Trump-Zelensky, scintille sulla Crimea. I rischi dell’ultima proposta Usa

Tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky sono nuovamente scintille dopo che l’Ucraina ha rispedito al mittente una nuova proposta statunitense per porre fine alla guerra con la Russia che Kiev ha giudicato eccessivamente accomodante verso i desiderata di Mosca. E il sospetto è che le minacce americane di ritirarsi dalla mediazione tra Russia e Ucraina se entro fine mese non fosse stato raggiunto un accordo siano a un passo dal realizzarsi. Cosa prevede la proposta Usa Il piano di Trump, rivelato martedì sera da Axios e confermato ieri dall’India dal vicepresidente J.D. Vance, prevedeva sostanzialmente il congelamento del fronte alla linea attuale, che vede la Russia occupare buona parte del Donbass, il riconoscimento della sovranità di Mosca sulla Crimea, la graduale revoca delle sanzioni occidentali al Paese di Vladimir Putin e lo stop definitivo a qualsiasi aspirazione dell’Ucraina per l’ingresso nella Nato. In cambio, per Kiev, solo vaghe garanzie di sicurezza, dalla promessa del sostegno all’Ucraina di un generico “gruppo di Paesi europei ed extra-europei” desideroso di mantenere la pace al cui interno non sono però menzionati gli Usa a un altrettanto vago impegno per la ricostruzione del Paese. Due sole le concessioni materiali, limitate, che l’Ucraina spunterebbe: il via libera alla libertà di navigazione sul fiume Dniepr, in certe aree del Paese corrispondente alla linea del fronte nel sud dell’Ucraina, e la restituzione delle fasce di territorio occupate dalla Russia vicino Kharkiv. Troppo poco per Zelensky, che in particolar modo ha ritenuto inaccettabile l’idea di dover riconoscere la sovranità russa sulla Crimea, la cui occupazione da parte di Mosca segnò una cesura nei rapporti tra i due Paesi ex-sovietici dopo i moti di Euromaidan nel 2014. Kiev in passato si è detta pronta a un cessate il fuoco sulle attuali linee del fronte se accompagnato da solide garanzie di sicurezza, purché ciò non implicasse il formale riconoscimento della sovranità del Cremlino su porzioni di territorio del Paese. Ma per l’Ucraina la Crimea resta, sul piano politico-ideologico, una linea rossa invalicabile: nonostante sia pressoché impossibile per le truppe di Zelensky poter pensare di riappropriarsi di un territorio gestito da Mosca come parte integrante del suo territorio metropolitano. Zelensky contro Trump “Questo è il nostro territorio, il territorio dell'Ucraina", ha dichiarato Zelensky al Wall Street Journal nella giornata di ieri, sottolineando che non ci fosse “nulla di cui parlare” e ricordando che gli Usa stessi, nel 2018, hanno sottoscritto una dichiarazione in cui sostenevano il ritorno della Crimea a Kiev. Il presidente di allora, va ricordato, era Trump. Il quale ha reagito con rabbia attaccando Zelensky come “incendiario” e irresponsabile dal suo profilo Truth, sottolineando che “dichiarazioni di questo tipo alimentano solo i massacri” e allungano la guerra, come a suggerire che Kiev fosse in qualche modo da criticare per il prosieguo della guerra. Nel frattempo, dopo la pubblicazione delle notizie sul piano Trump, ritenuta l’ultima offerta a Kiev e Mosca, a Londra è di fatto saltato un vertice tra Usa, Ucraina, Francia, Germania e Regno Unito a cui avrebbe dovuto partecipare il segretario di Stato Marco Rubio, che nella giornata di venerdì 18 aprile aveva paventato il ritiro americano dalla mediazione in caso di mancato accordo. Dopo aver parlato al telefono il giorno prima con l’omologo britannico David Lammy, Rubio si è chiamato fuori dal vertice che è finito per essere derubricato a un incontro tecnico tra funzionari. La distanza tra le due sponde dell’Atlantico sull’Ucraina non è mai stata tanto ampia. “Gli alleati europei, che nelle ultime settimane hanno promesso maggiore sostegno militare ed economico a Zelensky, hanno accusato Trump di aver sostanzialmente cambiato schieramento nella guerra, e che il suo vero obiettivo sia quello di mettere da parte l'Ucraina e trovare un modo per normalizzare le relazioni americane con Mosca”, nota il New York Times. I rischi della proposta di Trump Gli europei contestano a Trump di non aver sostanzialmente voluto far pressione sulla Russia e di aver messo in cima ai suoi obiettivi la fine della guerra a qualunque costo, anche tramite il sacrificio dell’Ucraina. L’idea di approvare la cessione della Crimea alla Russia è problematica anche per il fatto che rischia di creare una falla nella leadership americana sull’Occidente e di danneggiare