Lo ha detto il capo di Stato Maggiore della Difesa al programma 'In mezzora' su Rai 3 aggiungendo: "Le regole d'ingaggio sono inadeguate per l'Unifil"
"La reazione dei nostri soldati in Libano, che io sento giornalmente attraverso i comandanti del contingente è estremamente professionale: sono a conoscenza dei rischi e delle regole d'ingaggio e vivono con una certa frustrazione il fatto che le loro attività operative sono limitate dalla presenza degli israeliani in un'area sotto la responsabilità dell'Onu". Lo ha detto il capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Luciano Portolano al programma 'In mezzora' su Rai 3 (GUERRA IN MEDIORIENTE, GLI AGGIORNAMENTI IN TEMPO REALE). "Il mandato emanato per Unifil è adeguato. Ciò che non è adeguato e che mi ha creato spesso frustrazione anche nei confronti della popolazione locale sono le regole d'ingaggio che non sono proporzionali ai compiti assegnati alla forza, tra cui la capacità e la necessità di disarmo dei gruppi armati in Libano, nella fattispecie Hezbollah", ha proseguito.
"Decide l'Onu, non Israele se restiamo in Libano"
"La prima reazione è stata di sorpresa alle dichiarazioni israeliane in merito al ritiro del contingente italiano in particolare e di Unifil in generale dalle postazioni assegnate. La missione è stata accettata da entrambi i Paesi e la presenza dei caschi blu è stata voluta da entrambi i Paesi. La richiesta di ritiro dalle postazioni di osservazione lungo la Linea Blu mi lascia perplesso e potrà essere implementata solo se dovesse esserci una disposizione dell'Onu". Ha aggiunto. "Si rimane quindi in Libano - ha concluso - fino a disposizioni contrarie da parte dell'Onu. Nessuna decisione unilaterale può essere presa. Gli italiani rimarranno sia a Shama dove hanno la responsabilità della regione Ovest sia lungo la Linea Blu, dove svolgono, o meglio dire svolgevano, attività di monitoraggio ed osservazione. La situazione costringe i militari italiani a rimanere fino a 5-6 ore al giorno nei bunker predisposti nelle basi".