Ilaria Salis: “Sono in un pozzo profondissimo. Ma so qual è la parte giusta della storia”

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Alcune pagine del diario politico di prigionia dell’attivista 39enne, arrestata in Ungheria l’11 febbraio 2023 con l’accusa di aver aggredito due neonazisti, sono state anticipate da La Repubblica. Riferendosi al suo secondo mese nel carcere di massima sicurezza di Budapest e citando Zerocalcare dice: “I mesi sono lunghi e accade che la bolla si trasformi in un buco nero che ti risucchia. A volte mi chiedo se questo pozzo abbia un fondo e se da qualche parte ci sia davvero un'uscita”

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“Sono caduta in un pozzo profondissimo, mi chiedo se ci sia uscita. Ma non ho dubbi su quale sia la parte giusta della storia”. È questo un passaggio di una lettera che Ilaria Salis, l’attivista 39enne arrestata in Ungheria l’11 febbraio 2023 con l’accusa di aver aggredito due neonazisti, ha scritto dal carcere. Alcune pagine del suo diario politico di prigionia sono state anticipate da La Repubblica.

Il diario di Ilaria Salis dal carcere

In un passaggio Salis racconta, in particolare, del suo secondo mese nella prigione di massima sicurezza di Budapest, nel marzo del 2023. “È strano trascorrere lunghi mesi senza scambiare una sola parola neanche con le persone più care (nemmeno una lettera scritta a mano!), quando fino al giorno prima bastava muovere il pollice sullo schermo del telefonino per comunicare continuamente e contemporaneamente con tante persone diverse – scrive sul diario –. È inusuale non ricevere nessun tipo di informazione dall’esterno, quando in ogni attimo della nostra vita siamo bombardati da notizie e messaggi provenienti da ogni parte del mondo... questa è una bolla davvero strana".

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“A volte mi chiedo se questo pozzo abbia un fondo”

Subito sotto, citando Zerocalcare, aggiunge: “I mesi sono lunghi e accade che la bolla si trasformi in un buco nero che ti risucchia. Prendendo in prestito una metafora che leggerò parecchi mesi dopo in un bellissimo fumetto dedicato alle mie vicende, sono caduta in un pozzo profondissimo. Le pareti sono scivolose ed ogni volta che faticosamente cerco di compiere un breve passo per risalire appena un pochino, finisco sempre col precipitare più in profondità. A volte mi chiedo se questo pozzo abbia un fondo e se da qualche parte ci sia davvero un'uscita. Immagino di essere un piccolo geco, che nell'oscurità silente riesce a scalare le pareti. Già, devo scalare le pareti, ma qui purtroppo non ci sono i miei compagni di arrampicata e i legami di fiducia ben stretti sulla corda della sicura”.

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“Non può esserci alcun dubbio su quale sia la parte giusta della storia”

Poi l’attivista antifascista italiana continua: “Chiudo gli occhi e lancio lo sguardo oltre le mura di questo cieco carcere: scorgo le vicende di uomini e donne come ricambi in tessuti su arazzi che raffigurano storie più ampie. Storie di popoli, di culture, di lingue e di religioni. Storia di sistemi economici, politici e giuridici. Storie di ricchezza e di miseria, di potere, di sopraffazione e di sfruttamento. Storie di guerre e di eserciti. Storie di un mondo in cui ancora si uccidono bambini, in cui alle quarte d'Europa risuonano mitraglie che riecheggiano gli scempi del secolo scorso. Apro gli occhi e mi scorgono rannicchiata sulla grigia coperta, con lo sguardo fisso sulla porta di ferro della cella. Tutto mi appare semplice e lineare in queste vicende, come in molte altre, non può esserci alcun dubbio su quale sia la parte giusta della storia”.

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