Guai da un miliardo di euro per Orban: l’Ue cancella i fondi all’Ungheria

Il 2025 si è aperto con un duro smacco per l’Ungheria di Viktor Orban, che nella giornata di mercoledì 1 gennaio ha visto cancellare in via definitiva risorse per un valore complessivo di un miliardo di euro destinati a Budapest. A novembre 2022 la Commissione Ue aveva avviato la procedura di "condizionalità" contro l’Ungheria, sottolineando che affidare fondi di coesione comunitari a Budapest avrebbe creato problemi di gestione non indifferenti e il rischio di veder deviati verso partner del governo o imprenditori premiati per la fedeltà a Orban gli appalti che avrebbero finanziato. Bruxelles ha chiesto a Orban di agire perché ciò non avvenisse e fissato la fine del 2024 come termine ultimo per ottenere rassicurazioni in tal senso. Una prima volta storica Il 31 dicembre, ultimo giorno della presidenza di turno dell’Ue da parte dell’Ungheria, János Bóka, ministro ungherese per gli affari comunitari, aveva rivendicato che Budapest era riuscita a soddisfare ogni richiesta, facendo riferimento a delle modifiche tecniche che l’Ue chiedeva sulle normative anticorruzione magiare e a delle leggi sul conflitto d’interesse ritenute eccessivamente opache. Così non è stato, e per il Paese centroeuropeo la quota di fondi che la Commissione di Ursula von der Leyen ha depennato è persa per sempre. Si tratta di una prima assoluta: mai prima d’ora Bruxelles aveva agito in questo modo contro uno Stato membro. E potrebbe non essere l’ultima: contando il miliardo cancellato, l’Ungheria aveva visti sospesi 19 miliardi di euro di risorse comunitarie, contando tra queste anche i fondi della Recovery and Resilience Facility promossa dall’Ue dopo il Covid-19 e con cui è finanziato anche il Pnrr italiano. Perché i fondi di coesione sono l’obiettivo di Orban Per Budapest, la quota irrinunciabile di risorse sono i fondi di coesione di cui la cifra cancellata faceva parte: sono aiuti a fondo perduto dell’Unione Europea, non generano debito per le casse statali, finanziano lo sviluppo del Paese, ne rafforzano l’economia. A Orban è sempre riuscito, in passato, l’abile gioco di prestigio politico con cui ha sfruttato in maniera ambigua la sua posizione in Europa: battere i pugni contro Bruxelles su molti temi da un lato, sfruttando la regola dell’unanimità richiesta da molte decisioni, spingere la crescita del Paese con gli strategici fondi europei dall’altro. Dal 2022 in avanti l’arretramento della democrazia in Ungheria e le violazioni dello stato di diritto da parte di Orban hanno portato alla messa in discussione di questo meccanismo e la Commissione Europea ha sempre pienamente applicato, dal febbraio 2022, una sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue che autorizzava la sospensione dei fondi agli Stati accusati di violazione delle regole europee sulla democrazia e lo Stato di diritto. Sul fronte dei fondi di coesione, complessivamente, ora, all’Ungheria restano circa 5,3 miliardi di euro di risorse sbloccabili garantendo una maggiore apertura al suo sistema interno e ristabilendo le garanzie democratiche, ma questo procedimento implicherebbe un dietrofront su molte riforme promosse da Orban nel suo lungo periodo di governo iniziato nel 2010. A fine 2025 va in scadenza il termine ultimo per 17 riforme richieste dall’Ue per sbloccare una tranche da 1,1 miliardi di euro che andrebbe persa dall’1 gennaio 2026, in un contesto che vedrà il braccio di ferro tra Bruxelles e Budapest destinato a condizionare un processo decisionale europeo spesso frenato dai veti di Orban. Orban sotto pressione giocherà la carta dei veti? A complicare le cose potrebbe intervenire, peraltro, la sommatoria tra il rallentamento dell’economia ungherese e la crisi di Fidesz, il partito conservatore di Orban, nei sondaggi. Come ricorda Politico.eu, sul primo fronte “la crescita economica in Ungheria è ben al di sotto della media dell'UE, mentre il deficit pubblico in percentuale del PIL è tra i più alti dell'Unione”. Sul secondo, invece, “oltre un decennio al potere, il partito di Orban è stato superato nei sondaggi dal Partito del Rispetto e delle Libertà una formazione conservatrice guidata da Peter Magyar, che si è impegnato a sbloccare i finanziamenti dell'UE se vincerà le elezioni nazionali del 2026”. Il nodo dei fondi congelati inizia a diventare un tema caldo politico anche in Ungheria, e se Orban dovesse trovarsi a gestire tanto una crisi economica quanto una graduale erosione del denaro facile garantito da Bruxelles, che alimenta un circolo vizioso di clientelismo e favoritismi politici, il futuro della sua leadership rischierebbe seriamente di esser messo in discussione proprio quando l’Europa, dopo una lunga e logorante attesa, ha deciso di fare sul serio nei suoi confronti.

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