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Chat Pentagono, The Atlantic sfida Trump e svela piani di guerra. Scontro con Casa Bianca

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Usa, giornalista aggiunto per errore in chat del Pentagono
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Usa, giornalista aggiunto per errore in chat del Pentagono
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Prosegue il caso del controverso uso della app Signal per una chat top secret sui raid contro gli Houthi e l'inclusione accidentale del direttore della rivista. Il direttore del magazine ha pubblicato stralci della conversazione, con tanto di screenshot. Il consigliere per la Sicurezza Waltz si scusa ma Rubio dice: "Qualcuno ha fatto un grande errore”. La Casa Bianca minimizza ma poi ammette: "Faremo cambiamenti". Intanto Spiegel rivela: "Dati privati di alti funzionari Usa sono online"

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È scontro aperto tra The Atlantic e l'amministrazione Trump sul chat-gate, il controverso uso della app Signal per una chat del Pentagono sugli imminenti raid contro gli Houthi e l'inclusione accidentale del direttore della rivista da parte del consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz. Il direttore del magazine Jeffrey Goldberg ha sfidato la Casa Bianca pubblicando stralci della chat, con tanto di screenshot. "Ecco i piani di attacco che i consiglieri di Trump hanno condiviso su Signal", ha titolato. In precedenza si era astenuto dal rivelare dettagli specifici per non compromettere la sicurezza nazionale e la vita dei soldati americani. Ma a fargli cambiare idea è stata la linea di difesa del governo, da Trump a Waltz, dal capo del Pentagono Pete Hegseth ai dirigenti dell'intelligence: tutti hanno negato che si trattasse di piani di guerra o di materiale classificato, accusando Goldberg di mentire.

La mossa della rivista

"Queste dichiarazioni - ha spiegato il direttore della rivista - ci hanno posto di fronte a un dilemma" e "ci hanno portato a credere che le persone dovrebbero vedere i testi per trarre le proprie conclusioni. C'è un chiaro interesse pubblico nel divulgare il tipo di informazioni che i consiglieri di Trump hanno incluso in canali di comunicazione non sicuri, soprattutto perché le figure di spicco dell'amministrazione stanno tentando di minimizzare il significato dei messaggi che sono stati condivisi". Prima di pubblicare la chat, Goldberg ha chiesto a tutti i vertici della sicurezza nazionale se si opponessero, alla luce delle dichiarazioni ufficiali secondo cui non c'era nulla di top secret. L'unica a rispondere è stata la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, la quale ha ribadito trattarsi di informazioni non classificate ma che "ciò non significa che incoraggiamo la divulgazione della conversazione". Quindi, ha aggiunto, "ci opponiamo”. The Atlantic ha tirato dritto pubblicando tutta la chat, dove Hegseth ha rivelato il piano di attacco agli Houthi 31 minuti prima che gli F-18 americani entrassero in azione e due ore e un minuto prima che il primo bersaglio Houthi venisse eliminato. Se queste informazioni fossero state ricevute da qualche nemico, o da qualcuno semplicemente indiscreto e con accesso ai social media, gli Houthi avrebbero avuto il tempo di prepararsi a quello che avrebbe dovuto essere un attacco a sorpresa alle loro roccaforti, con possibili conseguenze catastrofiche per i piloti americani.

Aerial view of the Pentagon building in Arlington, Va.

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La reazione della Casa Bianca

In un primo momento la Casa Bianca ha insistito sulla sua narrativa. Secondo la portavoce, con la pubblicazione della chat “The Atlantic ha ammesso: quelli non erano 'piani di guerra'. Tutta questa storia è un'altra bufala scritta da un odiatore di Trump, noto per la sua retorica sensazionalistica". Poi ha rincarato la dose nel briefing: "È una storia sensazionalistica, era solo una discussione politica, Goldberg è un democratico e un bugiardo", ha detto, difendendo Signal come app "approvata e sicura". Sulla stessa lunghezza d'onda il vicepresidente Vance: "Goldberg ha sopravvalutato ciò che aveva", ha scritto su X, mentre anche i vertici dell'intelligence Usa torchiati alla Camera mantenevano il punto, pur ammettendo l'errore di aver incluso il giornalista nella chat: "nessuna informazione classificata". Un refrain rilanciato anche dal segretario di stato Usa Marco Rubio, - secondo cui però "qualcuno ha fatto un grande errore" - e dal principale accusato, Waltz: "Nessuna posizione. Nessuna fonte e metodo. Nessun piano di guerra. I partner stranieri erano già stati informati che gli attacchi erano imminenti", ha postato il consigliere per la sicurezza nazionale, che si è comunque scusato e assunto la responsabilità dell'errore, chiedendo irritualmente aiuto a Elon Musk e alla sua tecnologia "per capire cosa sia successo". Dopo le critiche però la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha cambiato versione: "Non abbiamo mai negato che si sia trattato di un errore, e il consigliere per la sicurezza nazionale se ne è assunto la responsabilità. E abbiamo detto che stiamo apportando delle modifiche. Stiamo esaminando la questione per assicurarci che non possa mai più accadere".

Cosa può succedere ora

Pur avendo confermato la sua fiducia a Waltz, scrive Politico, Trump si sarebbe infuriato con lui, e non solo per aver violato i protocolli di sicurezza ma anche per avere tra i suoi numeri di telefono quello del direttore di The Atlantic, la rivista che aveva chiesto il suo impeachment nel 2019 e che aveva rivelato le sue frasi offensive contro i caduti americani in guerra ("idioti e perdenti”). Nel frattempo montano le richieste di dimissioni da parte dei dem mentre una Ong ha avviato una prima causa contro il segretario alla difesa Pete Hegseth e altri membri della sicurezza nazionale per l'uso di Signal.

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Spiegel: dati privati di alti funzionari Usa sono online

Dopo il Signal-gate, lo Spiegel ha rivelato oggi una nuova falla nella sicurezza dell'amministrazione Usa, scrivendo che sono online i dati privati e le password di alti funzionari della sicurezza degli Stati Uniti, tra i quali il segretario alla Difesa degli Stati Uniti Pete Hegseth, il consigliere per la sicurezza Mike Waltz e la direttrice dell'intelligence nazionale Tulsi Gabbard. Attraverso ricerche ha dimostrato che i numeri di cellulare, gli indirizzi e-mail e persino alcune password di alti funzionari statunitensi sono in fonti aperte su Internet.

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