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Le tre domande lasciate in sospeso dalle elezioni europee

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Renato Coen

Renato Coen

©IPA/Fotogramma

La fine delle elezioni lascia spazio alle trattative tra leader e partiti che devono ridisegnare l'Unione europea

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Passate le elezioni europee, ci sono tre domande cui il futuro prossimo dovrà dare una risposta.

1. Quali sono le trattative più importanti in corso ora in Europa per disegnare la direzione politica dei prossimi cinque anni?

2. Sta cadendo il muro che divideva il centro all’estrema destra?

3. Ce la farà Ursula Von der Leyen a rimanere a capo del governo europeo o alla fine lascerà il posto ad altri magari più popolari di lei, ma Popolari come lei?

Le tre domande sono in realtà un solo quesito più facilmente e volgarmente riassumibile in un: “E mo’ che succede?”. In questi giorni ci sono due tipi di trattative in corso. La prima è quella tra capi di governo, l’altra tra le forze politiche del nuovo Parlamento Europeo.

Trattative tra Leader

Per quanto riguarda la prima, già dal G7 in Puglia, Meloni, Macron e Scholz devono capire che nomi proporre per la prossima Commissione Europea. Se riproporre o meno von der Leyen come presidente, sapendo che la scelta finale sul nome del Presidente della Commissione la farà il Parlamento eleggendolo a maggioranza. Il punto è che se Giorgia Meloni è forte del consenso avuto alle Europee e certa della tenuta del suo governo, Macron e Scholz sono arrivati in Puglia ancora suonati dagli sganassoni presi dagli elettori. Sono alquanto deboli e occupati a risolvere le loro dinamiche di politica interna. Scholz non può opporsi al nome della sua connazionale von der Leyen. Macron, che non la ama, probabilmente ora non ha la forza a cambiare le carte in tavola e imporre un suo candidato. E Meloni, pur vincente elettoralmente, sa che se vuole ottenere qualcosa in Europa e dare peso e potere all’Italia e a sé stessa deve continuare a fare compromessi e non rimanere relegata nel mondo dell’estrema destra cui appartiene. Appoggiare da capo di governo italiano l’attuale presidente della Commissione per un bis, potrebbe, nel caso di sua elezione, farle guadagnare un ruolo importante di mediatrice in futuro, specialmente con i governi francese e tedesco indeboliti, e consentire all’Italia di avere commissari importanti nella prossima Commissione Ue.

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Le danze dei partiti europei

Il secondo tipo di trattativa in corso è quella tra le famiglie politiche d’Europa. I sovranisti europei di Identità e Democrazia grazie a Le Pen sono cresciuti rispetto a cinque anni fa. E così anche i Conservatori europei grazie a Fratelli d’Italia. Ma sono due gruppi distinti, consistenti ma ancora minoritari, che non sembra riescano ad unirsi. Se lo facessero diventerebbero il secondo gruppo politico del Parlamento dopo i Popolari e potrebbero partecipare a coalizioni di maggioranza. Ma il PPE per ora non ha intenzione di allearsi con l’estrema destra sovranista di Le Pen o dell’olandese Wilders. La destra deve ancora fare un po’ di pulizia al suo interno, molta ne ha fatta cacciando i tedeschi dell’AFD considerati impresentabili e filonazisti, ma a molti non basta.

Del resto, mai dire mai. Le notizie di queste ore raccontano che in Francia i Repubblicani, la destra moderata, si stanno spaccando perché il loro leader ha scelto di allearsi con il Rassemblment National di Le Pen e Bardella alle prossime elezioni anticipate. E che in Germania in Land come in Sassonia e Turingia proprio i Popolari della CDU stanno pensando di allearsi con l’estrema destra dell’AFD che in quelle regioni ha stravinto le elezioni. Insomma, ciò che solo pochi anni fa era impensabile, ciò che ad esempio Angela Merkel considerava inaudito, cioè l’alleanza tra il centro moderato e la destra xenofoba ed estremista ora è una concreta ipotesi politica.

Se ciò dovesse accadere, come del resto è accaduto in Italia da anni, anche nel Parlamento di Strasburgo si potebbe assistere ad alleanze una volta considerate fuori dalla realta.

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Il fattore tempo

Proprio per evitare che ciò accada c’è chi spinge per non tirare troppo per le lunghe l’elezione del prossimo presidente della Commissione.

Popolari, Socialisti e Liberali, che sulla carta hanno la maggioranza, potrebbero imporre ai loro eletti di votare per Von der Leyen pregandoli di non tradire nel segreto dell’urna, proprio per non dare spazio ad altri scenari di alleanze verso destra.

Nel caso non dovessero riuscirci, se insomma la presidente tedesca non dovesse essere eletta o si rimandasse il voto a settembre, allora nessuno può escludere che emergano nomi nuovi in sua vece. Ad esempio, quello di Roberta Metsola, Popolare anche lei, presidente uscente del Parlamento, in ottimi rapporti con molti colleghi sia di destra che di sinistra, maltese ma molto vicina all’Italia e ad Antonio Tajani, e certamente ben vista anche dai conservatori di Giorgia Meloni.

Tutto insomma può ancora accadere. E’ certo però che il terremoto politico avvenuto in Francia e in Germania, inevitabilmente si sta ripercuotendo nelle complesse dinamiche della politica europea.

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