Chi è Mohammad Abedini Najafabadi, l’iraniano arrestato a Malpensa su mandato Usa

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Introduzione

L’arresto in Iran della giornalista italiana Cecilia Sala potrebbe essere legato al fermo in Italia di Mohamed Abedini Najafabadi, cittadino iraniano arrestato nei giorni scorsi all'aeroporto di Malpensa su richiesta degli Stati Uniti. Gli Usa - che hanno formalizzato la richiesta di estradizione - lo accusano, insieme a un complice arrestato nel Paese, di avere aggirato gli embarghi e avere fornito materiale ai Pasdaran. Ecco cosa sappiamo

Quello che devi sapere

L’arresto

  • Il 16 dicembre 2024 un cittadino iraniano è stato arrestato all’aeroporto di Milano Malpensa su mandato degli Stati Uniti. Il suo nome è Mohammad Abedini Najafabadi. Il suo fermo - insieme a quello di un altro cittadino iraniano negli Usa - ha provocato la formale protesta iraniana con l'Italia e gli Stati Uniti

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L’arresto

Chi è

  • Mohammad Abedini Najafabadi ha 38 anni ed è di Teheran. È stato bloccato su ordine della giustizia americana all'aeroporto milanese di Malpensa, dove era appena atterrato da Istanbul. L'uomo è attualmente detenuto in Italia in regime di stretta sorveglianza: una misura presa per evitare rischi alla sua incolumità, ma anche contro il pericolo di fuga

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L’altro arresto

Le accuse

  • Entrambi gli uomini - Mohammad Abedini Najafabadi e Mahdi Mohammad Sadeghi - sono accusati dai procuratori della Corte federale di Boston di cospirazione per esportare componenti elettronici dagli Stati Uniti all'Iran in violazione delle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni. Abedini è anche accusato di aver fornito il supporto materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica, considerate dagli Usa un'organizzazione terroristica, che ha poi portato alla morte di tre militari statunitensi, uccisi da un attacco con un drone su una base in Giordania. Abedini, in sostanza, è accusato di associazione a delinquere con finalità di terrorismo

Le proteste dell’Iran

  • L’Iran nega ogni coinvolgimento nell'attacco in Giordania e ha respinto le accuse contro i suoi due cittadini. Per protestare contro gli arresti, il 22 dicembre il ministero degli Esteri di Teheran ha convocato l'ambasciatrice svizzera in Iran (che rappresenta gli interessi americani nel Paese, visto che Iran e Usa non hanno relazioni diplomatiche ufficiali) e l'incaricato d'affari italiano. “Consideriamo sia le crudeli e unilaterali sanzioni statunitensi contro l'Iran sia questi arresti come contrari a tutte le leggi e gli standard internazionali”, è stata la protesta iraniana

In attesa della decisione sull’estradizione

  • Mohammad Abedini Najafabadi dopo l'arresto è stato trasferito nel carcere di Busto Arsizio. Poi, dopo la convalida e l'ordinanza di custodia disposta dalla Corte d'Appello di Milano, gli è stato applicato il regime di alta sicurezza e intorno al 22 dicembre è stato portato nel penitenziario di Rossano Calabro. In quella struttura il detenuto iraniano è rimasto pochi giorni: il 27 dicembre il nuovo trasferimento, con un aereo militare, nel carcere milanese di Opera in cui ora si trova. L’uomo è in attesa che la Corte d'Appello decida sulla sua estradizione negli Usa

Gli Usa hanno formalizzato la richiesta di estradizione

  • Il Paese che richiede l'estradizione ha 40 giorni dall'arresto provvisorio ai fini estradizionali per inviare la documentazione a supporto della richiesta e, una volta ricevuta la documentazione, la Corte può fissare l'udienza. Da quanto si apprende da fonti informate, gli Stati Uniti hanno già formalizzato la richiesta di estradizione di Mohammad Abedini Najafabadi. Ora, quindi, la parola passa alla Corte d'Appello di Milano che dovrà valutare, in base alla documentazione arrivata dalle autorità americane, se ci sono o meno le condizioni per accogliere la richiesta di estradizione. La decisione finale, dopo il via libera della Corte d'appello, è esclusivamente del ministero della giustizia che ha 10 giorni di tempo per rendere effettiva l'estradizione

