Trump punta davvero al terzo mandato?

La cosa più sorprendente è che non è affatto sorprendente. Ormai dovremmo tutti aver capito che quando Trump dice qualcosa - qualunque cosa – è sempre terribilmente serio. Nel corso della campagna elettorale in molti avevano liquidato come semplici sparate acchiappa voti le dichiarazioni sul Canada cinquantunesimo stato, sul Canale di Panama che doveva tornare agli Stati Uniti, sulla Groenlandia da annettere a tutti i costi, sulla grazia ai rivoltosi del 6 gennaio… Potrei continuare. Non erano sparate, semmai un dettagliato programma di governo. Quando Trump introduce un argomento pianta un seme quasi sempre destinato a dare frutti, anche al di là delle intenzioni del Presidente. Il 10 febbraio scorso, sul New York Times, Maggie Haberman scriveva che "anche quando Trump presenta qualcosa come uno scherzo, l'idea che suggerisce spesso diventa comune tra i suoi sostenitori, sia uomini politici che commentatori di destra. Il concetto comincia così a guadagnare peso, anche per lo stesso Trump". Qualcosa del genere è successa con l’ipotesi di correre per un terzo mandato, un’idea che gira per la testa di Trump dal 2020 ma alla quale recentemente ha fatto riferimento più volte. 13 novembre 2024. Il Presidente eletto parla ai repubblicani della Camera: "Sospetto che non mi ricandiderò a meno che non diciate: è così bravo che dobbiamo trovare un'altra soluzione'". Durante un comizio a Las Vegas, pochi giorni dopo l’insediamento, Trump ha detto: "sarà il più grande onore della mia vita servire non una, ma due, tre o quattro volte". Qualche ora dopo ha chiarito che era tutto uno scherzo, ma intanto il seme era stato piantato. In Florida, all’inizio della sua seconda settimana di mandato, Trump ha fatto il finto tonto. "Ho raccolto un sacco di soldi per le prossime elezioni, soldi che presumo non potrò usare per me stesso, ma non ne sono sicuro al cento per cento perché non lo so". Il Presidente era a Washington quando, il sei febbraio, è tornato per l’ennesima volta sull’argomento. "Dicono che non posso più correre. Così dicono. Poi però qualcuno ha detto solo: non credo tu possa". Sorrisino. Possiamo pensare che a fermare Trump sarà il verdetto impietoso dell’anagrafe. In fondo nel 2028 avrà 82 anni : potrebbe semplicemente non avere più la voglia o le capacità per essere Presidente. Ma le ragioni per provarci appaiono più impellenti di quelle a sfavore. Dopo l’insediamento del nuovo Presidente il procuratore speciale Jack Smith ha congelato i procedimenti federali a suo carico, lasciando però aperta la possibilità che in futuro il Dipartimento di Giustizia riapra le inchieste, quando Trump non sarà più alla Casa Bianca. Il desiderio di scampare a eventuali condanne sembra un buon motivo per andare avanti contro tutto e tutti, anche contro la Costituzione. Il Ventiduesimo Emendamento, approvato nel 1951, stabilisce infatti che “nessuno sarà eletto Presidente più di due volte”. In un’intervista alla Nbc, è stato lo stesso Trump ad ammettere che non si tratta di uno scherzo, salvo poi aggiungere che al momento è concentrato soprattutto sul presente. Come potrebbe fare Trump per rimanere alla Casa Bianca? La prima ipotesi è quella avanzata proprio durante l’intervista con “Meet the Press”. Vance corre come Presidente e sceglie Trump come vice, con la promessa esplicita di farsi da parte una volta ottenuta la vittoria. Il Ventiduesimo Emendamento, infatti, vieta a chi sia stato Presidente per due mandati di essere eletto una terza volta, ma non impedisce di arrivare alla Casa Bianca per altre vie. Qualcuno solleva un’obiezione legata a un altro Emendamento, il Dodicesimo, secondo il quale chiunque sia ineleggibile alla carica di Presidente deve essere considerato ineleggibile anche a quella di Vice Presidente. Trump, ineleggibile come Presidente per via del Ventiduesimo Emendamento, sarebbe dunque ineleggibile anche al ruolo di Vice Presidente. Ma in realtà il Ventiduesimo Emendamento non parla di ineleggibilità rispetto alla carica, esclude semplicemente dalla possibilità di candidarsi per ottenerla: ancora una volta siamo alla distinzione tra essere eletto e diventare Presidente per altre vie. Il rischio, semmai, sarebbe quello che Vance decidesse, in caso di vittoria, di rinnegare l’accordo e restarsene alla Casa Bianca come Comandante in Capo. Il patto pre-elettorale, infatti, non sarebbe legalmente vincolante, e la chat Signal trapelata sull’Atlantic qualche giorno fa ci ha mostrato un Vance molto meno obbediente di quello che siamo abituati a osservare in pubblico. Se tuttavia l’intesa fosse pubblica, il favore dell’elettorato repubblicano per Trump potrebbe fare tutta la differenza: un popolo MAGA ancora innamorato del proprio leader eserciterebbe su Vance una pressione davvero difficile da ignorare. La seconda ipotesi è la più corretta da un punto di vista formale, ma è anche