Trump e il processo Stormy Daniels, Robert De Niro: "È colpevole, deve andare in carcere"
MondoL’attore, in una conferenza stampa organizzata dai democratici fuori dal tribunale, ha definito l’ex presidente "un tiranno" che "vuole distruggere non solo il Paese ma il mondo". Poi parlando di Capitol Hill ha detto che il tycoon si è impegnato in una "violenza da codardo, ordinando alla folla di fare il lavoro sporco per lui". Intanto il procedimento prosegue: mercoledì il giudice darà le istruzioni alla giuria prima che si ritiri in camera di consiglio e una decisione è attesa entro la fine della settimana
"Che sia assolto, o che la giuria non raggiunga un verdetto unanime, qualunque cosa succeda, il fatto è che è colpevole, e lo sappiamo tutti". È durissimo l’intervento di Robert De Niro che, in una conferenza stampa organizzata dal partito democratico fuori dal tribunale dove si discute il caso Stormy Daniels, ha attaccato apertamente Donald Trump: "Non ho mai visto un tizio venir fuori da così tanti guai, e lo sappiamo tutti. Tutti nel mondo lo sanno". E alla domanda se pensa che il tycoon debba andare in prigione, l’attore ha risposto: "Certamente. Assolutamente". Intanto il procedimento prosegue: dopo le arringhe e la requisitoria, mercoledì il giudice Juan Merchan darà le istruzioni alla giuria prima che si ritiri in camera di consiglio e una decisione è attesa entro la fine della settimana. "Questo è un giorno triste, un giorno molto pericoloso per l'America", ha detto Trump prima dell'udienza di oggi.
De Niro: "Trump è un tiranno che vuole distruggere il mondo"
La campagna di Joe Biden ha sempre evitato di interferire con il procedimento, almeno fino alla conferenza stampa di oggi in cui de Niro - già ingaggiato in precedenza come voce di uno spot anti Trump - ha definito l’ex presidente "un tiranno" che "vuole seminare il caos" e "distruggere non solo il Paese ma il mondo", "una sorta di clown" tollerato da New York ma pericoloso come presidente. "Se Trump tornasse alla Casa Bianca, potrete dire addio a quelle libertà che tutti diamo per scontate. E le elezioni? Dimenticatele. È finita. Se ce la fa, non se ne andrà mai", ha detto l’attore, aggiungendo che con l’assalto a Capitol Hill il tycoon si è impegnato in una "violenza da codardo" dopo aver perso le elezioni del 2020, "ordinando alla folla di fare il lavoro sporco per lui". Accanto a lui due ex agenti che difesero il Campidoglio dai fan di Trump, portati sempre dalla campagna di Biden, che ha giustificato la scelta della location con il fatto che tutti i media sono lì, per il processo. "Loro sono rimasti lì e hanno combattuto per noi, per te... Sono loro i veri eroi", li ha difesi De Niro dagli attacchi di un simpatizzante di Trump. Immediata la replica della campagna del tycoon, che ha additato la conferenza stampa come la prova di quanto The Donald va accusando, ossia che Biden ha orchestrato il processo per eliminare un rivale politico: "Lo staff di Biden alla fine l'ha fatto. Dopo aver detto per mesi che la politica non aveva nulla a che fare con questo processo, si sono presentati al tribunale con un evento elettorale", ha attaccato il consigliere Jason Miller.
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L’udienza e le conclusioni
Intanto difesa e accusa tiravano le loro conclusioni in aula, presenti tre figli di Trump (Eric, Donald Trump jr e Tiffany) e la nuora Lara, ma non la moglie Melania e la prediletta Ivanka. "Il presidente Trump è innocente, questo è un verdetto di non colpevolezza facile e veloce", ha detto Todd Blanche, l'avvocato del tycoon. "Non potete condannarlo oltre ogni ragionevole dubbio sulle parole di Michael Cohen", ha proseguito cercando di demolire la credibilità dell'ex fixer, che ha testimoniato di aver pagato su ordine di Trump 130mila dollari alla pornostar Stormy Daniels perché non rivelasse la sua ex relazione danneggiandolo in campagna elettorale. I procuratori invece hanno chiesto che sia riconosciuto colpevole.
Cosa potrebbe accadere
Lo scenario peggiore per il tycoon è di essere riconosciuto colpevole da tutti i 12 giurati: in tal caso diventerebbe il primo ex presidente americano condannato in un processo penale e anche il primo candidato presidenziale a correre come pregiudicato, uno status che comunque non gli impedirebbe di essere eletto. La condanna, che sarebbe stabilita in un'udienza successiva, può variare da un massimo di 4 anni di carcere alla messa in prova fino a una multa. La prigione appare improbabile perché Trump è anziano e incensurato, oltre alle complicazioni logistiche di dover prevedere agenti del Secret Service nell’istituto penitenziario per difenderlo. In ogni caso il tycoon farebbe appello e servirebbero altri mesi. La seconda possibilità è l'assoluzione: se i giurati non saranno in grado di raggiungere un verdetto unanime, il giudice potrà sollecitarli a un ulteriore sforzo ma se anch'esso risulterà vano dovrà annullare il processo e i procuratori dovranno decidere se ritentare o meno.