Gaza, Iran, dazi: Netanyahu torna da Trump alla Casa Bianca

Benjamin Netanyahu torna alla Casa Bianca per incontrare Donald Trump, ribadire i legami sempre più solidi tra Israele e Stati Uniti e delineare strategie comuni per il Medio Oriente nel pieno della rinnovata offensiva di Tel Aviv a Gaza e del rilancio dell’operazione di contrasto ai ribelli yemeniti Houthi da parte di Washington. Nella serata italiana il capo di governo dello Stato Ebraico incontrerà il presidente Usa per la seconda volta in meno di tre mesi in un vertice bilaterale che avrà al centro la situazione a Gaza ma si concentrerà anche su altri temi caldi per i rapporti tra Tel Aviv e Washington come l’atteggiamento da tenere verso l’Iran e le tensioni commerciali internazionali. Gaza, sintonia totale tra Israele e Usa Sul fronte del conflitto a Gaza, l’allineamento tra Trump e Netanyahu è totale. Israele ha rotto unilateralmente il cessate il fuoco nella giornata del 18 marzo dopo aver cercato di cambiare le carte in tavola nelle trattative con Hamas. Tel Aviv è tornata a bombardare dopo settimane di stallo diplomatico in cui si era mossa provando a forzare i governanti della Striscia ad accettare una proposta di tregua avanzata dall’inviato di Trump Steve Witkoff che di fatto avrebbe imposto la liberazione degli ostaggi ancora detenuti senza alcuna garanzia sul ritiro dell’Israel Defense Force da Gaza. La Casa Bianca ha fornito una sponda diplomatica e politica a Netanyahu e alla decisione di riprendere le ostilità, non chiudendo nemmeno all’ipotesi di un prosieguo a tempo indeterminato della presenza militare israeliana nel territorio palestinese. Trump approva la nuova linea di Tel Aviv Nella giornata di mercoledì 2 aprile Netanyahu ha annunciato il nuovo corridoio Morag volto a isolare la città di Rafah dal resto della Striscia, una mossa in controtendenza rispetto agli accordi del disatteso cessate il fuoco, che prevedeva il percorso verso un graduale ritiro dell’Idf. "Stiamo tagliando la striscia e stiamo aumentando la pressione passo dopo passo, in modo che ci diano i nostri ostaggi", ha detto Netanyahu esplicitando la nuova strategia israeliana. La visita, nota il Jerusalem Post, “si svolge mentre Israele estendende la sua offensiva a Gaza” e dall’opinione pubblica dello Stato Ebraico la scelta di Trump di accogliere Netanyahu “sarà vista come un'approvazione da parte degli Stati Uniti delle nuove tattiche israeliane”. La testata conservatrice di Gerusalemme segnala in particolare come prova della maggior connivenza di Trump con la strategia di Netanyahu il fatto che la sua amministrazione ha totalmente eliminato ogni riferimento alla tutela dei diritti umani e della popolazione civile di Gaza dall’offensiva israeliana, temi su cui invece spesso il predecessore Joe Biden si è scontrato col premier di Tel Aviv. Iran, dossier caldo Strettamente collegato al fronte palestinese è invece quello iraniano, dato che tanto Trump quanto Netanyahu hanno l’obiettivo di estendere la sintonia d’intenti sul Medio Oriente al rafforzamento del contrasto a Teheran. Il fine di questa mossa è esercitare pressione sulla Repubblica Islamica e depotenziarne la capacità di proiezione regionale. Rientrano in questa strategia anche mosse come gli attacchi americani sugli Houthi in Yemen, che seguono i ripetuti raid israeliani dei mesi scorsi. Ridimensionare con forza l’Iran e renderlo definitivamente incapace di minacciare le posizioni di Usa e Israele in Medio Oriente è un obiettivo comune per Trump e Netanyahu. Usa e Israele hanno idee diverse sulla strada da intraprendere per realizzarlo. Trump mira a capitalizzare l’indebolimento dell’Iran avvenuto nel 2024 con i duri colpi subiti con l’attacco israeliano a Hezbollah in Libano e la caduta della Siria di Bashar al-Assad imponendo a Teheran un accordo che ne certifichi la rinuncia alle ambizioni nucleare e la ritirata dalla regione. Netanyahu, invece, non chiude all’ipotesi dello scontro diretto con l’Iran: “Israele potrebbe lanciare un attacco militare contro le strutture iraniane se non si raggiungesse un accordo”, nota il Guardian, mentre la rete saudita Al Hadath ha riferito sabato che Washington sta rafforzando il suo appoggio militare a Israele in senso anti-iraniano, inviando sistemi contraerei Thaad e Patriot nello Stato Ebraico per rafforzarne la capacità di risposta a eventuali attacchi missilistici di Teheran. Il nodo dazi Quella tra gli Usa e Israele è intesa da Trump e Netanyahu come una vera e propria “relazione speciale” in campo geopolitico, ma restano anche dei temi su cui i due leader dovranno risolvere delle questioni aperte. Il più caldo e urgente è quello dei dazi “reciproci” americani che non hanno risparmiato Israele: Tel Aviv è stata colpita da tariffe al 17% su tutte le sue esportazioni negli Usa, una mossa che rischia di mettere in difficoltà un’economia già colpita da diciotto mesi di conflitto e dalla continua mobilitazione di parte della forza lavoro per lo sforzo bellico. “Netanyahu aveva cercato di evitare le tariffe alla vigilia dell'annuncio di Trump annullando i dazi doganali israeliani sui prodotti americani, ma senza successo”, nota il New York Times. Il primo ministro sarà anche il primo leader a raggiungere la Casa Bianca dopo l’avvio della guerra commerciale globale dell’amministrazione Trump e mirerà a uscirne strappando un accordo favorevole sui dazi. Oltre un quarto delle merci esportate da Israele, per un valore che supera i 20 miliardi di dollari annui, prendono la strada degli Usa. Tra queste si segnalano semiconduttori, macchinari industriali, componenti elettronici, farmaci ed altri prodotti dell’innovativa e dinamica industria israeliana. Israele otterrà l’esenzione da alcune tariffe? La speranza di Netanyahu è dettare la linea anche su questo fronte, per valorizzare un rapporto politico e personale centrale per la sua agenda politica e ribadire la totale sintonia tra Washington e Tel Aviv già esplicita nei comuni obiettivi strategici in Medio Oriente.

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