Disinformazione, studio del MIT: titoli fuorvianti possono fare più danni di notizie false

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Tommaso Spotti

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Una ricerca condotta dal MIT e dell’università della Pennsylvania ha mostrato come i contenuti fattuali, ma che alludevano a possibili pericoli dei vaccini contro il Covid-19, avessero un maggior potenziale nel dissuadere la popolazione dal vaccinarsi: ecco che cosa hanno scoperto

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La diffusione di contenuti fuori contesto o addirittura falsi è un problema sempre più sotto la lente d’ingrandimento delle autorità regolatrici e delle grandi piattaforme. Una ricerca pubblicata su Science offre un importante spunto di riflessione: le notizie fuorvianti, quelle che stanno in una “zona grigia che elude i fact-checkers”, cioè “contenuti corretti dal punto di vista fattuale ma comunque ingannevoli”, producono più danni di quelle false. O quantomeno - si evince dai risultati dello studio condotto da un gruppo di ricerca del MIT e dell’università della Pennsylvania - questo è quello che è successo sui vaccini contro il Covid-19 negli Stati Uniti, in base all’analisi di oltre 13mila post pubblicati su Facebook. I risultati dello studio indicano che i contenuti ambigui non segnalati come falsi da fact-checkers, ma che gettavano ombre sull’efficacia e sicurezza dei vaccini, hanno avuto un impatto 46 volte più efficace nel causare esitazione a vaccinarsi rispetto alla disinformazione segnalata come tale.

Quanto circolano i diversi tipi di contenuti

La ricerca, come detto, è stata condotta da un gruppo del MIT e dell’università della Pennsylvania, e ha utilizzato - come sottolineato dal Post - dati resi disponibili da Facebook. I ricercatori hanno selezionato 13.206 link che rimandavano a contenuti sui vaccini contro il Covid-19, condivisi almeno cento volte sulla piattaforma, e che erano stati pubblicati nei primi tre mesi della campagna vaccinale negli Stati Uniti (tra gennaio e marzo del 2021). In quel periodo i contenuti segnalati come disinformazione sono stati visualizzati 8,7 milioni di volte, solamente lo 0,3% delle visualizzazioni ottenute da tutti i contenuti sul vaccino presenti su Facebook in quel periodo. Invece i contenuti che “non erano stati segnalati dai fact-checkers ma comunque implicavano che i vaccini fossero dannosi per la salute - molti dei quali da media credibili e diffusi - sono state visti centinaia di milioni di volte”.

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Il potere dei contenuti nella “zona grigia”

I contenuti che alludevano a possibili danni, senza dire però evidenti falsità, sono stati visti molte più volte di quelli apertamente segnalati come falsi. Lo studio però è sceso ancora più in profondità: quale di queste categorie di contenuti ha causato più danni alla campagna vaccinale? Da un sondaggio condotto su oltre 18mila persone, basato su 130 titoli sul tema dei vaccini, è emerso che i contenuti segnalati come disinformazione hanno una maggiore capacità di dissuadere le persone dal vaccinarsi rispetto a quelli non segnalati. Tuttavia, combinando la capacità di persuasione dei contenuti al numero di volte che questi vengono visualizzati, la mole di contenuti che stanno nella “zona grigia” tra vero e falso ha una capacità 46 volte superiore di far desistere la popolazione dal vaccinarsi.

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Un solo contenuto visto più di tutte le notizie false

Lo studio porta un esempio significativo di questo effetto: un pezzo pubblicato dalla testata Chicago Tribune, titolato “Un dottore in salute muore due settimane dopo il vaccino, il CDC indaga sulle cause”, è stato visto da più di 50 milioni di persone. Si tratta di un dato 6 volte superiore alle visualizzazioni ottenute da tutti i contenuti segnalati come disinformazione insieme. “La pandemia di Covid-19 è stata esacerbata dallo scarso utilizzo dei vaccini, causato dalla diffusione della disinformazione”, ha scritto Ekeoma Uzogara, editor di Science. “Per fortuna l’impatto delle informazioni palesemente false sui vaccini su Facebook è stato grandemente attenuato, una volta che i post erano verificati dai fact-checkers e segnalati. Tuttavia le informazioni ambigue sono rimaste non segnalate. I ricercatori hanno esaminato un’area grigia capace di eludere i fact-checkers: notizie reali ma dal contenuto ingannevole. Questi contenuti hanno gettato ombre sulla sicurezza o efficacia dei vaccini”.

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“I media dovrebbero fare attenzione ai titoli”

“La nostra analisi suggerisce che i fact-checkers di Facebook hanno individuato la disinformazione più dannosa, quindi su Facebook è stato fatto un lavoro dignitoso”, ha detto a El Pais Jennifer Allen, ricercatrice del MIT e coautrice dello studio. “Tuttavia altre storie possono diventare virali e gli attori malintenzionati possono usare storie rigorose per promuovere narrative ingannevoli, qualcosa a cui le piattaforme dovrebbero fare più attenzione. Ma anche i media dovrebbero esserne coscienti quando scrivono i titoli, perché il loro contenuto può essere presentato fuori contesto”. Per Allen “la concorrenza per i clic è una sfida, ma non credo che questo tolga i media dai guai. I giornalisti dovrebbero tenere presente che online vengono letti solo i titoli e le storie possono essere estrapolate dal loro contesto. Dovrebbero sforzarsi di evitare possibili interpretazioni errate del loro lavoro”.

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Il progetto AI4TRUST

La lotta alla disinformazione è anche al centro di AI4TRUST, un progetto europeo finanziato dal programma Horizon Europe dell’Unione Europea di cui Sky TG24 è partner. AI4TRUST nasce con l'obiettivo di sviluppare una piattaforma contro la disinformazione che combini l'apporto dell'intelligenza artificiale con le verifiche di giornalisti e fact-checker.

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