Gli investigatori milanesi

  • Nel frattempo, gli investigatori milanesi stanno analizzando quanto è stato trovato nei bagagli di Abedini nello scalo milanese: componentistica elettronica compatibile con i reati contestati dalla Corte di giustizia statunitense, materiale cartaceo, bancario e commerciale, tre device telefonici e informatici. Se si tratta di materiale illegale, sarà l'Autorità giudiziaria milanese a occuparsene

Il fascicolo della Procura di Milano

  • Intanto, la Procura di Milano ha aperto un fascicolo a modello 45 - cioè senza indagati e senza titolo di reato - sulle modalità con cui è avvenuto il 16 dicembre scorso l'arresto di Mohammad Abedini Najafabadi a Malpensa, su ordine della giustizia americana. L'indagine, hanno spiegato fonti qualificate all’Ansa, è solo conoscitiva e potrebbe riguardare anche i tempi stretti tra l’emissione del mandato di arresto ai fini di estradizione, datato 13 dicembre, e il fermo dell'uomo avvenuto nel giro di meno di tre giorni

Mohammad Abedini Najafabadi respinge le accuse

  • Della situazione ha parlato l’avvocato Alfredo De Francesco, difensore di Mohammad Abedini Najafabadi. “Dall'analisi dei documenti in mio possesso, pur essendo formalmente gravi le accuse mosse, in realtà la posizione del mio assistito risulta molto meno grave di quanto può sembrare. Lui respinge le accuse e non riesce a capire i motivi dell'arresto", ha detto il legale. "Non capisce perché è stato arrestato ed è molto preoccupato", ha aggiunto Di Francesco

La ditta svizzera

  • Mohamed Abedini Najafabadi risulta cofondatore nel 2019 della società Illumove Sa. La sede svizzera sarebbe solo un recapito per la posta, praticamente una cassetta delle lettere. Il sito della società riporta come indirizzo quello del parco dell'innovazione del Politecnico di Losanna, dove il 38enne, ingegnere meccanico, su Linkedin scrive di essere ricercatore post dottorato. Contattata da Rsi, la Radiotelevione svizzera, l'università ha confermato che Abedini ha svolto un dottorato “post doc” al Politecnico, dove ha avuto un contratto con un laboratorio fino al 2019 e non oltre. E ha aggiunto che la società Illumove non svolge alcuna attività nel parco, dove hanno sede 120 startup. In pratica, quindi, ha un semplice recapito. Secondo gli Stati Uniti, Illumove sarebbe una società di facciata, utile per aggirare gli embarghi e far arrivare alla “vera” azienda iraniana di Abedini la componentistica americana necessaria per la costruzione di droni serviti per un attacco a soldati statunitensi

I prossimi passi

  • La convalida dell'arresto di Abedini è avvenuta il 18 dicembre scorso. Gli Usa avrebbero avuto tempo fino a fine gennaio per formalizzare la richiesta di estradizione. Visto che hanno già inviato gli atti a corredo della richiesta e i documenti di accusa nei confronti del 38enne cittadino iraniano, ora i giudici milanesi devono fissare l'udienza e quindi dare il via alla procedura di estradizione. In genere, come prevede la norma, le carte vengono trasmesse attraverso i canali diplomatici e il ministero degli Esteri al ministero della Giustizia (che può chiedere di non mantenere la misura in carcere), il quale a sua volta le invia alla Procura Generale di Milano e alla Corte. Il sostituto pg designato a trattare il caso, con una requisitoria scritta, propone di riconoscere o meno l'istanza di estradizione. La Corte d'Appello avrà dieci giorni di tempo per fissare l’udienza che verrà svolta in seduta camerale, quindi non pubblica. La Corte dovrà valutare se ci sono o meno le condizioni per accogliere la richiesta di estradizione, sulla quale la decisione finale è esclusivamente del ministero della Giustizia

La “diplomazia degli ostaggi”

  • All’arresto di Mohamed Abedini Najafabadi, secondo gli esperti, potrebbe essere legato il fermo della giornalista italiana Cecilia Sala: le autorità iraniane potrebbero aver fermato la reporter come forma di ritorsione dopo l’arresto di Abedini. Sarebbe la cosiddetta “diplomazia degli ostaggi”, che in passato ha permesso alla Repubblica islamica - in un contesto di sanzioni economiche e isolamento diplomatico - di usare i prigionieri come leva per ottenere favori o la liberazione di iraniani detenuti all'estero

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