Risoluzione Onu su Russia e Ucraina, lo strappo di Trump incrina l’asse transatlantico

Gli Usa di Trump incrinano l’asse transatlantico. E lo fanno sul dossier più caldo per i rapporti tra alleati, la guerra in Ucraina, nel giorno del terzo anniversario dell’invasione russa. Ieri all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite Washington ha votato contro una risoluzione di condanna dell’aggressione russa e a favore delll’integrità territoriale ucraina, presentata da Kiev. Il documento è comunque passato con 93 voti favorevoli, 65 astensioni e 18 voti contrari, compresi quelli di Russia e Stati Uniti. La rottura però si è consumata: Trump ha portato gli Usa a votare con Paesi come la Corea del Nord, l’Ungheria, la Bielorussia e Israele contro la linea degli alleati che, eccezion fatta per Budapest, hanno sostenuto la risoluzione di Kiev e il principio di unità territoriale del Paese guidato da Volodymyr Zelensky. Poche ore dopo al Consiglio di Sicurezza Onu, Washington ha votato a favore di una risoluzione che chiedeva la fine della guerra in Ucraina ma senza menzionare “l'aggressione della Russia" su cui, invece cui Regno Unito e Francia, si sono astenuti. Nuovi equilibri internazionali Si conferma la linea Trump sull’Ucraina: Washington intende cercare il consenso russo per chiudere una guerra ritenuta onerosa e non più necessaria all’interesse statunitense. Inoltre, si rafforza l’impressione, già avuta nelle ultime settimane, in cui appaiono molte di più le concessioni fatte da Washington a Mosca rispetto alle aperture russe agli Stati Uniti. L’ambasciatore del Cremlino al Palazzo di Vetro, Vassily Nebenzia, ha dichiarato di aver apprezzato i "cambiamenti costruttivi" nella posizione degli Stati Uniti sulla guerra in Ucraina, mentre riferendosi ai dialoghi avviati la scorsa settimana a Riad il ministro degli Esteri Sergej Lavrov ha sottolineato che la Russia apprezza i cambiamenti di posizione “realistici” di molti Paesi, riferendosi in primis agli Usa ma non solo ad essi. Al di là del cambio di campo statunitense, infatti, la risoluzione passata ieri segna un pesante arretramento nel sostegno globale alla causa ucraina. Due anni fa, una simile risoluzione aveva ottenuto 141 voti favorevoli, 32 astensioni e solo 7 voti contro. Il rischioso strappo di Trump Oltre a Ungheria e Israele, passati dal voto favorevole all'opposizione, Stati come Brasile, Qatar, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti hanno scelto la strada dell'astensione. Per la prima volta, dunque, nessun voto favorevole all’Ucraina arriva dal gruppo dei Brics e anche gli Stati del Golfo, che mirano a un ruolo di mediatori, hanno scelto il bilanciamento guardando ai nuovi equilibri tra Washington e Mosca, contribuendo a un cambio di paradigma subito dai Paesi europei e dall’Ucraina. Con ogni probabilità, il voto all’Onu è anche una forma di pressione statunitense su Zelensky e il governo di Kiev, attaccati nei giorni scorsi dopo il rifiuto dell’Ucraina di firmare il discusso accordo minerario con Washington e dopo la chiusura del Paese ex sovietico ad accettare come legittimi i colloqui Usa-Russia a Riad. La ferma volontà di Trump di chiudere il conflitto ucraino sta provocando un terremoto geopolitico e diplomatico di ampia portata, e in un certo senso il voto all’Onu ha il solo pregio di dire le cose come stanno: Washington è disposta a chiudere la guerra a ogni costo, come confermato dalla scelta di riabilitare Putin, senza curarsi del diritto internazionale.

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