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Argentina, italiani bloccati con una bambina nata da maternità surrogata. Cosa sappiamo

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©Getty

La coppia è stata fermata venerdì scorso all’aeroporto di Buenos Aires: secondo "Il Corriere del Veneto" si tratterebbe di un oncologo che lavora a Padova e del suo compagno. Nel mirino degli inquirenti - spiega "La Nacion" - non ci sarebbero però i due italiani, per i quali è stato decretato il divieto di lasciare il Paese, né la madre della neonata, ma un'organizzazione che ha assunto la giovane e operava con un collegamento negli Stati Uniti

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Risale alla serata di venerdì scorso - secondo quanto riferito dal quotidiano La Nacion - il fermo dei due cittadini italiani bloccati all’aeroporto di Buenos Aires mentre cercavano di tornare in Italia con una bambina nata da una gravidanza surrogata. "Si tratta di un caso molto difficile", ha detto un funzionario che lavora sul caso, precisando che in Argentina "la materia non è regolamentata" e che "non è ancora chiaro di quale reato si tratti o chi sia il responsabile". Nel mirino degli inquirenti tuttavia - riferisce la testata argentina - non sarebbero i due cittadini italiani, per i quali è stato comunque decretato il divieto di lasciare il Paese, né la madre della bambina. I tre sarebbero considerati piuttosto vittime di un'organizzazione che sfrutta le necessità di donne in situazione di estrema vulnerabilità e di persone che desiderano avere un figlio. La bambina è stata affidata alla coppia di italiani che nel frattempo ha affittato un appartamento a Buenos Aires e si è impegnata a non portarla fuori dal Paese, ha detto a La Nacion l'avvocato che li rappresenta.

Chi sono i due italiani

Secondo quanto riporta Il Corriere del Veneto, la coppia di italiani sarebbe composta da un oncologo che lavora a Padova e dal suo compagno, i quali dopo lo stop in aeroporto - dove dovevano prendere un volo per Parigi, probabilmente uno scalo - hanno ammesso alle autorità di aver concordato la gravidanza con una donna originaria della città di Rosario, che si trovava con loro nello scalo argentino.

I sospetti e i tentativi già da due giorni prima

La coppia italiana aveva già fatto due tentativi di lasciare l'Argentina prima di essere fermata nella notte di sabato all'aeroporto di Ezeiza, secondo quanto ricostruisce La Nacion. Il primo risale a mercoledì della settimana scorsa, quando la madre della piccola si era presentata allo scalo cittadino di Buenos Aires, Aeroparque, con uno dei due italiani dicendo di volerlo autorizzare a viaggiare da solo con la loro bimba. Tuttavia, secondo fonti, già allora le autorità di Migrazione avevano notato che la donna aveva un atteggiamento molto distaccato dalla piccola e che c'era una notevole disparità socio-economica rispetto all'uomo che si presentava come suo compagno. La coppia, in quel caso, si era allontanata senza completare la pratica. I due ci avevano però riprovato il giorno successivo, giovedì, presso l'hub internazionale di Ezeiza. I documenti erano in regola perché entrambi erano indicati come genitori della piccola, ma agli agenti era saltato all'occhio che la donna viveva a Rosario, mentre il presunto compagno italiano in Argentina c'era andato solo una volta, nell'agosto 2023. Un dettaglio che chiaramente escludeva la possibilità di un concepimento naturale. A quel punto la polizia federale che si occupa della Migrazione ha contattato il Tribunale federale numero uno di Lomas de Zamora, competente per l'aeroporto, sporgendo denuncia, e il giudice Federico Villena ha assegnato il caso al procuratore Sergio Mola che ha chiesto l'apertura di un'indagine penale per tre possibili reati: traffico di persone, vendita di bambini o appropriazione di minori. Il venerdì la coppia di italiani aveva usato un'altra strategia: volare tutti e quattro, inclusa la madre surrogata. Secondo fonti giudiziarie, gli italiani avevano prenotato un volo per mezzogiorno, ma alla fine aveva deciso di imbarcarsi con un volo Air France che partiva il venerdì poco prima di mezzanotte. A quel punto, l'ufficio Migrazione aveva già lanciato un'allerta e quando l'aereo stava per decollare, il giudice ha firmato il divieto di lasciare il Paese e il gruppo è stato fermato nell'area di pre-imbarco.

