Il governo prova a stringere i tempi per riportare a casa la giornalista arrestata lo scorso 19 dicembre e detenuta nel carcere di Evin. A preoccupare sono le sue condizioni: due coperte come giaciglio, niente materasso né maschera per gli occhi nella cella illuminata 24 ore, ha riferito lei stessa ai parenti. Intanto l'Iran continua a spingere per la scarcerazione del 38enne arrestato il 16 dicembre a Malpensa su richiesta degli Stati Uniti: il 15 gennaio l'udienza per discutere la richiesta dei domiciliari
Il governo prova a stringere i tempi per la liberazione di Cecilia Sala, arrestata in Iran lo scorso 19 dicembre e trasportata nel carcere di Evin, alla periferia di Teheran, e chiede il rispetto dei suoi diritti durante la detenzione. Oggi, 3 gennaio, l’ambasciatrice italiana in Iran è stata ricevuta al Ministero degli Esteri nella capitale per formalizzare tutte le richieste di Roma, già avanzate ieri dal ministro degli Esteri e vicepresidente del Consiglio, Antonio Tajani, al loro ambasciatore. E, secondo fonti informate, è in corso un'interlocuzione tra il governo italiano e le autorità statunitensi.
Intanto i genitori della giornalista chiedono il silenzio stampa: "La situazione di nostra figlia, Cecilia Sala, chiusa in una prigione di Teheran da 16 giorni, è complicata e molto preoccupante. Per provare a riportarla a casa il nostro governo si è mobilitato al massimo e ora sono necessari oltre agli sforzi delle autorità italiane anche riservatezza e discrezione - si legge nell'appello della famiglia - In questi giorni abbiamo sentito l'affetto, l'attenzione e la solidarietà delle italiane e degli italiani e del mondo dell'informazione e siamo molto grati per tutto quello che si sta facendo. La fase a cui siamo arrivati è, però, molto delicata e la sensazione è che il grande dibattito mediatico su ciò che si può o si dovrebbe fare rischi di allungare i tempi e di rendere più complicata e lontana una soluzione. Per questo abbiamo deciso di astenerci da commenti e dichiarazioni e ci appelliamo agli organi di informazione chiedendo il silenzio stampa. Saremo grati per il senso di responsabilità che ognuno vorrà mostrare accogliendo questa nostra richiesta".
Le mosse del governo
A spingere l’esecutivo a voler velocizzare i tentativi di rilascio sono state le notizie sullo stato in cui versa la giornalista romana: due coperte come giaciglio, niente materasso né maschera per gli occhi nella cella illuminata 24 ore. Così ha raccontato lei stessa nella seconda, e per ora ultima, telefonata che ha potuto effettuare ai parenti. Ieri è stato quindi convocato un vertice d’urgenza a Palazzo Chigi al termine del quale la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha telefonato al padre della ventinovenne e ricevuto la madre Elisabetta Vernoni. Ma il destino di Sala sembra sempre più legato a quello di Mohammad Abedini, il 38enne iraniano arrestato il 16 dicembre a Malpensa su richiesta degli Stati Uniti.
Iran: "Italia non segua politica ostile Usa, rilasci Abedini"
L'Iran ha protestato per l'arresto di Mohammad Abedini Najafabadi, definendolo "illegale e in linea con gli obiettivi politici ostili Usa" e si aspetta che "Roma rigetti la politica sugli ostaggi degli Stati Uniti e crei le condizioni per il rilascio" del cittadino iraniano, ha detto Majid Nili Ahmedabadi, dg per l'Europa occidentale del Ministero degli Esteri di Teheran all'ambasciatrice Paola Amadei nell'incontro sul caso Sala. "Gli Usa prendono in ostaggio gli iraniani nel mondo, imponendo le loro leggi in altri Paesi: questo non solo danneggerà i legami Iran-Italia, ma è contro le leggi internazionali".
