Gaza, gli aiuti umanitari dal cielo non bastano. Onu: "Carestia quasi inevitabile"
Giordania, Egitto ed Emirati Arabi stanno già inviando scorte paracadutate di beni di prima necessità. Gli Stati Uniti dovrebbero aggiungersi a loro nelle prossime ore. Ma a Washington c'è chi parla di "una goccia dell'oceano". A Israele si chiede di potenziare gli arrivi via terra, meno costosi, più efficaci e meno pericolosi di quelli via aria
- La situazione nella Striscia di Gaza è sempre più difficile: gli aiuti umanitari che entrano sul territorio sotto attacco di Israele sono pochi e "lenti ad arrivare", come sottolineano ormai da tempo sempre più voci, non solo umanitarie ma anche diplomatiche. Diversi Paesi hanno così iniziato a paracadutare scorte a Gaza
- Lo hanno fatto ad esempio Giordania, Egitto ed Emirati Arabi. Gli Stati Uniti hanno annunciato che "nei prossimi giorni" si uniranno a loro. Ma come riconoscono anche fonti Usa si tratta di "una goccia d’acqua nell’oceano". Sono ormai quasi cinque mesi che a Gaza l’accesso a medicine, acqua e cibo è ridotto all’osso
- Il 1°marzo l’Organizzazione mondiale della sanità e l’Ufficio Onu per gli affari umanitari, confermando i dati diffusi dal Ministero della Sanità palestinese gestito da Hamas, hanno parlato di almeno dieci bambini morti di "malnutrizione e disidratazione" negli ospedali della Striscia soltanto negli ultimi giorni
- È dal 7 ottobre, giorno dell’attacco di Hamas a Israele che ha poi portato il governo israeliano a mettere in piedi la sua operazione militare a Gaza, che l’ingresso di aiuti umanitari è a livelli minimi. E le Nazioni Unite avvertono che la carestia è ormai "quasi inevitabile”, accusando le forze israeliane di aver bloccato "sistematicamente" l'accesso alla Striscia
- Nel nord di Gaza, dove è iniziata l'offensiva di terra israeliana, molti residenti non possono mangiare altro che foraggio. I lanci dal cielo sono un sollievo breve e gli abitanti della Striscia hanno riferito all'Afp che numerosi pallet carichi di aiuti sono finiti in mare
- Jens Laerke, portavoce dell'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, definisce gli aiuti paracadutati come "l'ultima risorsa", perché "la consegna via terra è migliore, più efficiente e meno costosa". E ha insistito: "Se non cambia nulla, la carestia è quasi inevitabile"
- La promessa di Israele era quella di far entrare aiuti via terra dal confine egiziano. Lì si sono però ammassati circa un migliaio di camion, ha denunciato anche il portavoce del segretario generale dell'Onu Antonio Guterres, che ancora aspettano di poter entrare a Gaza. In foto: palestinesi in spiaggia che attendono il lancio di aiuti dal cielo
- Si tenta quindi con il lancio con il paracadute, con tutte le complicazioni che comporta. Anche per i Paesi che procedono alle operazioni: sebbene un aereo possa trasportare l'equivalente del carico di due camion, il costo del trasferimento è dieci volte superiore, ha detto alla BBC Jeremy Konyndyk, presidente della Ong Refugees International
- "Piuttosto che lanciare cibo dal cielo – ha detto Konyndyk - dovremmo esercitare una forte pressione sul governo israeliano affinché consenta la distribuzione degli aiuti attraverso canali più tradizionali, che consentono di fornire aiuti su scala più ampia"
- Quando le operazioni di distribuzione degli aiuti via terra riescono a procedere le cose non vanno sempre secondo i piani. Pochi giorni fa Israele ha aperto il fuoco su centinaia di civili accorsi intorno a camion che trasportavano proprio aiuti umanitari. Tutta la comunità internazionale ha condannato il gesto. "È urgente che Israele accerti la dinamica dei fatti e le relative responsabilità", ha detto Meloni. Il ministro degli Esteri Tajani ha chiesto un "immediato cessate il fuoco"