Caos Haiti, la versione di Jimmy "Barbecue" Cherizier: sì al dialogo ma via gli stranieri
MondoL'intervista al leader delle Forze Rivoluzionarie di Haiti è stata realizzata in un brevissimo cessate il fuoco, mentre infuria il caos in tutto il Paese. Chérizier pone delle condizioni per la pace ma la Comunità internazionale deve lasciare Haiti
Dicono che il soprannome “Barbecue” se lo sia guadagnato carbonizzando le sue vittime. Lui assicura che viene dall’infanzia, quando accompagnava la mamma a vendere pollo fritto in strada. In ogni caso, Jimmy Chérizier, 46 anni, ex poliziotto ed ex braccio armato del presidente Juvenel Moïse, assassinato tre anni fa, è oggi l’uomo forte di Haiti. E’ il capo di un’alleanza di gang criminali, che ormai controlla quasi tutto il Paese. “Barbecue” ha respinto il piano messo a punto dagli Stati Uniti per porre fine al caos, che prevedeva le dimissioni del premier in esilio Henri. Lo abbiamo intervistato, in uno dei rari momenti di tregua della guerriglia che ha provocato oltre 1500 morti nelle ultime settimane.
La comunità internazionale giudica le sue azioni come atti criminali. Lei ha minacciato “una guerra civile che porterà al genocidio”. È questo il futuro che vede ad Haiti?
Non ci auguriamo soluzioni drastiche, non vogliamo arrivare a tanto. Ma vogliamo mettere in guardia la comunità internazionale che ha imposto un sistema corrotto: Haiti non è una loro proprietà. Quello che ho detto in passato è che se la comunità internazionale non capirà che gli haitiani dovranno decidere del loro futuro, si potrà arrivare a una guerra civile e, dunque, a un genocidio. Noi combattiamo per cambiare il sistema. La comunità internazionale è stata sorpresa e ha prestato attenzione alla situazione solo quando dei giovani ragazzi e ragazze si sono rivelati capaci di liberare il Paese. Ci hanno giudicato come gang, terroristi perché vogliamo un paese più equo, con diritti per tutti. Questo fa di noi dei terroristi? Allora va bene, le nostre azioni sono forti e significative, sono contro il sistema.
Come è stato possibile unire tutte le famiglie all'interno delle Forze Rivoluzionarie e qual è il vostro obiettivo?
Noi siamo in contrasto con la vecchia politica, innanzitutto a livello spirituale. L’interesse dei politici è sempre stato difendere l’interesse e gli affari di pochi, impedire che fosse una reale concorrenza nell’economia e l’accesso a tutti ai beni di prima necessità; per questo ci siamo uniti, avevamo il dovere di destabilizzare il governo in carica. E l’unico modo di farlo era unirci, combattere tutti insieme. Restando isolati non si raggiungono mai risultati. La nostra missione è lottare per Haiti, un’Haiti che abbia acqua potabile per tutti, che offra l’educazione primaria per tutti gratuitamente, in cui tutti abbiano accesso alle cure. Un Haiti senza rapimenti, senza violenze sessuali, in cui ci sia lavoro e il popolo abbia di che mangiare. Una Haiti che ci renda fieri di essere haitiani.
Anche Papa Francesco ha lanciato un appello alla pace e alla liberazione di tutti gli ostaggi, compresi i religiosi. I civili rapiti verranno rilasciati?
Condanniamo tutti i rapimenti e i saccheggi, chiunque ne sia vittima, ma condanniamo ancora più aspramente quelli sui religiosi che fanno parte della nostra comunità. Questo ci ha davvero turbato, inoltre si riflette sulla nostra battaglia in modo negativo, dandoci responsabilità che non ci appartengono: danneggiano la nostra battaglia. Se ci sono religiosi che vogliono vivere con la nostra comunità vanno liberati subito, anche se il momento per il cessate il fuoco non è propizio.
Quali condizioni sono necessarie affinché l’ordine e la pace ritornino? Quando ci saranno le elezioni ad Haiti?
La prima condizione che noi poniamo sono le dimissioni irrevocabili di Henri, la seconda condizione è che la comunità internazionale lasci Haiti. Solo in questo modo, possiamo cominciare a vedere un futuro. Il mio paese deve essere indipendente non ci deve essere chi viene qui a dettare legge e imporci regole. Questo atteggiamento si è insinuato nel paese rovinandolo. Pensate che voglia un genocidio e una guerra civile? Non è quello che spero per Haiti, ma qualsiasi giovane ragazzo o ragazza deve combattere per il suo popolo che è stato per 200 anni schiavo. Sono pronto al dialogo, ma la scelta è della comunità internazionale.