Abedini: "Prego per me Cecilia e per me"
"Pregherò per lei e per me", ha detto Mohammad Abedini Najafabadi al suo avvocato, Alfredo De Francesco, durante il colloquio in carcere di stamattina in cui si è parlato anche di Cecilia Sala. L'ingegnere iraniano, che ha ribadito la preoccupazione per la propria famiglia, ha chiesto infatti informazioni anche sulla sulla vicenda della giornalista. Intanto la Corte d'Appello di Milano ha fissato per il 15 gennaio l'udienza per discutere la richiesta dei domiciliari avanzata dalla difesa di Mohammad Abedini Najafabadi.
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La vicenda Abedini
Dopo giorni di speculazioni, è stato l'Iran a mettere in chiaro con il suo ambasciatore a Roma, Mohammad Reza Sabouri, che la vicenda di Sala e quella di Abedini sono connesse. Il cittadino iraniano, si legge in una nota di Teheran, sarebbe "detenuto con false accuse" in Italia. Si chiede a Roma "un trattamento reciproco rispetto a quello di Sala", che - afferma l'Iran - è in cella per "violazione delle leggi della Repubblica islamica". Non solo: "Secondo l'approccio islamico e sulla base di considerazioni umanitarie, tenendo conto del ricorrente anniversario della nascita di Cristo e dell'approssimarsi del nuovo anno cristiano" le sono state fornite "tutte le agevolazioni necessarie, tra cui ripetuti contatti telefonici con i propri cari". Dal vertice di Palazzo Chigi arriva la risposta formale anche su Abedini: "A tutti i detenuti è garantita parità di trattamento nel rispetto delle leggi italiane e delle convenzioni internazionali". Intanto la giustizia Usa chiede che Abedini, accusato di cospirazione e supporto materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica, resti in carcere, mentre il suo legale insiste per i domiciliari. Quest'ultima soluzione, è uno dei ragionamenti che si fanno in ambienti politici, senz'altro faciliterebbe la liberazione della giornalista.
I possibili scenari
C'è però da dire che per ora la Procuratrice generale di Milano ha espresso parere negativo alla richiesta degli arresti domiciliari presentata dalla difesa di Abedini, in quanto non vi sarebbero le garanzie per contrastare il pericolo di fuga. Stando all'istanza depositata dal difensore Alfredo De Francesco, infatti, Abedini dovrebbe scontare i domiciliari in un appartamento di proprietà del Consolato iraniano a tre chilometri dalla sede, chiedendo inoltre l'autorizzazione a uscire per andare a fare la spesa in quanto solo e senza nessuno a disposizione che possa occuparsi del suo sostentamento. Ciò che dovranno verificare i giudici della V sezione della Corte d'Appello nell'udienza fissata per il 15 gennaio, quindi, è se il pericolo di fuga sia tutelato o meno. Inoltre la procura generale potrebbe anche cambiare idea in seguito a una valutazione degli atti che verranno trasmessi dalle autorità statunitensi. Quanto invece alla richiesta di estradizione ci sarà da affrontare il tema della doppia incriminazione, ossia se le accuse contestate negli Stati Uniti siano penalmente illecite anche in Italia, e poi c'è da verificare, tra l'altro, se le due società iraniane a cui l'ingegnere avrebbe fornito componenti tecnologiche da montare sui droni siano nella black list dell'Unione europea. In questo quadro, comunque, il ministro della Giustizia Carlo Nordio può chiedere in qualsiasi momento la revoca della misura cautelare.
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La madre di Cecilia Sala: "Temo che condizioni in carcere la segnino a vita"
La madre di Sala, Elisabetta Vernoni, si è detta "soddisfatta" per il "salto di qualità" delle rassicurazioni ricevute dalla premier Meloni nel loro incontro. Parlando con i giornalisti all'uscita di Palazzo Chigi ha aggiunto: "Non frigno, cerco di essere un soldato anch’io come Cecilia". Il suo timore è però che "le condizioni carcerarie la possano segnare per tutta la vita".