Introduzione
Mentre in Libano sembra scricchiolare il cessate il fuoco tra Israele ed Hezbollah (IL RACCONTO IN DIRETTA), si è all’improvviso riacceso lo scontro militare all’interno della Siria. E secondo una valutazione degli analisti israeliani a seguito dell’attacco delle forze jihadiste filo-turche ad Aleppo, ci sarebbe un legame tra questi due eventi: i ripetuti raid dell'aeronautica di Tel Aviv contro le milizie sciite e le guardie rivoluzionarie iraniane che operano sul territorio siriano avrebbero infatti indirettamente creato il contesto e l'opportunità per i radicali sunniti di sottrarsi alla pressione delle forze governative e riorganizzarsi. Forse anche con l'aiuto della Turchia. E a finire al centro della contesa tra i ribelli e il governo di Damasco è stata nuovamente la grande città di Aleppo, già a lungo martoriata dalla guerra civile.
Quello che devi sapere
Il ruolo delle operazioni di Hezbollah
- Del resto nell'ultimo anno sia le milizie sciite che i pasdaran di Teheran sono stati impegnati a fornire aiuti militari a Hezbollah in Libano, che attaccava Israele anche dal territorio siriano. Queste operazioni militari hanno allentato la pressione sui jihadisti sunniti, lasciando loro lo spazio per prepararsi al contrattacco dopo essere stati cacciati dal Paese nel 2016. La svolta, stando a quanto evidenziato da Ynet, si è verificata quando il defunto leader del partito di Dio Hassan Nasrallah ha lanciato la guerra di logoramento contro Israele l'8 ottobre 2023.
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La nuova organizzazione dei ribelli
- Sfruttando la situazione i ribelli siriani - che erano stati cacciati dal governo guidato da Assad con il supporto decisivo della Russia e dell’Iran - si sono riuniti in un’unica organizzazione denominata Hayat Tahrir al-Sham. Per impedire gli aiuti di Teheran a Hezbollah, l’esercito israeliano ha attaccato 70 volte in Siria nell'ultimo anno: non solo i valichi di frontiera, ma anche i magazzini e le strutture dei miliziani armati libanesi e degli sciiti siriani. Dopo l'annuncio del cessate il fuoco in Libano i ribelli siriani hanno colto il momento per attaccare: l’aeronautica di Mosca di stanza a sud-est di Latakia, in Siria, li ha colpiti mentre si muovevano verso Aleppo senza però riuscire a fermarli.
Chi sono le forze ribelli
- Le forze jihadiste protagoniste dell’attacco sono una variegata coalizione di fazioni del sunnismo radicale con frange del jihadismo caucasico e centro-asiatico anti-russo. La guida dell'offensiva cominciata mercoledì scorso è affidata a Hayat Tahrir al Sham (Hts, Commissione per la liberazione della Siria), un raggruppamento di milizie jihadiste capeggiate da Abu Muhammad Jolani, fondatore nel 2012 dell'ala siriana di al Qaida ma poi staccatosi dal qaidismo internazionale per dar vita a una forma più pragmatica di jihadismo politico con base nella regione nord-occidentale siriana di Idlib. Il 42enne Jolani, originario della regione di Damasco, sebbene non abbia mai ammesso legami diretti con Ankara, è da più parti definito un agente del sistema di potere incarnato dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
I ruoli di Russia e Turchia
- In questo contesto, le attenzioni della Russia sono rivolte al conflitto con l’Ucraina e dunque Mosca non è nella posizione di sostenere Assad nella stessa misura di quanto fatto tra il 2015 e il 2020. L’obiettivo dei ribelli che hanno attaccato Aleppo resterebbe quello di rovesciare il regime e controllare la Siria, dove i sunniti costituiscono la maggioranza della popolazione. Secondo i commentatori israeliani, i ribelli siriani si sarebbero mossi di concerto con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, islamista sunnita, che da un lato vuole raggiungere un accordo di riconciliazione con il regime siriano, ma dall'altro non rinuncia a indebolire il potere di Damasco.
Il colloquio tra Mosca e Ankara
- Che Russia e Turchia siano attori interessati a quanto sta avvenendo lo dimostra anche la conversazione telefonica avvenuta tra i ministri degli Esteri di Ankara e Mosca Hakan Fidan e Sergey Lavrov. Le due parti, sebbene in Siria sostengano posizioni opposte, hanno discusso dei "pericolosi sviluppi della situazione" nel Paese. "Il ministro degli Esteri Hakan Fidan ha avuto una conversazione telefonica con il ministro degli Esteri della Federazione Russa Sergey Lavrov oggi. Durante il colloquio si è discusso della situazione in Siria e del processo di Astana", ha dichiarato la fonte alla Tass.
La posizione di Israele
- Intanto Israele rimane alla finestra: già venerdì sera il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha tenuto una consultazione sulla sicurezza per valutare gli effetti dell'improvviso sviluppo in Siria. E stasera si è tenuta una nuova riunione sulla crisi: il focus è sulla nuova minaccia jihadista, questa volta sunnita, per impedire che cresca sul confine nord-orientale.
Perché Aleppo è importante
- Aleppo è la seconda città della Siria, ma è più importante della capitale Damasco dal punto di vista economico: nelle vicinanze si trovano infatti le grandi fabbriche dell'industria militare siriana. Nel breve termine, suggeriscono gli analisti, gli effetti sulla sicurezza di Israele saranno effettivamente positivi. Assad sa che se Teheran invierà le Guardie rivoluzionarie ad aiutarlo, è possibile che Israele li bombardi insieme ai suoi militari indebolendolo ulteriormente.
La situazione sul campo
- In questo momento, stando a quanto riferito dall'Osservatorio siriano per i diritti umani, gli jihadisti siriani e i ribelli alleati hanno il controllo di buona parte di Aleppo. Decine di migliaia di civili sono in fuga dalla città, mentre le forze regolari hanno annunciato un "ritiro temporaneo delle truppe". L’offensiva però non sembra essersi fermata: i ribelli si stanno infatti muovendo verso Hama e ancora più a sud.
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