i rapporti con gli alleati. Il New York Times ricorda che nel 2022, da senatore della Florida, Rubio “ha co-firmato una proposta di legge che vieta agli Stati Uniti di riconoscere in qualsiasi momento qualunque rivendicazione di sovranità russa sulle parti dell'Ucraina da essa conquistate”. Rubio ai tempi commentò la proposta sottolineando che “gli Stati Uniti non possono riconoscere le ambizioni di Putin, altrimenti rischiamo di creare un precedente pericoloso che altri regimi autoritari, come il Partito Comunista Cinese, potrebbero imitare". Oggi l’amministrazione di cui fa parte accetterebbe di cedere, di fatto, un quinto dell’Ucraina alla Russia senza colpo ferire e senza precise garanzie a Kiev in cambio di vaghe formule e promesse. Il rischio politico e d’immagine insito in questa proposta, che finora non sta dando i frutti attesi a Washington, è facilmente intuibile. Alla prova dei fatti Washington non si sta dimostrando in grado di fermare la guerra. E questo è un flop che presto Trump dovrà correre il rischio di ammettere dopo aver precedentemente danneggiato i rapporti con gli alleati e la stessa Ucraina in nome di un’azzardata trattativa con Putin. Zelensky contro Trump “Questo è il nostro territorio, il territorio dell'Ucraina", ha dichiarato Zelensky al Wall Street Journal nella giornata di ieri, sottolineando che non ci fosse “nulla di cui parlare” e ricordando che gli Usa stessi, nel 2018, hanno sottoscritto una dichiarazione in cui sostenevano il ritorno della Crimea a Kiev. Il presidente di allora, va ricordato, era Trump. Il quale ha reagito con rabbia attaccando Zelensky come “incendiario” e irresponsabile dal suo profilo Truth, sottolineando che “dichiarazioni di questo tipo alimentano solo i massacri” e allungano la guerra, come a suggerire che Kiev fosse in qualche modo da criticare per il prosieguo della guerra. Nel frattempo, dopo la pubblicazione delle notizie sul piano Trump, ritenuta l’ultima offerta a Kiev e Mosca, a Londra è di fatto saltato un vertice tra Usa, Ucraina, Francia, Germania e Regno Unito a cui avrebbe dovuto partecipare il segretario di Stato Marco Rubio, che nella giornata di venerdì 18 aprile aveva paventato il ritiro americano dalla mediazione in caso di mancato accordo. Dopo aver parlato al telefono il giorno prima con l’omologo britannico David Lammy, Rubio si è chiamato fuori dal vertice che è finito per essere derubricato a un incontro tecnico tra funzionari. La distanza tra le due sponde dell’Atlantico sull’Ucraina non è mai stata tanto ampia. “Gli alleati europei, che nelle ultime settimane hanno promesso maggiore sostegno militare ed economico a Zelensky, hanno accusato Trump di aver sostanzialmente cambiato schieramento nella guerra, e che il suo vero obiettivo sia quello di mettere da parte l'Ucraina e trovare un modo per normalizzare le relazioni americane con Mosca”, nota il New York Times. I rischi della proposta di Trump Gli europei contestano a Trump di non aver sostanzialmente voluto far pressione sulla Russia e di aver messo in cima ai suoi obiettivi la fine della guerra a qualunque costo, anche tramite il sacrificio dell’Ucraina. L’idea di approvare la cessione della Crimea alla Russia è problematica anche per il fatto che rischia di creare una falla nella leadership americana sull’Occidente e di danneggiare i rapporti con gli alleati. Il New York Times ricorda che nel 2022, da senatore della Florida, Rubio “ha co-firmato una proposta di legge che vieta agli Stati Uniti di riconoscere in qualsiasi momento qualunque rivendicazione di sovranità russa sulle parti dell'Ucraina da essa conquistate”. Rubio ai tempi commentò la proposta sottolineando che “gli Stati Uniti non possono riconoscere le ambizioni di Putin, altrimenti rischiamo di creare un precedente pericoloso che altri regimi autoritari, come il Partito Comunista Cinese, potrebbero imitare". Oggi l’amministrazione di cui fa parte accetterebbe di cedere, di fatto, un quinto dell’Ucraina alla Russia senza colpo ferire e senza precise garanzie a Kiev in cambio di vaghe formule e promesse. Il rischio politico e d’immagine insito in questa proposta, che finora non sta dando i frutti attesi a Washington, è facilmente intuibile. Alla prova dei fatti Washington non si sta dimostrando in grado di fermare la guerra. E questo è un flop che presto Trump dovrà correre il rischio di ammettere dopo aver precedentemente danneggiato i rapporti con gli alleati e la stessa Ucraina in nome di un’azzardata trattativa con Putin.

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