Ucraina, su cosa trattano Mosca e Kiev? La guerra può finire nel 2025? Cosa sappiamo

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Introduzione

Bisogna "fare di tutto per porre fine alla guerra nel 2025 attraverso la via diplomatica", ma partendo da "un'Ucraina forte". A dirlo è il presidente Volodymyr Zelensky, mentre il suo omologo russo Vladimir Putin - nel corso della telefonata con il cancelliere tedesco Olaf Scholz - ha ribadito che un possibile accordo per la fine del conflitto deve "basarsi sulle nuove realtà territoriali", ovvero su quanto conquistato finora da Mosca. E all’orizzonte l’incognita più grande porta il nome del prossimo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Vediamo quali sono i punti su cui Russia e Ucraina dovranno confrontarsi per trovare un accordo e se ci siano quindi margini reali per la fine del conflitto durante il prossimo anno.

Quello che devi sapere

La questione territoriale

  • Dopo la telefonata con Scholz, il Cremlino ha ricordato che Putin - in un discorso al ministero degli Esteri - ha posto come condizioni per un cessate il fuoco il ritiro delle forze ucraine dalle quattro regioni parzialmente occupate (Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson). E se Zelensky ha sempre ribadito che il ripristino dell’integrità territoriale dell’Ucraina è un punto fondamentale, secondo Reuters nel suo "piano per la vittoria" non si parla di confini internazionalmente riconosciuti. E sul tavolo c’è anche il misterioso piano di pace di Trump che, stando alle indiscrezioni del Financial Times, prevederebbe regioni autonome su ogni lato di una zona demilitarizzata. Sul campo, Mosca al momento spinge sia nel Kursk (non vuole che finisca in eventuali trattative) - dove sono arrivati i rinforzi nordcoreani, di mezzi e uomini - sia nel Donbass, dove punta a conquistare lo snodo di Pokrovsk

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La Nato

  • Nello stesso discorso citato dal Cremlino, Putin aveva anche ribadito di volere l'impegno ufficiale di Kiev a non entrare nella Nato. Dal canto suo, nel "piano per la vittoria", Zelensky ha parlato di "un invito" da parte dell’Alleanza come base fondamentale per la pace. E Trump? Nella strategia del futuro presidente Usa ci sarebbe l’intenzione di congelare il tema dell’ingresso di Kiev nella Nato per almeno i prossimi 20 anni

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L’incognita degli aiuti Usa e le paure dell’Europa

  • Nello scenario rientra anche l’ipotesi che Washington, con l’avvento di Trump, tagli gli aiuti all’Ucraina ponendo l’Europa davanti a un dilemma. Prendere il posto degli Stati Uniti sul fronte degli aiuti militari significa moltiplicare per due i contributi annuali - ad oggi circa 20 miliardi, sostenuti in gran parte dalla Germania - e in un momento in cui, per giunta, l'economia non è al suo meglio. Al tempo stesso, il crollo di Kiev non è un'opzione per molti Stati membri, perché rappresenterebbe una minaccia esistenziale alla sicurezza. Inoltre i dati d'intelligence stimano che, se il Paese finisse davvero in mano ai russi, circa 10 milioni di persone fuggirebbero in Europa, con un esodo di proporzioni bibliche

La mossa di Biden

  • Ma non è solo l’Europa a guardare al prossimo inquilino della casa Bianca nell’ottica delle possibili trattative future fra Mosca e Kiev. Anche l’attuale presidente degli Stati Uniti Joe Biden - grande sostenitore dell’Ucraina - nelle scorse ore ha fatto la sua mossa autorizzando Kiev a utilizzare missili a lungo raggio Atacms per colpire le forze russe e nordcoreane solo nella regione russa di Kursk, proprio dove Mosca sta spingendo per evitare che quel territorio rientri negli ipotetici negoziati. Secondo quanto riporta Axios, una fonte ha riferito che la motivazione alla base di questa decisione è quella di dissuadere la Corea del Nord dall'inviare altre truppe e, al contempo, di far fallire il contrattacco russo nel Kursk. E anche la Francia, che ha già fornito missili a lungo raggio all'Ucraina, ha affermato che consentire a Kiev di colpire obiettivi militari all'interno della Russia rimane un'opzione sul tavolo: "Abbiamo detto apertamente che questa era un'opzione che avremmo preso in considerazione se consentisse di colpire un obiettivo da dove la Russia sta attualmente aggredendo il territorio ucraino. Quindi niente di nuovo dall'altra parte", ha detto ai giornalisti il ministro degli Esteri francese, Jean-Noël Barrot, prima di un incontro ministeriale dell'Ue a Bruxelles

L’ira del Cremlino

  • La decisione degli Usa di consentire all'Ucraina di colpire il territorio russo con i missili Atacms avrà "risposte appropriate" da parte di Mosca, ha detto alla Tass il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. "La posizione della Russia - ha ricordato Peskov - è stata esposta chiaramente da Putin. Tale posizione è ben compresa dall'Occidente e dai Paesi che forniscono questi armamenti". "Vedremo - ha aggiunto il portavoce - se sceglieranno di fare questo passo avventato e potenzialmente pericoloso, provocando un'ulteriore escalation delle tensioni nel conflitto. Comunque è certo che tali azioni non resteranno senza una risposta appropriata, come Putin ha detto chiaramente". Due mesi fa il presidente aveva detto che l'uso di missili a lungo raggio forniti da Paesi dell'Alleanza atlantica per colpire la Russia dal territorio ucraino avrebbe significato che "i Paesi Nato, gli Usa e i Paesi europei sono in guerra con la Russia". E questo perché, secondo Putin, le forze ucraine non possono da sole azionare questi armamenti, avendo bisogno di specialisti militari dei Paesi fornitori per inserire i dati di intelligence necessari al puntamento. "In questo caso, tenendo conto del cambiamento della stessa essenza di questo conflitto, prenderemo le decisioni appropriate sulla base delle minacce che ci verranno rivolte", aveva aggiunto il capo del Cremlino. E a giugno, durante un incontro con i rappresentanti delle agenzie di stampa internazionali, Putin aveva ipotizzato che Mosca potesse rispondere fornendo a sua volta missili "nelle regioni del mondo da dove verranno sferrati attacchi sensibili a siti di quei Paesi che forniscono armi all'Ucraina", vale a dire della Nato

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