“Né in guerra, né in pace”: l’allarme del premier svedese sulle minacce ibride

“Non siamo né in guerra, né in pace”: l’avvertimento di Ulf Kristersson, primo ministro svedese, dice molto sulle tensioni geopolitiche che animano l’Europa di oggi e, soprattutto, la regione del Mar Baltico in prima linea nel confronto tra l’Occidente e la Russia. Nella giornata di domenica 12 gennaio Kristersson ha parlato all'apertura dell'annuale conferenza "Popolo e Difesa" che si svolge a Salen, nel Nord-Ovest del Paese, annunciando l'invio di tre navi della flotta di Stoccolma nel Baltico per contribuire a una missione Nato di monitoraggio delle infrastrutture sottomarine dopo che l'Estonia aveva inaugurato a fine 2024 la risposta alle presunte mosse ostili da parte di Mosca. Stoccolma, come Tallinn, sospetta che molti dei casi di sabotaggio di infrastrutture sottomarine avvenuti nelle ultime settimane siano riconducibili alle manovre ostili della cosiddetta “flotta ombra” di Mosca, costituita tanto dalle navi che portano fuori dalla Russia il petrolio destinato ad evadere le sanzioni quanto alle imbarcazioni che si muovono per presunte attività di sabotaggio. A destare allarme in particolare, è stato il danneggiamento del cavo elettrico sottomarino Estlink 2 da parte della petroliera russa Eagle S nei giorni precedenti il Natale. Mosca ha dichiarato che a causare il danneggiamento sarebbe stato un errore umano legato al trascinamento di un’ancora della nave sul fondale. Ma nel campo atlantico in molti pensano che manovre di questo tipo siano di fatto delle “operazioni ibride” con cui la Russia prova a colpire ai fianchi i Paesi della Nato. L’obiettivo è duplice: da un lato scoraggiare il sostegno degli alleati a Kiev e dall’altro testare la resistenza europea in caso di conflitto generalizzato, in cui a essere bersaglio di attacchi diverrebbero le infrastrutture sottomarine, dai gasdotti ai cavi in fibra ottica su cui scorre il traffico Internet. La minaccia delle guerre ibride Il segretario generale aggiunto della Nato per l'innovazione ibrida e informatica, il canadese James Appathurai, ha indicato questa possibilità come "la minaccia più concreta per la nostra sicurezza". Per Kristersson, la Svezia è oggi uno dei principali bersagli della “guerra ibrida” di Mosca, volta ad alzare il costo del suo avvicinamento all’Occidente, del sostegno all’Ucraina e dell’ingresso nella Nato. "La vera pace significa libertà e assenza di conflitti problematici tra i Paesi", ha detto Kristersson alla conferenza sulla sicurezza, sottolineando che "assieme alle nazioni vicine siamo soggetti ad attacchi ibridi che non vengono portati con missili e soldati ma con computer, denaro, disinformazione e minacce di sabotaggio". A Stoccolma da tempo il tema della sicurezza collettiva e dell’ingresso del Paese in un clima pre-conflittuale domina il dibattito pubblico. Nell’ultimo discorso di Natale, Re Carlo Gustavo XVI ha messo il tema della sicurezza, della preparazione della popolazione a tempi di crisi e del ruolo della Svezia per la stabilità regionale al centro del messaggio inviato ai cittadini. Il Paese sta investendo molto anche sulla difesa e la sicurezza: “La Svezia contribuisce con il 2,4% di spesa militare sul Pil alla sicurezza della Nato”, ha detto il primo ministro. La cifra, nota il Guardian, “è destinata a crescere fino al 2,6% entro tre anni”, principalmente per il rafforzamento delle capacità delle forze di terra e l’ammodernamento del fiore all’occhiello dell’Aeronautica svedese, i caccia Gripen. La Svezia alza le spese per la Difesa in un Baltico sempre più caldo Al contempo, ricorda il Guardian, “la spesa per la difesa civile dovrebbe crescere fino a un totale di 37,5 miliardi di corone svedesi entro il 2030, con la costruzione di un nuovo centro nazionale per la sicurezza informatica” che avrà ripercussioni sul ruolo di Stoccolma nell’architettura cyber della Nato. Kristersson ha ricordato che la Svezia è passata da Stato “idealista” a Paese “realista e al centro degli eventi”. La quesitone delle minacce ibride e della sfida della Russia è indubbiamente ai primi piani dell’agenda Nato e tocca in primo luogo i Paesi del Baltico. Al contempo, però, non si può non sottolineare come il conflitto non sia unidirezionale, ma all’instabilità del mare divenuto un “lago atlantico” dopo l’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia tra 2022 e 2023 abbia contribuito anche l’atto di sabotaggio del gasdotto Nord Stream, collegante Germania e Russia, nel settembre 2022. Una mossa che ha reso più complessa e dinamica la competizione sui fondali baltici e per la quale sono sospettate una mente politica polacca e una manovalanza ucraina. La principale questione legata al confronto sotto i mari è che, trovandosi nella zona ibrida tra guerra e pace, rischia di diventare un’area di scontro senza esclusione di colpi. In cui, giocoforza, le logiche della competizione e i timori prevalgono sulla ricerca di un equilibrio di forze. La risposta della Svezia ai fatti di dicembre, in quest’ottica, lo conferma, aprendo a una fase in cui anche aree apparentemente periferiche della competizione tra potenze siano destinate a diventare sempre più centrali sulla scia di infrastrutture strategiche per molti Paesi.

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