terzo sicuro qualora sussista un collegamento quale definito dal diritto nazionale". Inoltre, "in assenza di collegamenti o transiti, il concetto può essere applicato se esiste un accordo o un'intesa con un Paese terzo sicuro". "Tale accordo o intesa - spiega la commissione - garantirà che la richiesta di protezione effettiva sia esaminata nel Paese terzo sicuro, affinché i richiedenti possano beneficiare di protezione se ne sussistono i presupposti". Ma questa opzione non si applicherà "ai minori non accompagnati". Infine, al fine di ridurre i ritardi procedurali e prevenire gli abusi, la Commissione propone che i ricorsi contro le decisioni di inammissibilità basate sul concetto di Paese terzo sicuro "non abbiano più effetto sospensivo automatico". La proposta prevede inoltre che gli Stati membri informino la Commissione e gli altri Stati membri prima di concludere accordi o intese con Paesi terzi sicuri poiché ciò consentirà alla Commissione di verificare che tali accordi o intese soddisfino le condizioni stabilite dal diritto dell'Ue. Ai sensi del diritto comunitario, infatti, i Paesi terzi possono essere considerati sicuri se soddisfano una serie di condizioni, quali "la protezione contro il respingimento, l'assenza di un rischio reale di danni gravi e di minacce alla vita e alla libertà per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un gruppo sociale o opinioni politiche, nonché la possibilità di chiedere e ottenere una protezione effettiva".

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