quella meno praticabile: abolire il Ventiduesimo Emendamento. Serve il sì dei due terzi di entrambe le Camere, o la richiesta di una Convention costituzionale da parte dei due terzi degli Stati. La modifica dovrebbe poi essere approvata dai tre quarti degli Stati. Difficile immaginare un tale grado di consenso su un personaggio così divisivo, anche se il parlamentare repubblicano del Tennessee Ogles ha già avanzato una velleitaria proposta di modifica costituzionale. La terza ipotesi è di una linearità quasi brutale : candidarsi comunque, infischiandosene delle regole. Una scelta del genere porterebbe inevitabilmente a una battaglia giudiziaria destinata a concludersi davanti alla Corte Suprema. La tesi che i conservatori sosterrebbero in questo caso è già chiara. Il Ventiduesimo Emendamento non distingue tra mandati consecutivi e non consecutivi , ma la gran parte dei costituzionalisti è concorde nell’affermare che la regola si applica anche nel caso in cui tra i due incarichi ci sia una soluzione di continuità. Lo spiraglio è molto piccolo, dunque, ma non abbastanza perché i trumpiani non provino a infilarcisi. Ero davanti al palco, nel dicembre scorso, quando il guru del popolo MAGA Steve Bannon, parlando al Gala dei Giovani Repubblicani di New York Young, ha detto: “visto che il Ventiduesimo Emendamento non specifica, non lo so… Forse dobbiamo provarci di nuovo nel 2028? Siete pronti? Trump 2028?”. Dalla platea si è alzato un fragoroso applauso. In fondo cosa dice la Costituzione americana lo decide la Corte Suprema, che oggi ha un orientamento molto conservatore. I giudici, tuttavia, hanno recentemente dimostrato di essere pronti a far valere la propria indipendenza, quando lo ritengono opportuno. I repubblicani hanno cominciato a tacciare di iniquità la rigida norma del Ventiduesimo Emendamento, e non da oggi. Su American Conservative, un anno fa, Peter Tonguette scriveva: "Se un Presidente torna, dopo una serie di anni, a candidarsi di nuovo per la carica e si dimostra così popolare da guadagnarsi un secondo mandato non consecutivo, come Trump sembra destinato a fare, negargli il diritto di candidarsi per un secondo mandato consecutivo è una violazione del fair play. Se entro il 2028 gli elettori riterranno che Trump avrà fatto un pessimo lavoro, potranno scegliere un altro candidato; ma se riterranno che avrà mantenuto le sue promesse, perché dovrebbe essere negata loro la libertà di sceglierlo ancora una volta?" Secondo Tonguette il Ventiduesimo Emendamento non è altro che una cattiva idea, “una limitazione della libertà di cui non si sente il bisogno”. In un post condiviso dallo stesso Trump, il Vice Governatore del Texas Patrick ha scritto: "se questi successi andranno avanti a questo ritmo per quattro anni, e non c'è motivo per cui questo non accada, la maggior parte degli americani di certo non vorrà che [Trump] se ne vada". Tutto dipenderà, in ultima analisi, dal sostegno dei cittadini: se la consistenza del popolo MAGA dovesse ridursi, se l’opposizione a Trump dovesse acquistare forza e farsi più capillare, se i settori colpiti dalle purghe trumpiane dovessero riorganizzarsi e rialzare la testa, tentare di rimanere al potere sarebbe un azzardo destinato alla disfatta. Ma se tutto questo non accadesse, Trump potrebbe cercare di ottenere il terzo mandato nella maniera più semplice e più sconvolgente nello stesso tempo: rifiutando di andarsene. Potrebbe annullare le elezioni giustificando la decisione con qualche tipo di presunta emergenza nazionale, oppure potrebbe non riconoscere l’esito del voto, come d’altronde ha già fatto nel 2021. Le dichiarazioni di questi giorni, a quel punto, apparirebbero come i primi passi di una lente rivoluzione costituzionale, o magari di un golpe. Come ha fatto notare Politico “chi studia l'autoritarismo sottolinea che, quando le norme che limitando i mandati vengono soppresse, il colpevole di solito non è un singolo ed evidente colpo di stato. L'erosione avviene lentamente, spesso con la complicità di persone e istituzioni all'interno del sistema costituzionale”. Trump ha graziato tutti coloro che sono stati accusati per i disordini del 6 gennaio 2021. Potrebbe essere stato un buon modo per convincerli a riprovarci. Ma forse questa è solo fantapolitica. Forse ha ragione Maggie Haberman. "La mossa del terzo mandato potrebbe avere anche un altro scopo. Tenere sotto controllo i repubblicani del Congresso anche quando il mandato sta per scadere, mentre si cerca di allargare i limiti del potere esecutivo”. In questo caso le parole di Trump si spiegherebbero quindi con il tentativo di restare al centro della scena politica, conservando intatta la presa sul Partito Repubblicano. Difficile obbedire a un leader sul viale del tramonto. Ancor più difficile disobbedire a un re che minaccia di restare sul trono per sempre.

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