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Trump, ricorso alla Corte Suprema per le primarie in Colorado: cosa può succedere

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©IPA/Fotogramma

L’8 febbraio i giudici ascolteranno le argomentazioni orali per poi pronunciarsi sulla candidabilità del tycoon. I nove saggi dovranno decidere se il 14esimo emendamento si applica anche a un candidato presidenziale, con un'interpretazione letterale (che non menziona la carica del presidente) o dello spirito della norma (che sembra riguardare tutti i funzionari pubblici). Con un verdetto a suo sfavore, Trump potrebbe essere interdetto in molti Stati, con il rischio di reazioni violente dei suoi sostenitori

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"Non escludetemi dal voto altrimenti sarà il caos e il pandemonio". È una minaccia ben poco velata quella lanciata a gennaio da Donald Trump in un memoria destinata alla Corte Suprema, che l’8 febbraio ascolterà le argomentazioni orali per poi pronunciarsi sulla sua candidabilità, e quindi sulla sua eleggibilità, dopo che il Colorado l'ha escluso dalle primarie per le presidenziali in base al 14esimo emendamento. Il tema è il ruolo del tycoon nell’assalto a Capitol Hill: la sezione 3 del testo, approvato dopo la guerra civile, vieta a chi ha partecipato a un'insurrezione di candidarsi a incarichi pubblici. Prima che la Corte Suprema accettasse di esaminare il ricorso presentato da Trump, gli sfidanti avevano chiesto ai giudici di esprimere la loro opinione sul caso entro l'11 febbraio, un giorno prima che le schede elettorali per le primarie presidenziali vengano spedite in Colorado. Con le discussioni orali previste per l'8 febbraio è improbabile che i nove saggi rispettino la scadenza, ma la decisione dovrebbe arrivare prima del Super Tuesday del 5 marzo, giorno in cui in Colorado - e in molti altri Stati - si svolgeranno le primarie.

Cosa deve decidere la Corte Suprema

Saranno dunque i nove saggi a decretare le sorti delle prossime presidenziali americane, come successe nel 2000, quando bloccarono il riconteggio dei voti in Florida chiesto da Al Gore nella risicata vittoria di George W. Bush. La Corte suprema dovrà decidere se il 14esimo emendamento si applica anche a un candidato presidenziale, con un'interpretazione letterale (che non menziona la carica del presidente) o dello spirito della norma (che sembra riguardare tutti i funzionari pubblici), previo o meno accertamento giudiziario dell'"insurrezione" o "rivolta" che Trump avrebbe istigato il 6 gennaio 2021 (richiesto anche dai tre giudici di minoranza in Colorado). Se i giudici decideranno a favore del 14esimo emendamento, Trump potrebbe essere interdetto in molti Stati, con il rischio di reazioni violente dei suoi sostenitori. Diversamente, il tycoon potrà usare la vicenda come strumento di propaganda definendosi - come già fatto in passato - vittima di un complotto politico.

Il tema dell'immunità

L’accertamento giudiziario dell'"insurrezione" o "rivolta", però, passa dal processo federale contro Trump per il tentativo di ribaltare il risultato delle elezioni del 2020. Processo la cui prima udienza era stata fissata al 4 marzo ma è stata rinviata a data da definirsi in attesa della decisione sul ricorso che il tycoon aveva presentato alla Corte federale d'appello sull'immunità per gli atti compiuti quando era presidente. Il 6 febbraio la corte d'appello di Washington ha stabilito che Trump non ha l'immunità nel processo per i suoi tentativi di ribaltare il voto nel 2020, culminati nell'assalto a Capitol Hill. Secondo la corte qualsiasi immunità possa averlo protetto come presidente non lo tutela più ora nel procedimento del procuratore speciale Jack Smith. Il tycoon ha solo "tutti i mezzi di difesa di qualsiasi altro imputato" in un processo penale. Trump ha già fatto sapere che ricorrerà in appello.

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La versione di Trump

I tentativi di tenere Trump fuori dalle urne, secondo i suoi legali, "minacciano di privare dei diritti civili decine di milioni di americani e promettono di scatenare il caos e il pandemonio se altri tribunali e funzionari statali seguiranno l'esempio del Colorado ed escluderanno il probabile candidato presidenziale repubblicano dalle loro votazioni". Il tycoon, a loro avviso, dovrebbe vincere la causa per molti motivi, compreso il fatto che non ha promosso un'insurrezione: "In effetti è vero il contrario, poiché Trump ha ripetutamente invocato la pace, il patriottismo, la legge e l'ordine", scrivono, sollecitando la Corte a mettere fine rapidamente alla questione.

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Cosa pensano gli americani

La decisione presa dal Colorado è stata poi replicata anche dal Maine, ma sospesa in entrambe le circostanze in attesa che si pronunci la Corte Suprema, con una sentenza che avrà effetto su tutte le cause analoghe pendenti in decine di Stati americani. E Trump nella sua memoria lascia intendere che il popolo Maga, ovvero decine di milioni di suoi elettori, potrebbe mobilitarsi. Secondo alcuni sondaggi di gennaio, l'assalto a Capitol Hill polarizza gli americani, con una percentuale crescente di elettori - soprattutto del Grand Old Party - più indulgenti verso i rivoltosi e Trump nonostante i nove morti, i danni, le centinaia di condanne e il processo che attende il tycoon. Oltre un terzo degli intervistati crede che l'ex presidente non abbia responsabilità e che la vittoria di Joe Biden sia illegittima. Percentuale che supera il 50% tra i repubblicani, il 70% dei quali pensa anche che si dia troppa importanza a quell'assalto. Il 25% inoltre ritiene probabile o certo che l'abbia istigato l'Fbi. Dati che, in caso di verdetto sfavorevole per il tycoon, fanno temere possa accadere proprio quanto evocato da Trump, ovvero nuove proteste, "caos e pandemonio".

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