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La donna contattata via Facebook

La madre della bambina ha detto di essere stata contattata su un gruppo Facebook e di aver ricevuto un pagamento sei mesi dopo l'inizio della gravidanza. Stando alle prime testimonianze raccolte dagli inquirenti, la consegna del compenso è avvenuta in un bar di Rosario, dove un'emissaria dell'organizzazione ha portato alla giovane una valigia con il denaro. Sabato scorso, dopo il blitz nello scalo di Ezeiza, che si è concluso nelle prime ore del mattino, il tribunale è intervenuto con il programma sulla tratta di esseri umani del ministero della Giustizia, e ha interrogato la donna. La giovane madre avrebbe prima dichiarato di aver conosciuto la coppia italiana in un bar di Rosario, spiegando che avrebbe deciso di aiutare i due uomini quando questi le avevano detto che avrebbero voluto avere un figlio. Ma poi ha ammesso che aveva bisogno di soldi, che è stata contattata attraverso un gruppo Facebook e che le erano stati offerti circa 10mila euro (10 milioni di pesos). Dopo averle fatto fare vari test le hanno detto che era idonea alla gestazione per altri e le hanno fatto firmare una serie di documenti.

Un appartamento in affitto

Secondo le informazioni trapelate finora, l'organizzazione che ha assunto la giovane operava con un collegamento negli Stati Uniti e comunicava con la ragazza attraverso messaggi a tempo. Gli intermediari si sono occupati dei test clinici e delle cure e hanno stipulato un'assicurazione medica per circa un anno, affittando per la donna un appartamento nel ricco quartiere di Recoleta, nella capitale argentina, fino alla data del parto. La donna ha anche raccontato che quando aveva 18 anni aveva già donato gli ovuli, così come altre ragazze del suo quartiere che partecipavano a trattamenti del genere in cambio di denaro. Negli ultimi mesi sono state aperte inchieste simili in diverse parti del Paese e attualmente sono in corso indagini su oltre 100 casi di presunta tratta. Inoltre a Cordoba, lo scorso luglio, sono state convocate per un interrogatorio nove persone accusate di aver reclutato donne in situazioni di vulnerabilità. Il provvedimento comprendeva i proprietari di due cliniche di fecondazione assistita che offrivano il servizio a chi voleva diventare genitore, avvocati che si occupavano degli aspetti legali, e psicologi che certificavano l'idoneità delle donne reclutate per queste procedure.

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I due italiani, al momento non rischiano conseguenze penali nel nostro Paese perchè la nuova legge che definisce la maternità surrogata "reato universale" (anche all'estero) non è ancora stata pubblicata in Gazzetta ufficiale, e quindi non è in vigore. In ogni caso, spiega l'avvocata Susanna Lollini, esperta di diritto di famiglia, non potrebbe esprimere i suoi effetti retroattivamente, essendo la bambina venuta alla luce il 10 ottobre scorso. "Da quanto è possibile capire - spiega Lollini - la coppia italiana è stata fermata dalle autorità argentine non perchè abbia commesso qualche reato nel Paese, ma perchè la polizia sta indagando su un'organizzazione che sfrutta donne in difficoltà per trovare madri disposte alla gestazione per altri". Una volta avuto il via libera per rientrare in Italia, non rischierebbero però nulla sotto il profilo penale. "A legge vigente - spiega Lollini - i genitori potrebbero rischiare di finire indagati, certo né arrestati, né fermati, essendo la maternità surrogata un reato punito con una pena massima di due anni".

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